Tumore al polmone: immunoterapia aumenta la sopravvivenza globale a 5 anni

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13 Settembre 2019 – Dopo cinque anni, i pazienti trattati con nivolumab continuavano ad avere un beneficio di sopravvivenza globale (OS) a lungo termine rispetto a docetaxel. I tassi di OS a 5 anni sono stati del 13,4% per nivolumab e 2,6% per docetaxel. Il beneficio di sopravvivenza globale del trattamento con nivolumab è stato osservato in tutti i sottogruppi di pazienti. Il profilo di sicurezza per i pazienti trattati con nivoumab è stato in linea con i precedenti dati riportati per NSCLC in seconda linea. Non è stato osservato nessun nuovo segnale di sicurezza con il follow-up esteso. Dei pazienti ancora in studio, solo 2 su 70 hanno manifestato un nuovo evento avverso legato al trattamento tra il terzo e il quarto anno, nessuno tra il quarto e il quinto anno nei 55 pazienti rimasti nello studio. Nei pazienti con una risposta obiettiva a nivolumab, il 32,2% ha continuato a osservare risposta a 5 anni, rispetto allo 0% con docetaxel. La durata mediana della risposta è stata di 19,9 mesi nei pazienti trattati con nivolumab rispetto a 5,6 mesi con docetaxel. Scott Gettinger, M.D., professore di Oncologia Medica al Yale Cancer Center, ha commentato: “I dati degli studi CheckMate -017 e -057 a cinque anni evidenziano la durata dell’efficacia di nivolumab in questa popolazione di pazienti rispetto alla chemioterapia tradizionale”. “Fin dall’approvazione da parte della Food and Drug Administration statunitense nel 2015 nel tumore del polmone non a piccole cellule in seconda linea, nivolumab è divenuto un’importante opzione di trattamento per questa popolazione di pazienti, che storicamente si confrontano con tassi di sopravvivenza a cinque anni inferiori al 5% quando trattati con la chemioterapia standard” ha aggiunto Sabine Maier, M.D., development lead, Thoracic Cancers, Bristol-Myers Squibb. “Gli esiti di sopravvivenza a lungo termine di questi due studi in un’ampia popolazione di pazienti si aggiungono alle evidenze che supportano la durata dei regimi contenenti nivolumab, che sono state ora dimostrate in molteplici tipi di tumori e linee di terapia”. Questa analisi cumulativa, che rappresenta il più lungo follow-up di pazienti precedentemente trattati con tumore del polmone trattati con terapia immuno-oncologica in studi randomizzati di fase 3, è stata resa pubblica in una presentazione orale (OA14.04) alla 20a Conferenza mondiale sul tumore del polmone (WCLC – World Conference on Lung Cancer) dell’International Association for the Study of Lung Cancer (IASLC, Associazione internazionale per lo studio del tumore del polmone) a Barcellona.

GLI ONCOLOGI: SERVE UN PROGETTO NAZIONALE PER SOSTENERE LA RICERCA

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Milano, 11 settembre 2019 – “Chiediamo di condividere idee e programmi per la ricerca oncologica italiana e che vengano definite linee di indirizzo e realizzate le infrastrutture necessarie. La ricerca dovrebbe essere sempre più rappresentata e considerata nelle strategie di sviluppo del nostro Paese, di cui costituisce un’importante risorsa. Chiediamo alle Istituzioni attenzione e sostegno”. È l’appello contenuto nella lettera firmata dal prof. Carmine Pinto, presidente della Federation of Italian Cooperative Oncology Group (FICOG), e inviata oggi all’onorevole Roberto Speranza (Ministro della Salute), all’onorevole Lorenzo Fioramonti (Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), al prof. Luca Li Bassi (Direttore Generale Agenzia Italiana del Farmaco, AIFA), al prof. Silvio Brusaferro (Commissario Straordinario Istituto Superiore di Sanità, ISS), e al prof. Francesco Bevere (Direttore Generale AGENAS). “Dei 564 studi clinici autorizzati da AIFA nel 2017, ben 238 (42,2%) hanno riguardato l’Oncologia – afferma il prof. Pinto nella lettera -. La ricerca oncologica italiana ha presentato costantemente negli anni elevati e qualificati livelli di produzione e di pubblicazioni scientifiche, nonostante la frammentarietà, le scarse risorse disponibili (tra le più basse del mondo occidentale), i limiti infrastrutturali e la precarietà del personale coinvolto”. FICOG offre piena disponibilità alle Istituzioni a collaborare per definire le norme attuative del Decreto Legge relativo al riassetto e alla riforma della sperimentazione clinica dei medicinali ad uso umano (Decreto Legge n. 52 del 14 maggio 2019). “Questo provvedimento – sottolinea il prof. Pinto nella lettera – può rappresentare un importante punto di partenza di un progetto strutturale e condiviso per la ricerca italiana. Il Decreto affronta punti rilevanti per lo sviluppo della ricerca, che i gruppi cooperativi si trovano a gestire quotidianamente, quali l’utilizzo a scopo di ricerca di materiale biologico o clinico residuo da precedenti sperimentazioni, la formazione del personale coinvolto nella ricerca, i requisiti per l’autorizzazione dei centri per la conduzione di sperimentazioni cliniche dalle fasi I alle fasi IV, l’indipendenza della sperimentazione ed i conflitti di interesse, l’identificazione degli studi no-profit e le relative facilitazioni, gli studi osservazionali, fino alla cessione dei dati dei risultati della sperimentazione no profit ai fini registrativi. Abbiamo, quindi, una grande occasione perché il nostro Paese possa realizzare e strutturare la rete per la ricerca oncologica e rispondere con un balzo in avanti alle richieste dei nostri pazienti, in una grande e reale sfida per l’innovazione. La ricerca è possibilità di ‘vita’ per i malati di cancro ed è un dovere istituzionale”.

FICOG è stata costituita nell’aprile 2015, sotto l’egida dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dai 15 gruppi cooperativi oncologici italiani che hanno negli anni sviluppato la ricerca oncologica nel nostro Paese.

La lotta e la prevenzione del tumore del polmone arriva al Festival del Cinema di Venezia

La prof.ssa Silvia Novello (presidente di WALCE e co-sceneggiatrice della pellicola): “Grazie al grande schermo possiamo veicolare messaggi positivi alla popolazione”

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Venezia, 04 settembre 2019 – Oggi pomeriggio alla Mostra (ore 16) sarà proiettato il cortometraggio intitolato: “Roller Coaster – Montagne russe”. La storia è basata su casi clinici reali e la regia è affidata alla mano esperta di Manuela Jael Procaccia, mentre la sceneggiatura nasce dalla sua collaborazione con la prof.ssa Silvia Novello (Presidente di WALCE – Women Against Lung Cancer in Europe). Il cast è formato da medici veri e da attori professionisti e le protagoniste sono Eliana Miglio e Chiara Iezzi. La pellicola narra la storia di Luisa e Lea: due donne entrambe affette da un tumore del polmone in stadio avanzato. Il loro percorso di cura si snoda in una sfrenata corsa sulle montagne russe, mentre il team di medici discute dei due casi clinici e della terapia in corso. “Il rapido evolversi dei trattamenti e l’iter diagnostico in continua evoluzione fanno sì che anche il processo formativo del personale sanitario, che deve affrontare il cancro, sia spesso complesso e articolato – afferma la prof.ssa Silvia Novello, Presidente di WALCE Onlus -. Quello che offre la cinematografia è un supporto estremamente utile nel coadiuvare chi fa educazione in ambito sanitario. Allo stesso modo la disseminazione di informazioni importanti può essere ben veicolata dal cinema, senza stravolgerne il senso e i contenuti e facendo capire a tutti concetti altrimenti difficili da far penetrare. Il tumore del polmone risulta in diminuzione per gli uomini mentre fra le donne la situazione diventa ogni anno più preoccupante, perché i nuovi casi e i decessi sono in crescita. Quindi le protagoniste della nostra pellicola non potevano che essere due donne”. “Anche i media sono in costante trasformazione ma il cinema rimane un punto fermo nella trasmissione e condivisione di messaggi – aggiunge Manuela Jael Procaccia, sceneggiatrice e regista del cortometraggio -. Il grande schermo ha un potenziale comunicativo molto efficace e diretto. Da figlia di medici, la medicina mi scorre nelle vene. Ho quindi scelto il cinema per raccontare delle storie. E il cinema può parlare di tematiche legate alla medicina e favorire così la prevenzione di gravi patologie”. “Grazie a questo cortometraggio vogliamo far conoscere qualcosa in più su una malattia ancora oggi stigmatizzata socialmente per via della sua stretta correlazione col fumo – conclude la prof.ssa Novello -. Questo impedisce alle persone di provare quel senso di empatia e solidarietà, che spinge chi ne è affetto a sentirsi solo e colpevolizzato per una condizione che, in realtà, non si è cercata. Raccontare la storia di Luisa e Lea all’interno di un evento come la Mostra del Cinema di Venezia è sicuramente un modo per cercare di educare la popolazione, facendo conoscere meglio alcuni aspetti legati alla malattia, che sono per lo più condivisi solo in ambito medico”.

 

 

Prostata: 6 milioni di italiani colpiti, ma troppi ricorrono ai rimedi ‘fai da te’

L’allarme è lanciato oggi dagli specialisti in una conferenza stampa al Senato, organizzata da Fondazione PROin collaborazione con Senior Italia FederAnziani

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Roma, 1 agosto 2019 – Più di 6 milioni di italiani over 50 sono colpiti da ipertrofia prostatica benigna: il 50% degli uomini di età compresa fra 51 e 60 anni, il 70% dei 61-70enni. I sintomi più frequenti sono:  alzarsi più volte durante la notte per urinare, urgenza di vuotare la vescica in modo frequente anche durante il giorno e getto di urina che diventa sempre più debole con una sensazione di mancato svuotamento . Segni che, però, più del 50% degli uomini ignora, declassandoli a semplici fastidi legati all’età, evitando di andare dal medico per curarsi e, spesso, ricorrendo al “fai da te”. Rimedi che possono determinare diagnosi tardive. La malattia non deve essere banalizzata e va trattata sotto il controllo del medico, che dispone di terapie efficaci come l’estratto esanico di Serenoa repens, farmaco che agisce come potente anti infiammatorio e che può migliorare la qualità di vita dei pazienti. L’allarme è emerso ieri dagli specialisti in una conferenza stampa al Senato, organizzata da Fondazione PRO (Prevenzione e Ricerca in Oncologia) in collaborazione con Senior Italia FederAnziani, con l’intervento di Pierpaolo Sileri, Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato.
“L’ipertrofia prostatica benigna è una malattia caratterizzata dall’ingrossamento della ghiandola prostatica che comprime il canale uretrale, causandone una parziale ostruzione e interferendo con la capacità di urinare – afferma il prof. Vincenzo Mirone, Presidente di Fondazione PRO e Direttore della Scuola di Specializzazione in Urologia dell’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’ -. I sintomi determinano un forte impatto sulla qualità di vita delle persone, fino a costringerle a scegliere solo luoghi che abbiano la disponibilità di un bagno nelle vicinanze. Anche la vita familiare ne risente, i continui risvegli notturni influiscono sull’equilibrio della coppia e, nella maggior parte dei casi, sono proprio le compagne o mogli a ‘spronare’ gli uomini a recarsi dal medico per affrontare i sintomi con cure adeguate, che devono essere prescritte dal clinico”. “Nella prima fase della malattia, più del 75% degli uomini non si cura o ricorre al ‘fai da te’, soprattutto a integratori – spiega il prof. Mirone -. Un errore grave. Solo il medico è in grado di trattare l’ipertrofia prostatica benigna che, se trascurata, può progredire fino a causare ritenzione urinaria con l’impossibilità di vuotare la vescica. La vittima di una prostata che cresce è proprio la vescica. Quest’organo è costituito da tessuto muscolare, che può aumentare il proprio volume per vincere la resistenza che la prostata oppone allo svuotamento. Il rischio è di ‘sfiancare’ completamente la vescica e di far soffrire i reni”.
“L’ipertrofia prostatica benigna è la patologia cronica più frequente negli over 50 dopo l’ipertensione arteriosa – sottolinea il dott. Antonio Magi, Segretario Generale SUMAI Assoprof (Sindacato Unico Medicina Ambulatoriale Italiana e Professionalità dell’Area Sanitaria) -. La visita urologica, seguita da una ecografia endocavitaria, rappresenta ancora un tabù a cui gli uomini italiani preferiscono non sottoporsi se non necessaria. Va recuperato il rapporto con il clinico, con lo specialista, facendo capire ai cittadini che la malattia può essere affrontata con successo, se individuata in tempo. Per questo, è importante che tutti gli uomini over 50 si sottopongano a una visita specialistica una volta all’anno. I sintomi sono spesso comuni a quelli causati dal tumore della prostata: soltanto il medico può provvedere ai necessari approfondimenti per arrivare a una diagnosi certa. Preoccupa anche la scarsa aderenza alle terapie. Solo il 22,4% dei pazienti segue le cure in modo corretto. L’adesione più elevata è stata osservata negli uomini tra i 55 e i 64 anni (23,2%), mentre diminuisce fino al 21,9% fra i 45-54enni”.
Le cause principali della malattia sono l’invecchiamento e i cambiamenti ormonali che si verificano nell’età adulta. “I sintomi sono provocati in 3 casi su 4 dalla presenza di un’infiammazione cronica della prostata, che gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella progressione della patologia – continua il prof. Mirone -. Diverse ricerche scientifiche, condotte sia in vitro che in vivo, hanno dimostrato che un farmaco, l’estratto esanico di Serenoa repens, agisce con un effetto anti infiammatorio. Proprio basandosi sui dati di efficacia, l’ente regolatorio europeo (European Medicines Agency, EMA) ha redatto nel 2015 un report indicando l’estratto esanico come l’unico estratto di Serenoa repens supportato da sufficienti evidenze in grado di sostenerne un ampio utilizzo nell’ipertrofia prostatica benigna come farmaco di riconosciuta efficacia e sicurezza”.
Uno studio, condotto nel 2018 su circa 100 pazienti, ha evidenziato, attraverso biopsie eseguite prima e al termine di 6 mesi di terapia, una netta diminuzione dello stato infiammatorio. “Il farmaco è ben tollerato – sottolinea il prof. Mirone – e può essere utilizzato in associazione alle altre terapie disponibili come gli alfa litici e gli inibitori della 5-alfareduttasi che, però, non sono in grado di esercitare alcuna azione anti infiammatoria. Inoltre, recenti acquisizioni hanno evidenziato che l’estratto esanico di Serenoa repens è utile anche nel favorire l’efficacia degli altri trattamenti. Infatti la presenza di uno stato infiammatorio cronico di alto grado limita la risposta terapeutica degli alfa litici e degli inibitori della 5-alfareduttasi”.
L’estratto esanico di Serenoa repens è un farmaco che deve essere prescritto dal medico. Va distinto dagli integratori (ve ne sono più di 200 in commercio) che contengono lo stesso principio attivo, ricavato da una pianta dell’America Sud orientale (Serenoa repens). Nonostante i dosaggi appaiano uguali o sovrapponibili, per ottenere la stessa azione di una capsula del farmaco, possono servire fino a 200 compresse di un integratore. Inoltre, per lo stesso integratore la composizione del principio attivo varia in modo considerevole a seconda del lotto di produzione. Questa disuguaglianza genera una diversità di azione fra due capsule dello stesso integratore fino a 10 volte.
“L’ipertrofia prostatica benigna colpisce una percentuale significativa di over 65, ma troppi ricorrono al ‘fai da te’ – conclude Roberto Messina, Presidente Senior Italia FederAnziani -. È importante sensibilizzare tutti i cittadini, in particolare gli anziani, sulle terapie efficaci a disposizione, invitandoli a rivolgersi subito al medico di fronte ai primi sintomi. La continuità e la fiducia nel rapporto medico-paziente sono essenziali per affrontare una malattia cronica come l’ipertrofia prostatica benigna”.

MALATTIA VENOSA CRONICA: 5 REGOLE D’ORO PER “SALVARE” LE GAMBE IN ESTATE

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Roma, 23 luglio 2019 – Gonfiore alle caviglie, dolore diffuso alle gambe, senso di pesantezza, formicolii, prurito: sintomi che non vanno sottovalutati perché potrebbero indicare la malattia venosa cronica, una patologia seria e in forte crescita nel nostro Paese. “Si calcola che colpisca, almeno una volta nella vita, il 60% delle italiane – afferma il dott. Demetrio Guarnaccia, Presidente Nazionale dell’Associazione Flebologica Italia (AFI) -. Si determina quando il sangue delle vene non riesce a risalire al cuore e quindi ristagna negli arti inferiori dove può provocare diversi problemi di salute. Nelle forme più gravi e avanzate porta alla formazione di ulcere venose. Si tratta di un disturbo invalidante molto doloroso e che comporta un netto peggioramento della qualità della vita. La malattia diventa più difficile da sopportare in questi giorni di grande caldo. E l’età di insorgenza si sta abbassando: addirittura troviamo ragazze con meno di 25 anni che sono in uno stadio avanzato della malattia. Oggi abbiamo a disposizione terapie farmacologiche e chirurgiche molto efficaci, ma la progressione della patologia va interrotta intervenendo il prima possibile”. Grazie alla ricerca italiana è stato messo appunto il primo cerotto a base di estratti naturali come ippocastano, meliloto, centella e Glycacid Eco, un prodotto biotecnologico di origine vegetale (Venoplant Patch). Un nuovo studio, in via di pubblicazione sulla rivista Minerva Cardioangiologica, ha dimostrato i vantaggi per le donne. “La composizione di Venoplant Patch, ci ha permesso di migliorare i segni e sintomi della malattia in maniera significativa dopo solo due mesi di trattamento – aggiunge il prof. Michele Del Guercio, Vice Presidente Nazionale del Collegio Italiano di Flebologia (CIF) -. Soprattutto i risultati più interessanti li abbiamo ottenuti nel contrasto all’edema, il gonfiore causato dall’accumulo di liquidi, sulla caviglia. La riduzione della circonferenza è stata superiore al 20%”. Va ricordato che intervenire il più precocemente possibile per interrompere la progressione della patologia è fondamentale e possibile ma che anche la sua prevenzione è attuabile intervenendo sugli stili di vita e prendendo alcuni semplici accorgimenti” conclude il prof. Guarnaccia.

Ecco le regole d’oro per prevenire e contrastare l’insorgenza della malattia venosa cronica:

1- Tenere sotto controllo il peso corporeo: i chili di troppo (e soprattutto l’obesità) sono un fattore scatenante della patologia. A causa delle cellule adipose il sangue, negli arti inferiori, viene pompato molto più lentamente

2- Praticare un po’ di sport: l’attività fisica è un vero e proprio toccasana per la salute dell’intero organismo (e anche del sistema circolatorio). Particolarmente indicati sono pilates, jogging e footing, ginnastica a corpo libero e nuoto

3- Attenzione ai tacchi alti: è preferibile utilizzare calzature comode, non troppo strette e neppure eccessivamente basse

4- Seguire un’alimentazione sana ed equilibrata: via libera a frutta e verdura fresca di stagione (contengono preziose vitamine e antiossidanti); limitare i cibi ricchi di acidi grassi saturi, sale e zucchero bianco

5- Non fumare: il tabagismo ha effetti negativi soprattutto sulle arterie. Ogni sigaretta contiene oltre 4mila sostanze nocive che entrano nel sistema cardio-circolatorio

ANMAR: UN DIFENSORE CIVICO PER I PAZIENTI REUMATICI

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Roma, 19 luglio 2019 – Un “ponte” tra il cittadino e la Pubblica Amministrazione. E’ questo l’obiettivo che si pone “PartecipAZIONE”, il servizio di Difensore Civico promosso dalla ANMAR (Associazione Nazionale Malati Reumatici). Pazienti, clinici, caregiver e di tutti coloro che direttamente o indirettamente sono alle prese con una patologia reumatologica potranno inviare segnalazioni di criticità. “Si farà portavoce verso le Istituzioni con le quali vogliamo instaurare un dialogo costruttivo allo scopo di raggiungere soluzioni mediate che rispettino tutti gli interessi in gioco – afferma Silvia Tonolo, Presidente Nazionale ANMAR -. Risulta molto più difficile per un individuo contestare un ente che dovrebbe rappresentare il bene comune, sia perché non si conoscono appieno i propri diritti sia, più spesso, per il timore di ritorsioni e azioni disciplinari. Da qui l’esigenza di modificare radicalmente il rapporto tra Pubblica Amministrazione e cittadino, ponendo l’accento sul dialogo e l’interrelazione piuttosto che sul rapporto d’autorità”. “Con PartecipAZIONE vogliamo soprattutto evitare che i pubblici uffici abusino del potere loro conferito. Così si può ridurre il distacco tra cittadino e Istituzioni che è uno dei principi fondamentali dello stato di diritto – aggiunge la Presidente ANMAR”.

MALATTIE REUMATOLOGICHE: ANCORA SOTTOSTIMATE E CRESCONO I COSTI

Al convegno al Senato sono presentati anche i risultati della campagna Reumadays 2019

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Roma, 15 luglio 2019 – “Le malattie reumatologiche sono in Italia la prima causa di invalidità temporanea e la seconda di invalidità permanente. Il 27% delle pensioni di invalidità è attribuibile a queste patologie. Un trend, purtroppo, in continua crescita. Entro 20 anni, infatti, raddoppierà il numero di italiani over 65 con criticità muscolo-scheletriche. E risultano già in forte aumento i costi socio-sanitari. Nel 2017, rispetto all’anno precedente, nelle strutture sanitarie pubbliche si è registrato un aumento di spesa per l’acquisto di farmaci per il sistema muscolo-scheletrico di oltre 35%. E i consumi di questi medicinali negli ospedali e USL sono incrementati dell’8%. La spesa farmacologica deve essere considerata alla luce dei risultati che queste terapie possono offrire a patto che vengano iniziate tempestivamente: riduzione della inabilità al lavoro, contenimento della disabilità, miglioramento della qualità di vita e riduzione della mortalità correlata alle malattie reumatologiche. Eppure le malattie reumatologiche sono ancora sottostimate e si registrano poche diagnosi precoci. Dobbiamo sensibilizzare i cittadini e i medici a fare di più. Per questo la Società Italiana di Reumatologia (SIR) intensificherà le campagne educazionali e i progetti specifici già avviati rivolti agli anziani. E ci auguriamo che le Istituzioni siano al nostro fianco in queste nuove iniziative”. E’ l’appello lanciato dal Presidente della SIR, Luigi Sinigaglia al Presidente della Commissione Sanità del Senato Pierpaolo Sileri in occasione di un convegno svoltosi oggi a Palazzo Madama, promosso da SIR in collaborazione con Federanziani Senior Italia. “Sono patologie che non colpiscono solo gli anziani tuttavia sono proprio loro le persone più esposte ai rischi – afferma Sinigaglia -. L’approccio che dobbiamo avere con questa particolare categoria di pazienti deve per forza essere diverso e tener conto di una serie di comorbidità. Tra queste ci sono anche le condizioni tipiche dell’età geriatrica come demenza, depressione, disturbi metabolici, diabete, ipertensione, disturbi cardiovascolari. Tutto ciò rende più difficili i nostri interventi sia diagnostici che terapeutici. E spesso siamo costretti ad intervenire quando è troppo tardi e la malattia ha già determinato danni irreversibili. Favorire il più possibile la prevenzione primaria e secondaria delle malattie reumatologiche è un provvedimento che non può più essere rinviato. Inoltre rappresenta un importante investimento per il futuro dell’intero sistema Paese”. “Anche una corretta educazione sanitaria della popolazione è necessaria per contenere l’impatto sempre maggiore delle patologie reumatologiche – aggiunge il prof. Guido Valesini, Vice Presidente SIR -. Non possono più essere considerate come degli innocui acciacchi della terza età ma come disturbi invalidanti, molto dolorosi e che impediscono i più semplici gesti quotidiani. Malattie come artrite reumatoide, spondilite anchilosante, artrite psoriasica, connettiviti, osteoporosi sono caratterizzate dal fatto di poter determinare un danno irreversibile alle articolazioni alle ossa, ai muscoli e a volte anche agli organi interni. Possono essere anche fatali ma oggi sono disponibili terapie in grado di fermare la progressione della malattia. Tuttavia solo la metà degli italiani sa che esistono queste cure efficaci”. Per questo la SIR insieme a Federanziani Senior Italia ha promosso la campagna Malattie Reumatologiche? No Grazie! dove per la prima volta i reumatologi sono andati in 25 centri anziani di altrettante città per tenere lezioni di salute. “Più di un terzo degli anziani con una patologia cronica è colpito da artrite o artrosi – sottolinea il dott. Roberto Messina, Presidente di Federanziani Senior Italia -. E’ quindi cruciale che gli over 65 siano i principali destinatari di campagne educazionali specifiche. Servono inoltre provvedimenti specifici per garantire ai pazienti di tutte le Regioni le nuove e più efficaci terapie”. “Vogliamo insegnare ai non più giovanissimi la prevenzione e come riconoscere i primi sintomi delle patologie” aggiunge il presidente Sinigaglia.

 

 

TUMORE DEL POLMONE: NASCE LA LUNG AMBITION ALLIANCE CON L’OBIETTIVO DI RADDOPPIARE LA SOPRAVVIVENZA A 5 ANNI

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Un paziente su cinque colpito da cancro al polmone è vivo 5 anni dopo la diagnosi

Milano, 12 luglio, 2019 – L’International Association for the Study of Lung Cancer (IASLC), il Guardant Healt, la Global Lung Cancer Coalition (GLCC) e AstraZeneca hanno annunciato la nascita della Lung Ambition Alliance, una nuova partnership con la coraggiosa ambizione di eliminare il cancro al polmone come causa di morte. Il primo obiettivo dell’Alliance è quello di raddoppiare la sopravvivenza a cinque anni per i pazienti affetti da questo tumore entro il 2025.
Ogni 18 secondi, una persona perde la vita a causa del cancro al polmone e, solamente nel 2018, per questa malattia sono morte approssimativamente 1,8 milioni di persone. 1 Al 40 per cento dei pazienti la malattia viene diagnosticata quando il tumore si è già diffuso oltre i polmoni e la prognosi si è ormai aggravata. 2 Oggi, solo un paziente su cinque colpito da cancro al polmone è vivo 5 anni dopo la diagnosi. 3

Jesme Fox, Segretario della Global Lung Cancer Coalition, ha commentato: “La Lung Ambition Alliance nasce in un momento cruciale per il cancro al polmone. I progressi scientifici hanno permesso di trasformare la diagnosi, il trattamento e la gestione della malattia. Vi sono, tuttavia, ancora barriere che impediscono di migliorare e accelerare la cura. Come attori della comunità impegnata nella lotta al cancro al polmone, abbiamo la responsabilità di unirci con urgenza al fine di sostenere e proporre le migliori soluzioni ai pazienti”.

L’Alliance unisce competenze specifiche e complementari che includono ricerca e formazione (IASLC), diagnostica (Guardant Health), supporto dei pazienti (GLCC), ricerca e sviluppo di nuovi farmaci (AstraZeneca).
Incrementare la percentuale di screening e di diagnosi precoci, mettere a disposizione farmaci innovativi e migliorare la qualità della cura per le persone affette da cancro al polmone sono le tre priorità identificate dai soci fondatori. I progetti iniziali che l’Alliance intende supportare sono:

1. Early Lung Imaging Confederation (ELIC), un nuovo database globale di screening basato sul cloud, pensato per migliorare la diagnosi e la gestione multidisciplinare del tumore al polmone in stadio precoce. Il progetto si basa sulle crescenti evidenze che supportano l’utilizzo dello screening con tomografia computerizzata (TC) per favorire la riduzione della mortalità. 4 Questo insieme di immagini e dati può essere usato per migliorare la costruzione dei modelli di rischio, la diagnosi e gli strumenti diagnostici, proponendosi come nuovo standard globale per la qualità dei dati. In una fase successiva, l’intelligenza artificiale (IA) potrebbe essere applicata per migliorare ulteriormente l’affidabilità degli strumenti attraverso lo screening con tomografia computerizzata. L’Alliance contribuirà alla raccolta dati, già iniziata nella seconda metà del 2018 da IASCL, per questo database e assisterà nella misurazione degli outcome dei pazienti nelle diverse fasi del percorso di cura (inclusa la diagnosi iniziale, il primo trattamento e il follow up).

Giorgio Scagliotti, Presidente IASLC, ha commentato: “Uno screening efficace è fondamentale per identificare e diagnosticare precocemente il cancro al polmone e altre neoplasie toraciche, con benefici in termini di opzioni di cura disponibili e probabilità di sopravvivenza. L’applicazione di approcci di ‘quantitative imaging’ come ELIC può migliorare l’accuratezza e l’efficienza dello screening del tumore al polmone. La nostra piattaforma si propone di diventare un’importante risorsa globale per i ricercatori e per i team di cura che desiderano ampliare la loro conoscenza. La Lung Ambition Alliance fornirà il focus, l’esperienza e le risorse necessarie per accelerare l’espansione del nostro database”.

2. Major Pathologic Response Project, una raccolta di dati provenienti da studi clinici che possono essere utilizzati per la validazione degli endpoint surrogati e per l’individuazione di biomarcatori predittivi, i quali potrebbero consentire una migliore identificazione delle caratteristiche del tumore. Gli obiettivi del progetto sono quelli di accelerare lo sviluppo di una nuova generazione di trattamenti target e di guidare verso un intervento precoce laddove vi sia un maggiore potenziale di cura. 5 L’Alliance aiuterà a raccogliere i dati provenienti da studi promossi da gruppi cooperativi e dall’industria farmaceutica, che possono essere utilizzati con le autorità regolatorie in tutto il mondo nella validazione dei dati clinici più importanti.

AmirAli Talasaz, Presidente e Chief Operating Officer del Guardant Healt, ha commentato: “La medicina di precisione sta migliorando la prognosi per alcuni pazienti affetti da cancro al polmone. Noi crediamo che l’approccio alla medicina di precisione possa essere ancora più efficace quando utilizzato nelle fasi precoci di malattia o immediatamente dopo la recidiva. Il Major Pathologic Response Project aiuterà ad accelerare lo sviluppo di opzioni terapeutiche potenzialmente curative, con l’identificazione di endpoint surrogati che possono essere usati per velocizzare studi clinici e nuovi approcci diagnostici – ad esempio la localizzazione del DNA di cellule tumorali circolanti all’interno dei campioni di sangue – al fine di identificare i pazienti con una prognosi peggiore, permettendo una valutazione della risposta terapeutica e un monitoraggio della recidiva routinari”.

3. Initiatives in Lung Cancer Care (ILC2), un bando il cui lancio è previsto nella seconda metà del 2019, che invita le Associazioni dei Pazienti di tutto il mondo a sviluppare e presentare progetti pilota a livello locale che possano trasformare la cura e incrementare la sopravvivenza. Il bando mira a supportare la comunità di pazienti affetti da cancro al polmone, supportando le migliori pratiche multidisciplinari, informando i pazienti sulle opzioni terapeutiche e fornendo supporto alla qualità della vita degli stessi durante e dopo il trattamento. Un comitato composto dai rappresentanti dei membri della Lung Ambition Alliance valuterà e selezionerà le candidature che hanno soddisfatto i criteri per il finanziamento.

Patrick Connor, Vice President e Global Franchise Head, Tumor Drivers and Resistance Mechanisms di AstraZeneca, ha commentato: “Il cancro del polmone è una malattia estremamente invasiva sulla sfera personale e nel mondo gli approcci di cura possono variare molto. Al fine di raggiungere il nostro obiettivo di sopravvivenza, dobbiamo incoraggiare iniziative che affrontino gli ostacoli a livello nazionale e implementino lo screening e la diagnosi precoce, aiutino lo sviluppo di una medicina innovativa e migliorino la qualità della cura. Attraverso l’unione con attori che dispongono di ampie reti globali e di aree distinte ma complementari, in merito al cancro del polmone, ci troviamo nella posizione migliore per dedicarci ai problemi che affrontano questi pazienti”.

L’Alliance promuoverà un’indagine internazionale, guidata da Ipsos MORI, al fine di identificare le barriere locali che necessitano di attenzione prioritaria. I risultati, attesi per l’autunno del 2019, saranno utilizzati per affinare ulteriormente e determinare le priorità della Lung Ambition Alliance. Per informazioni sull’indagine e per sapere come la comunità possa condividere le proprie opinioni visita il sito LungAmbitionAlliance.org.

Lung Ambition Alliance
La Lung Ambition Alliance è una partnership distintiva di differenti organizzazioni, unite nell’obiettivo di eliminare il cancro del polmone come causa di morte. Lo scopo dell’Alliance è quello di accelerare il progresso e apportare un cambiamento significativo per i pazienti affetti da tumore al polmone amplificando le competenze di ciascun partner e dando priorità a progetti di impatto per il raggiungimento di tale obiettivo. I partners fondatori – la International Association for the Study of Lung Cancer (IASLC), il Guardant Health, la Global Lung Cancer Coalition (GLCC) e AstraZeneca – esploreranno e supereranno le barriere allo screening e alla diagnosi precoce, allo sviluppo di farmaci innovativi e alla qualità della cura, perseguendo una visione ambiziosa riguardo al futuro del cancro al polmone, che inizia con il raddoppiamento della sopravvivenza a 5 anni entro il 2025.

Per ulteriori informazioni, visita www.lungambitionalliance.it

TUMORI: OGNI ANNO 90MILA ITALIANI MIGRANO PER CURE

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Roma, 11 luglio 2019 – Ogni anno 90.660 italiani colpiti dal cancro sono costretti a cambiare Regione per curarsi. Un flusso che ha costi notevoli, quelli diretti (per visite mediche, farmaci, caregiver e viaggi) ammontano a circa 7.000 euro ogni anno per famiglia (“Migrare per curarsi”, Censis). Questione che può essere gestita con la diffusione su tutto il territorio nazionale di criteri uniformi per la realizzazione delle reti oncologiche regionali, che possono essere implementate agendo in quattro direzioni: riduzione delle migrazioni sanitarie, accesso all’innovazione, punti di ingresso nella rete riconosciuti e vicino al domicilio del paziente, integrazione con la medicina del territorio e con il volontariato.  La proposta viene dal convegno nazionale Dalla parte del paziente, il valore della persona: la presa in carico e le opportunità delle reti oncologiche, organizzato oggi a Roma da All.Can Italia, coalizione che si propone di ridefinire il paradigma di gestione del cancro, adottando un’ottica interamente centrata sul paziente. All.Can Italia è una piattaforma che coinvolge realtà come FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), AIL (Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma), Scuola Italiana di Senologia, Fondazione Melanoma, ACTO (Alleanza Contro il Tumore Ovarico) Onlus, VIDAS (Volontari Italiani Domiciliari Assistenza Sofferenti), oltre a partner specializzati come IQVIA e Intermedia, ed è resa possibile grazie al contributo di Bristol-Myers Squibb e AbbVie.  L’iniziativa segue la recente approvazione in Conferenza Stato-Regioni dell’accordo per la revisione delle Linee Guida organizzative per le Reti Oncologiche, oggi attive in Piemonte e Valle D’Aosta, Veneto, Toscana, Umbria, Liguria, Provincia autonoma di Trento, Puglia e Campania oltre che in Lombardia ed Emilia-Romagna, pur se con configurazioni differenti.  “Le reti sono una grande occasione per la presa in carico del paziente oncologico – spiega la senatrice Emilia Grazia De Biasi, Portavoce di All.Can Italia –, che di fronte ad una diagnosi si sente spesso solo e non supportato. Realizzare innovazione organizzativa nelle reti significa garantire al paziente un percorso di cura globale e multidisciplinare, percorsi diagnostico-terapeutici definiti, offrendo un punto di incontro con l’innovazione terapeutica. Porre il paziente al centro significa, infine, farsi carico della persona e degli aspetti sociali oltre che di quelli strettamente sanitari: dall’assistenza domiciliare alla presenza di professioni sanitarie differenti, ad un rapporto nuovo con il medico di medicina generale, che deve essere coinvolto nel percorso di cura. Le reti oncologiche sono dunque un’occasione di riconversione della spesa e risparmio in favore della qualità e dell’appropriatezza delle cure”.  “La ricerca, che è parte integrante della rete, è il presupposto dell’innovazione – afferma il prof. Gianni Amunni, vice presidente di Periplo e Direttore Generale dell’Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica (ISPRO) -. Per questo occorre garantire un sostegno economico, favorendo e incentivando le sinergie tra i ricercatori. Va individuata un’infrastruttura comune per le sperimentazioni cliniche, in grado di promuovere la partecipazione a studi anche nelle realtà periferiche. In Italia, nel 2018, sono stati diagnosticati 373.300 nuovi casi di tumore. Il 63% delle donne e il 54% degli uomini sono vivi a cinque anni dalla diagnosi, con un incremento a 15 anni rispettivamente dell’8% e del 15%. Passi in avanti raggiunti grazie alla ricerca, che ha reso disponibili armi efficaci come le terapie a bersaglio molecolare e l’immunoterapia. La rete rappresenta il miglior modello organizzativo per l’oncologia, perché ‘avvolge’ il paziente con l’insieme dei servizi che vanno dagli ambulatori periferici all’alta specializzazione fino alla ricerca”.  La maggior capacità delle reti di intercettare la domanda si esplica con la disponibilità di punti di accesso riconosciuti sul territorio, vicini al domicilio del malato. “Nelle diverse reti possono assumere vari nomi, ad esempio Centri Accoglienza e Servizi (C.A.S.) in Piemonte e Centri di Orientamento Oncologico (CorO) in Puglia – evidenzia il dott. Oscar Bertetto, Direttore del Dipartimento Interaziendale Interregionale Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta presso la Città della Salute e della Scienza di Torino -. Questi punti hanno compiti di informazione, accoglienza e prima diagnosi dei nuovi pazienti oncologici, con successivo invio ai centri clinici di riferimento, nonché funzioni amministrativo-gestionali e di supporto per tutte le persone colpite da tumore. Rappresentano una sorta di ‘gate’ per l’accesso facilitato alla rete e, quindi, alle cure, assicurano la presa in carico iniziale del paziente e ne monitorano il mantenimento in carico presso le strutture di riferimento. Questi punti di accesso devono essere distribuiti su tutto il territorio e assicurare un team multidisciplinare composto da oncologo, psico-oncologo, infermiere, assistente sociale, operatore amministrativo e volontari delle associazioni dei pazienti”.  “La frammentazione regionale e la migrazione sanitaria incidono negativamente sulla qualità di cura e sulla sostenibilità finanziaria del sistema sanitario regionale – conclude il prof. Sandro Pignata, coordinatore scientifico della Rete Oncologica Campana (ROC) -. Per poterle arginare in modo efficace, le reti devono prevedere l’attivazione di una piattaforma informatica, indispensabile per governare la domanda e l’offerta oncologica del territorio. In tal modo, la piattaforma si occupa della gestione delle patologie neoplastiche, garantisce a tutti i centri afferenti di contribuire alla piena attuazione di un percorso assistenziale organizzato ed efficiente, non dispersivo per il cittadino, ed in grado di rispondere al bisogno di salute, assicurando una gestione multidisciplinare integrata, aderente alle linee guida, secondo i principi di appropriatezza ed equità di accesso alle cure”.

Tumore dell’ovaio: olaparib approvato in Europa per i pazienti con mutazione BRCA

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Milano, 20 giugno 2019 – La Commissione Europea ha approvato olaparib come trattamento di mantenimento in prima linea per le pazienti con tumore ovarico avanzato che presentano una mutazione del gene BRCA. Olaparib ha ricevuto l’approvazione per il trattamento di mantenimento di pazienti adulte con tumore ovarico avanzato (stadio III e IV) epiteliale di grado elevato o con tumore delle tube di Falloppio o primitivo del peritoneo che presentano una mutazione di BRCA1 o BRCA2 (germinale e/o somatica) e che hanno mostrato una risposta completa o parziale dopo chemioterapia standard di prima linea a base di platino. “Attualmente, il 70% delle pazienti con carcinoma ovarico in stadio avanzato va incontro a recidiva entro tre anni – afferma la Prof.ssa Nicoletta Colombo, Direttore del Programma di Ginecologia Oncologica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano -. I risultati dello studio SOLO-1, presentati nel corso del più recente Congresso della European Society for Medical Oncology e pubblicati sulla prestigiosa rivista ‘New England Journal of Medicine’, hanno evidenziato come un trattamento di mantenimento con olaparib riduca la percentuale di recidive nelle pazienti con tumore ovarico BRCA mutato: con questo trattamento mirato il 60% delle pazienti è libera da malattia a tre anni. Alla luce di questi importanti risultati e dell’approvazione europea, il mio auspicio è che l’esecuzione del test BRCA al momento della diagnosi diventi una realtà per tutte le pazienti con carcinoma ovarico affinché possano beneficiare di questa nuova importante arma terapeutica”. L’approvazione della Commissione Europea si basa sui dati dello studio di Fase III SOLO-1 che ha valutato olaparib come monoterapia di mantenimento paragonato a placebo nelle pazienti con carcinoma ovarico avanzato e con mutazione BRCA che avevano già ricevuto una chemioterapia di prima linea a base di platino. I risultati dello studio, presentati a ottobre 2018, hanno mostrato che, a un follow up di 40.7 mesi, la progressione mediana delle pazienti trattate con olaparib non era stata ancora raggiunta, rispetto ai 13,8 mesi registrati per il braccio trattato con placebo (HR 0.30 [95% CI, 0.23-0.41], p<0.001).