ONCOLOGI: “I LEA DEVONO PREVEDERE ANCHE LA RIABILITAZIONE ONCOLOGICA”

Favo-riabilitazione-oncologica-rientri-in-LEA-Servizio-Sanitario-640x425Roma, 28 luglio 2016 – “La riabilitazione oncologica deve essere inserita nei livelli essenziali di assistenza (LEA)”. E’ quanto sostiene l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) che si unisce alle associazioni di pazienti nel chiedere alle Istituzioni competenti di modificare il recente Decreto di aggiornamento dei LEA. “Quasi il 5% della popolazione del nostro Paese vive con una diagnosi di cancro – sottolinea il prof. Carmine Pinto Presidente Nazionale AIOM -. Ben 2 milioni di cittadini possono dire di aver sconfitto la malattia. Sono numeri importanti che evidenziano la necessità di aggiornare la tipologia di assistenza che diamo ai pazienti oncologici. Non possiamo solo offrire a tutti le migliori terapie, dobbiamo garantire anche una buona qualità di vita durante e dopo le cure. Ancora troppi oneri sono a carico delle famiglie che devono spesso provvedere a proprie spese all’assistenza al parente in difficoltà. Già lo scorso anno insieme alla Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) avevamo chiesto al Governo di riconoscere la riabilitazione oncologica nella sua specificità e non di includerla all’interno di altre tipologie riabilitative. Con rammarico constatiamo che la richiesta non è stata accolta. Il nostro auspicio – conclude Pinto – è che al più presto il decreto, recentemente approvato, venga modificato. Solo attraverso un reale aggiornamento dei LEA il servizio sanitario nazionale potrà aiutare concretamente gli oltre 3 milioni di italiani che hanno combattuto il cancro”.

SIMG: “LA SICUREZZA E EFFICACIA DEI VACCINI SONO INCONFUTABILI”

vaccino1Firenze, 22 luglio 2016 – “I medici devono sempre applicare la verità scientifica. Quindi è corretto il richiamo all’obbligo deontologico per tutti coloro che fanno parte della comunità medica del nostro Paese all’utilizzo di strumenti terapeutici indispensabili come i vaccini. La dimostrazione della loro efficacia fa parte delle evidenze scientifiche. E sono false, pretestuose e ingannevoli tutte le affermazioni utilizzate per contestarne la sicurezza”. Il dott. Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG), sottolinea la correttezza della presa di posizione della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMcEO) nel Documento sui vaccini. “Il medico – spiega il dott. Cricelli – è tenuto come professionista a osservare le evidenze scientifiche e il rispetto della scienza costituisce un obbligo deontologico. Per cui, come evidenziato dalla FNOMcEO, chi non segue questi principi commette una grave violazione, soprattutto nel caso delle vaccinazioni, la cui sicurezza ed efficacia sono inconfutabili”. Non solo. “Il medico convenzionato o dipendente sottoscrive un contratto che lo lega al Servizio Sanitario Nazionale, a cui deve attenersi – continua il dott. Cricelli -. Tra i suoi doveri rientra anche la somministrazione vaccinale. Per cui da un lato vi sono le verità scientifiche, dall’altro gli obblighi determinati dall’appartenenza al Servizio Sanitario Nazionale”. Infine un richiamo all’impegno dei camici bianchi. “Il medico deve conquistare la propria autorevolezza con il lavoro costante, cercando il dialogo con il paziente – conclude il dott. Cricelli -. Questo vale sia per le terapie controverse che vanno combattute dimostrandone la non scientificità come nei casi ‘Di Bella’ e ‘Stamina’, che per gli strumenti terapeutici indispensabili e sicuri come i vaccini di cui talvolta il cittadino fatica a comprendere l’utilità. Le vaccinazioni sono interventi di sanità pubblica che presuppongono la disponibilità del paziente, del medico e un’efficiente organizzazione sanitaria”.

TUMORI: “LA FERTILITÀ È PRESERVATA SOLO NEL 10% UNDER 40″

conferenza 12 luglioNel nostro Paese vi sono 319 Oncologie e sono 178 i centri di Procreazione Medicalmente Assistita che applicano non solo la fecondazione in vitro ma anche la crioconservazione (cioè il congelamento e la conservazione a temperature bassissime) dei gameti. Ma va migliorata la comunicazione fra le due realtà. Va promossa la Rete nazionale dei centri di oncofertilità che consenta ai pazienti di rivolgersi a strutture pubbliche specializzate e organizzate per fare fronte a tutte le loro esigenze. La richiesta è contenuta nelle Raccomandazioni sull’Oncofertilità firmate dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dalla Società Italiana di Endocrinologia (SIE), dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetrica (SIGO) e presentate oggi a Roma in un incontro con i giornalisti. Ogni anno nel nostro Paese circa 8.000 cittadini under 40 (5.000 donne e 3.000 uomini) sono colpiti da tumore, 30 ogni giorno, pari a circa il 3% del numero totale delle nuove diagnosi. “Il desiderio di diventare genitori dopo la malattia è stato per troppo tempo sottovalutato – spiega il prof. Paolo Scollo, presidente SIGO -. Questo documento, indirizzato alle Istituzioni, riassume i principi chiave da seguire per un cambiamento sostanziale. In ogni Regione dovrebbe essere istituito almeno un Centro di riferimento in cui operino team multidisciplinari composti da ginecologi, senologi, andrologi, biologi e psicologi collegati in rete con i centri oncologici ed ematologici che abbiano esperienza nella gestione di pazienti in età fertile. Bastano poche strutture specializzate distribuite su tutto il territorio nazionale a cui devono fare riferimento altri centri connessi, in modo da realizzare un sistema efficiente ed efficace, senza spreco di risorse e con un’immediata attivazione e potenziamento delle strutture riconosciute idonee e già operanti in Italia. In questo modo potranno essere applicati i più aggiornati e validati strumenti diagnostici, terapeutici, laboratoristici e chirurgici così da garantire ai malati un percorso di cura appropriato e uniforme in tutta Italia”. Le principali tecniche di preservazione della fertilità nella donna sono costituite dalla crioconservazione degli ovociti o del tessuto ovarico e dall’utilizzo di farmaci (analoghi LH-RH) per proteggere le ovaie, nell’uomo dalla crioconservazione del seme o del tessuto testicolare. Il materiale biologico può rimanere crioconservato per anni ed essere utilizzato quando il paziente ha superato la malattia. “Per i cittadini – afferma il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM – la Rete costituirà un grande vantaggio perché, dal momento in cui al paziente viene diagnosticata una neoplasia, l’oncologo sarà in grado di metterlo direttamente in contatto con il centro pubblico di riferimento per procedere, dopo adeguato counselling, alla crioconservazione dei gameti prima dell’inizio delle terapie, bypassando tutte le liste di attesa. La consulenza specialistica dovrà infatti avvenire entro 24-48 ore. Diversamente da quanto accade nell’uomo, nella donna l’utilizzo di alcune di queste tecniche è associato a un ritardo nell’inizio dei trattamenti antineoplastici: da qui l’importanza di avviare quanto prima le pazienti agli esperti in questo campo. Questo sicuramente è un ambito che necessita di un’implementazione della sanità pubblica”. I più comuni tipi di cancro nei giovani sono rappresentati nell’uomo dal tumore del testicolo, del colon-retto, della tiroide, dal melanoma e dal linfoma non Hodgkin, mentre nella donna dal carcinoma mammario, della tiroide, della cervice uterina, del colon-retto e dal melanoma. “Chiediamo al Ministro della Salute – continua il prof. Andrea Lenzi, presidente SIE – di attivare un confronto con le società scientifiche per programmare il numero, le dimensioni, la distribuzione territoriale e i volumi minimi di attività per la definizione di un Centro. Uno dei nostri obiettivi è anche migliorare fra i clinici la cultura della preservazione della fertilità dopo il cancro”. Nelle giovani sottoposte a trattamenti antitumorali, sono due le preoccupazioni principali nei confronti di una gravidanza, talvolta condivise anche dai medici: da un lato i possibili effetti nocivi delle terapie sullo sviluppo del bambino, dall’altro le conseguenze della gestazione sulla donna in termini di ripresa della malattia, in particolare in caso di neoplasie ormono-sensibili come quelle del seno. “Riguardo al primo punto – sottolinea il prof. Scollo -, i dati disponibili non dimostrano un aumento del rischio di difetti genetici o di altro tipo nei bambini nati da donne precedentemente sottoposte a terapie antineoplastiche. Per quanto riguarda il secondo aspetto, oggi è noto che le pazienti che hanno avuto un figlio dopo la diagnosi di tumore mammario non hanno una prognosi peggiore rispetto alle altre. Al contrario, i risultati di uno studio, condotto su 1.244 donne, segnalerebbero addirittura un effetto protettivo della gestazione, con una significativa riduzione del rischio di morte. Va quindi ritenuta definitivamente caduta la storica controindicazione alla gravidanza nelle pazienti con pregresso carcinoma mammario. Nonostante non sussistano reali controindicazioni, la quota di coloro che hanno almeno un figlio dopo la diagnosi di carcinoma mammario è tuttora molto bassa: solo il 3% tra le donne di età inferiore a 45 anni e l’8% se si considerano le under 35”. Anche per i giovani pazienti di sesso maschile, in assenza di una sindrome neoplastica ereditaria, non esiste alcuna evidenza scientifica che una precedente storia di cancro aumenti il tasso di anormalità congenite o di tumori nella loro prole.

SIBIOC: MEDICINA DI PRECISIONE, RIORGANIZZARE I LABORATORI PER AVERE DIAGNOSI PRECISE

researcher

Roma, 4 luglio 2016. Saranno le scienze omiche (come la Genomica, la mappatura del patrimonio genetico, la Proteomica, lo studio dell’insieme di proteine espresse nelle nostre cellule, e la Metabolomica, lo studio dei prodotti finali del metabolismo) a costituire gli strumenti per la medicina di precisione. Lo afferma il Prof. Marcello Ciaccio, presidente della SIBioC (Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica), che domani terrà un intervento nell’ambito del Corso “Medicina di laboratorio 2020” di cui è Presidente e Responsabile Scientifico il Prof. Sergio Bernardini. Il corso si terrà a Roma, presso l’università Tor Vergata, alla presenza di oltre 200 partecipanti, tra i maggiori esperti nazionali del settore. Sotto i riflettori, argomenti come l’impatto della Medicina di Laboratorio sulla diagnosi e la cura personalizzata per ogni singolo paziente e la necessità di riorganizzazione del sistema dei laboratori.

“Le scienze ‘omiche’ – spiega il prof. Ciaccio – permetteranno di conoscere una serie di dettagli molecolari degli eventi fisiologici e patologici che porteranno ad applicazioni cliniche di grande importanza. Per esempio, in futuro sarà possibile in alcuni casi comprendere e prevedere perché la stessa malattia si presenta in individui differenti con diversa sintomatologia clinica e severità, perché risponde diversamente al trattamento terapeutico. Il futuro è nella ‘medicina di precisione’ o ‘medicina personalizzata’, che permetterà di personalizzare le terapie, i protocolli diagnostici e la prognosi del malato”.
Altro punto di estremo interesse è quello della riorganizzazione dei laboratori dal punto di vista logistico e strumentale in relazione a diversi parametri. “L’accentramento e l’accorpamento dei laboratori clinici dipendono da considerazioni geografiche, sociali, organizzative che possono variare in base al contesto regionale in cui si realizzano – spiega ancora il prof. Ciaccio. L’accentramento dei servizi sanitari, infatti, deve fare i conti in Sicilia, come anche in altre regioni italiane, con una viabilità difficoltosa in alcune parti del territorio per ragioni geografiche e non solo. Va anche considerato che l’alta specializzazione, per definizione, può realizzarsi solo in quei laboratori in possesso di adeguate risorse umane e dotazioni strumentali, in grado, dunque, di essere considerati centri di riferimento per determinate prestazioni. Si tratta, ad esempio, della metabolomica, delle nuove tecnologie di sequenziamento come la Next Generation Sequencing (NGS), delle nuove opportunità in campo di Medicina Rigenerativa fornite dall’uso delle cellule staminali. Nella definizione della dotazione delle apparecchiature all’avanguardia si deve tener conto del rapporto costo/beneficio ottimale che si basa sul vantaggio che il paziente riceverà dall’utilizzo delle suddette strumentazioni. Valutazione che viene fatta tramite la nuova scienza Health Tecnology Assessment (HTA) che permette di analizzare le implicazioni cliniche, sociali, organizzative, economiche, etiche e medico-legali di una tecnologia. Durante il Corso che si terrà a Roma discuteremo della possibilità di realizzare una configurazione dei laboratori diversa da quella attuale. Parleremo di ciò che di buono, o di eccellente, già esiste nella nostra realtà, e della possibilità che questo costituisca un punto di partenza per lo sviluppo futuro. A questo proposito, è utile ricordare che in Italia esistono già alcuni centri di eccellenza come il San Raffaele a Milano, il CEINGE di Napoli, la Cattolica di Roma, lo IEO, alcuni centri Telethon, per citarne solo alcuni. La presenza di queste eccellenze deve essere motore di nuove sinergie, tenendo sempre conto della qualità dei servizi sanitari offerti al paziente” conclude il prof. Ciaccio.