TUMORE DEL POLMONE: NEL 2019 COLPITI 900 CITTADINI IN SARDEGNA

Olbia in prima linea nella lotta contro la malattia

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 Olbia, 19 dicembre 2019 –Per le persone colpite di carcinoma polmonare, l’immuno-oncologia sta cambiando le prospettive di cura. E la struttura di Oncologia Medica e CPDO della ASSL di Olbia, diretta dal dott. Salvatore Ortu, è in prima linea nel sostegno concreto ai pazienti. L’ospedale della città sarda è uno dei primi centri in Italia ad aver avviato un programma di supporto completamente gratuito per i cittadini con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio III non operabile, che include visite settimanali con un fisioterapista respiratorio, supporto telefonico da parte di personale infermieristico specializzato e un servizio speciale di trasporto dal centro di oncologia a quello di radioterapia. Il programma (IMPACT) rappresenta la prima esperienza in Italia di questo tipo ed è parte della campagna nazionale Semplicemente IO, promossa da AstraZeneca, con il patrocinio dell’associazione WALCE (Women Against Lung Cancer in Europe).“IMPACT permette di valorizzare e mettere in comunicazione tutte le strutture presenti sul territorio, integrandole in percorsi al servizio dei pazienti e dei familiari – spiega il dott. Claudio Sini, Dirigente medico dell’Oncologia Medica di Olbia e referente del progetto -. La Sardegna si caratterizza per l’ampiezza territoriale e la conseguente distribuzione della popolazione in luoghi impervi, spesso non facili da raggiungere e lontani dai centri di riferimento. Per superare questi ostacoli, è fondamentale l’attivazione di programmi al servizio dei malati che permettano di superare le difficoltà logistiche. È evidente, inoltre, il ruolo chiave del team multidisciplinare per un’adeguata selezione e per la corretta gestione dei pazienti con tumore polmonare localmente avanzato. IMPACT favorisce il dialogo tra tutte le specialità coinvolte nella cura della neoplasia, con l’obiettivo di creare un percorso diagnostico-terapeutico interaziendale”.L’85% delle diagnosi riguarda il tumore del polmone non a piccole cellule, il più frequente. Un terzo dei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule riceve una diagnosi di malattia in stadio III: 250 casi nella Regione nel 2019. “Si tratta di una patologia complessa che richiede un approccio multidisciplinare e che oggi, grazie all’immuno-oncologia, ha un’opzione terapeutica valida che incrementa la percentuale di pazienti curabili e potenzialmente guaribili – sottolinea il dott. Sini -. Il trattamento sequenziale con Durvalumab, in aggiunta al trattamento standard di chemio-radioterapia, è stato infatti la prima immunoterapia a dimostrare un beneficio significativo di sopravvivenza globale in questo stadio, con il 57% dei pazienti vivo a 3 anni”. Il progetto Semplicemente IO è stato avviato lo scorso gennaio per affiancare e sostenere medici e pazienti lungo il complesso percorso di diagnosi, gestione e trattamento del tumore del polmone in stadio III non resecabile. Il progetto, in questi mesi, ha visto la realizzazione e la distribuzione di una collana editoriale, “Semplificando”, per spiegare ai pazienti l’immuno-oncologia e lo stadio III della malattia. “Semplificando” è disponibile attraverso diversi canali: card cartacee disponibili presso i centri di oncologia medica (3 cartoline trattano temi come la stadiazione, la combinazione di chemioterapia e immuno-oncologia e la sorveglianza immunitaria), il sito www.semplicementeio.it, il sito e la pagina Facebook “La vita con il cancro al polmone” e la pagina Facebook di WALCE. Indirizzata ai soli clinici è infine la app (Staging NSCLC) dedicata alla stadiazione e alle linee guida. Semplicemente IO include anche attività specifiche sull’alimentazione. Sono state realizzate le “Pillole di Salute” (opuscolo e condivisione dei contenuti sui canali social), in collaborazione con il food mentor Marco Bianchi, con consigli sulla dieta da seguire prima, durante e dopo il trattamento. Inoltre, è stata siglata una partnership con un’azienda per la consegna di cibo a domicilio, con l’emissione di voucher che il clinico può proporre al paziente, così da semplificare gli aspetti legati all’alimentazione durante il trattamento.

Tumore del polmone: parte da Milano la “Rete Italiana di Screening Polmonare”

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L’obiettivo è la messa a punto di esami specifici, come la TAC spirale a basso  dosaggio, per favorire la diagnosi precoce tra i forti fumatori. Il prof. Ugo Pastorino: “Possiamo ridurre la mortalità del 50%”

Milano, 18 dicembre 2019 –  In Italia solo quest’anno sono state colpite oltre 42.500 persone. Più dell’80% dei nuovi casi viene individuato troppo tardi e questo determina una drastica riduzione delle possibilità di cure efficaci per i pazienti. E’ quindi necessario riuscire ad anticipare la diagnosi soprattutto per le persone considerate a rischio, come i forti fumatori. Per questo all’inizio del 2020 partirà uno studio internazionale con l’obiettivo di arruolare, nei prossimi due anni, 24.000 forti fumatori (che consumano almeno un pacchetto di sigarette al giorno) ultracinquantacinquenni in sei diversi Stati Europei: Italia, Paesi Bassi, Germania, Regno Unito, Francia e Spagna). Nel nostro Paese l’obiettivo minimo è reclutare almeno 10mila partecipanti grazie al coinvolgimento diretto dei medici di famiglia della SIMG (Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie). Sarà così creata la RISP (Rete Italiana di Screening Polmonare) per meglio definire le modalità di un nuovo screening attraverso l’uso di TAC spirale a basso dosaggio (low-dose CT scan – LDCT) e di alcuni biomarcatori. In tutta Italia la Rete verrà realizzata e coordinata dall’Istituto Nazionale Tumori di Milano attraverso un finanziamento dell’Unione Europea e con il sostegno del Ministero della Salute. L’iniziativa è stata presentata oggi nella sede della Regione Lombardia alla presenza dell’Assessore Regionale al Welfare Giulio Gallera. “Si calcola che in tutta Italia siano oltre 600mila i forti fumatori over 55 potenziali candidati allo screening polmonare – afferma il prof. Ugo Pastorino, Direttore della Chirurgia Toracica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano -. E’ dimostrato come l’utilizzo della TAC spirale a basso dosaggio possa portare ad un trattamento tempestivo con una possibile riduzione della mortalità del 50%. Nonostante le nuove cure, il carcinoma polmonare rimane ancora oggi uno dei big killer nel nostro Paese. Ogni anno provoca oltre 33mila decessi ed è la seconda neoplasia più frequente tra gli uomini, la terza invece per le donne. In particolare tra il genere femminile il numero di nuovi casi l’anno risulta in forte crescita: solo 13mila nel 2019. Deve essere una delle priorità della comunità scientifica contrastare questa patologia oncologica e ciò può avvenire anche attraverso il perfezionamento degli strumenti diagnostici, oltre che di quelli terapeutici. Con questo studio vogliamo ottenere nuove evidenze scientifiche, consolidando le nostre conoscenze su esami efficaci e salvavita”. “L’oncologia toracica è un’eccellenza che la sanità lombarda può vantare e siamo orgogliosi che l’Istituto milanese sia in prima linea nel promuovere una così importante ricerca internazionale – aggiunge Giulio Gallera, Assessore al Welfare della Regione Lombardia -. La prevenzione del cancro sia primaria che secondaria deve essere sempre promossa sia nell’interesse del singolo paziente che dei sistemi sanitari. Come Regione Lombardia stiamo facendo la nostra parte e sosteniamo il progetto incentivando il reclutamento dei partecipanti”.

 

Leucemia linfatica, con acalabrutinib piu tempo di remissione

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Sono stati presentati i risultati dettagliati dell’analisi ad interim dello Studio di Fase III ELEVATE-TN che mostrano come acalabrutinib, sia in combinazione con obitunuzumab che somministrato in monoterapia, migliori significativamente la sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto al trattamento con chlorambucil in combinazione con obinutuzumab, uno dei trattamenti chemio-immunoterapici standard per i pazienti affetti da leucemia linfatica cronica (LLC) non precedentemente trattati. I risultati analizzati dall’Independent Review Committee (IRC) sono stati presentati nell’ambito del Congresso Annuale dell’American Society of Hematology 2019 di Orlando. Ad un follow-up mediano di 28,3 mesi, acalabrutinib in combinazione con obinutuzumab e in monoterapia ha ridotto significativamente il rischio di progressione o morte rispetto al chlorambucil in combinazione con obinutuzumab, rispettivamente del 90% e dell’80%. In un’analisi esploratoria, acalabrutinib ha mostrato sia in combinazione che in monoterapia un miglioramento della PFS nei sottogruppi di pazienti con un profilo di malattia ad alto rischio, quali quelli con delezione del braccio corto del cromosoma 17 [del(17p)] e/o mutazione della TP53, con il gene della regione variabile della catena pesante delle immunoglobuline non mutato (uIGHV), con la delezione del braccio lungo del cromosoma 11 [del(11q)] e con il cariotipo complesso.
In generale, il profilo di tollerabilità di acalabrutinib osservato nello studio ELEVATE-TN si è mostrato coerente con quello già noto.
Paolo Ghia, Professore Ordinario di Oncologia Medica presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e Coordinatore del Programma Strategico per lo Studio della CLL dell’Ospedale San Raffaele, ha commentato: “I risultati dello Studio ELEVATE-TN, che confronta acalabrutinib, sia come monoterapia che in combinazione con obinutuzumab, con un regime di trattamento chemio-immunoterapico comunemente utilizzato, mostrano un miglioramento clinicamente significativo della sopravvivenza libera da progressione per i pazienti anziani o giovani con comorbilità affetti da leucemia linfatica cronica e non pre trattati, confermandosi pertanto una potenziale nuova opzione per il trattamento di prima linea di questa patologia. I risultati di tollerabilità e sicurezza, fattori fondamentali per questa popolazione di pazienti, si sono inoltre rivelati incoraggianti nei due bracci di trattamento con acalabrutinib”.

Poliambulanza, nel 2019 oltre 31.800 ricoveri

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Brescia, 17 dicembre 2019 – Ieri la Fondazione Poliambulanza ha presentato il bilancio dell’attività svolta nel 2019. Sono oltre 31.800 sono i pazienti ricoverati nel 2019, per un totale di oltre 152.000 giornate di degenza. Le operazioni chirurgiche eseguite raggiungono quota 20.400. Per l’attività ambulatoriale complessivamente sono stati registrati 420.000 accessi: 76.800 sono riferibili al servizio di radiologia e diagnostica per immagini, 74.100 al servizio di laboratorio analisi, 18.200 al servizio di endoscopia digestiva, 21.000 al servizio di anatomia patologica e circa 3 mila ai Consultori Cidaf acquisiti nel 2017. Circa 560 sono stati i casi di malattie cerebrovascolari trattati, per la maggior parte si riferiscono a ictus ricoverati in Stroke Unit. Sono 2.800 i bambini nati in Poliambulanza. Cresce di un ulteriore 1,2% il numero di accessi al Pronto Soccorso di Poliambulanza, circa 86.600, con una media di 240 accessi al giorno. Oltre al numero assoluto risultano in aumento del 18% i codici rossi trattati (la media è di 5 codici rossi al giorno). I ricavi totali dell’Istituto Ospedaliero, nel 2019, sono aumentati dell’1,7% rispetto al 2018 per un totale di 182 milioni. L’87% del fatturato proviene dal servizio sanitario nazionale. Circa il 63% dei ricavi proviene dall’attività di ricovero, il 25% dall’attività ambulatoriale ed il 12% da altre voci di ricavo. A questi si aggiungono circa 5 milioni di euro di attività non finanziata di cui 2 milioni sull’attività di ricovero per pazienti Fuori Regione a Bassa complessità (in particolare interventi di Gamma Knife per pazienti con tumori cerebrali) e 3 milioni sull’attività ambulatoriale, perché superiore al tetto di risorse contrattualizzato con Regione Lombardia. Nel 2019 sono stati effettuati investimenti straordinari per 13 Milioni di euro, la parte più significativa per il nuovo Blocco Operatorio Cardiovascolare con Sala Ibrida per un investimento totale nell’ultimo triennio di circa 36 milioni di euro. Per quanto riguarda invece i lavoratori: i collaboratori in servizio sono 1.950, il 95% dei quali assunti con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato. La spesa per il personale ammonta a circa 98,6 milioni di euro e rappresenta il 55% del totale dei costi.
Poliambulanza ha inoltre portato avanti un’importante attività di formazione, attraverso la realizzazione di corsi di perfezionamento, finanziamenti per l’istituzione di posti aggiuntivi presso le Scuole di Specialità di Medicina con cui sono state stabilite delle convenzioni e master per le “Professioni sanitarie con funzioni di coordinamento”, per “Strumentisti di Sala operatoria”, per “Infermieri di Pronto Soccorso”, in “Stomaterapia e incontinenze” e in “Tecniche in ecografia cardiovascolare”. Nel 2019 sono stati 60 gli specializzandi che hanno frequentato in forma continuativa Poliambulanza, provenienti da varie Scuole di Specialità di tutt’Italia.
A queste attività si aggiunge quella di SFERA, Scuola di Alta Formazione Educazione Ricerca, nata dall’evoluzione dell’Ufficio di Formazione di Fondazione Poliambulanza. Il nuovo progetto si sviluppa per aree tematiche ed è finalizzato alla trasmissione di competenze tecnico-scientifiche, organizzativo-manageriali e all’approfondimento di temi etico-relazionali (centralità della persona), di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Attraverso Poliambulanza Charitatis Opera Onlus (PCO) sono stati raccolti circa 70.000 euro grazie alle donazioni di privati cittadini, enti e imprese e portati avanti progetti nazionali ed internazionali (Burundi e Guinea Bissau) e interventi di aiuto quotidiano a pazienti indigenti. Anche nel corso del 2019 l’attività di ricerca del Centro di Ricerca E. Menni (CREM) si è concentrata sulle cellule staminali isolate dai tessuti placentari, oggetto di importanti pubblicazioni e presentazioni a livello internazionale. Risultati promettenti sono stati raggiunti in modelli animali che aprono auspicabili prospettive future per un utilizzo di queste cellule in clinica nel settore della medicina rigenerativa. Oltre a tale attività, vanno considerati i contributi scientifici dei nostri specialisti a convegni, congressi nazionali e internazionali, oltre alle pubblicazioni scientifiche.
A dicembre di quest’anno Poliambulanza ha ricevuto conferma dell’accreditamento internazionale da parte di Joint Commission International (JCI), il più importante organismo indipendente riconosciuto nel mondo per la valutazione delle performance delle strutture sanitarie. In Italia sono solo 15 le realtà ospedaliere che si pregiano di questo riconoscimento.
“E’ questa un’occasione per ragionare sull’operato svolto – commenta Alessandro Triboldi, Direttore Generale di Fondazione Poliambulanza -, ma è importante anche riflettere sullo spirito del nostro Ospedale che non può essere descritto solo da dati numerici. È l’attenzione e la cura che rivolgiamo ai pazienti il nostro valore identitario, che ci connota, qualifica e racconta. Il paziente è una persona e la nostra mission è quella di tenere in debita considerazione la sua sfera umana, attenti a preservarne la dignità e sanare le ferite fisiche e emotive che porta con sé. È per questo che Poliambulanza punta alla massima umanizzazione delle cure, a creare una forte relazione medico-paziente ed anche a rendere gli ambienti di cura gradevoli.

Distrofia muscolare di Duchenne: in Italia colpiti 2.000 giovani

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La Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) ha presentato a Roma le nuove iniziative per la promozione del riconoscimento precoce delle malattie neuromuscolari. Dopo anni in cui il numero di nuovi casi cresceva del 10% l’anno, nel nostro Paese, le malattie neuromuscolari manifestano attualmente un’incidenza stabile. Nonostante ciò, il numero complessivo delle persone interessate da queste gravi patologie, che tipicamente esordiscono in età infantile, è in aumento: questo accade perché le terapie di supporto oggi disponibili stanno aumentando l’aspettativa di vita di chi ne è affetto. Nella Distrofia di Duchenne, ad esempio, che nel nostro Paese colpisce circa 2.000 persone, la sopravvivenza è quasi raddoppiata negli ultimi anni. “Il nostro obiettivo – afferma il dott. Mattia Doria, Segretario Nazionale alle Attività Scientifiche ed Etiche della FIMP – è quello di cercare di anticipare l’età della diagnosi: le evidenze scientifiche e le esperienze dei malati e delle loro famiglie, infatti, ci testimoniano che la qualità e l’aspettativa di vita aumenta sensibilmente in funzione della precocità di inizio dei trattamenti. Fondamentale, quindi, risulta il ruolo del pediatra di famiglia, lo specialista che segue nel tempo lo sviluppo del bambino fin dalla nascita e che per primo può individuare i possibili segnali di sospetto, sensibilizzare i genitori a segnalarli e inviare ai servizi deputati alla diagnosi e all’avvio del trattamento”. Per questo la FIMP da oltre un anno promuove il progetto PETER PaN (PEdiatria TEerritoriale e Riconoscimento Precoce Malattie Neuromuscolari) realizzato con il supporto non condizionante di PTC Therapeutics in collaborazione con la Associazione Parent Project APS. I primi risultati dell’iniziativa sono presentati oggi in un convegno nazionale al Ministero della Salute. “Sono malattie rare che compaiono nei primissimi mesi o anni di vita – prosegue il dott. Doria -. Devono essere identificate precocemente attraverso il riconoscimento di sintomi specifici. Una diagnosi precoce gioca un ruolo chiave nel garantire l’inizio tempestivo dei trattamenti che sono in grado di rallentare la progressione della malattia. Nella Distrofia di Duchenne non esistono cure definitive e fino a poco tempo fa l’aspettativa di vita era intorno ai 20 anni. Adesso arriva frequentemente ai 30 e, non di rado, possiamo incontrare pazienti 40enni”. Nell’ambito del progetto PETER PaN è stato attivato un portale informativo (www.bilanciperlavita.it) e uno spot video di sensibilizzazione per i genitori e caregivers. “Esistono dei campanelli d’allarme che devono essere tempestivamente segnalati – prosegue il dott. Carmelo Rachele, pediatra di famiglia FIMP che sta collaborando alla realizzazione del progetto-. Se, ad esempio, un bambino nei primi mesi di vita non è in grado di sollevare la testa in posizione prona, oppure tra 6 e i 9 mesi non è in grado di rotolare o mantenere la posizione seduta o, ancora, se entro i 12-15 mesi non riesce a sollevarsi da terra sorreggendosi ad un sostegno significa che potrebbe avere un disturbo del neurosviluppo riferito all’area neuromotoria”. “Come pediatri di famiglia abbiamo il compito di valutare le competenze neuromotorie infantili all’interno delle varie attività previste dai bilanci di salute – riprende il dott. Doria -, con particolare riferimento ai primi 48 mesi di vita. Sono visite speciali che consentono di mettere in atto con tempestività percorsi diagnostico-terapeutici adeguati, eventuali esami preventivi o interventi di profilassi: è importante che le famiglie vi ricorrano con regolarità. Tali appuntamenti, inoltre, rappresentano un fondamentale momento di educazione ai corretti stili di vita dell’intera famiglia e di tutta la popolazione”. “La nostra Federazione – aggiunge il dott. Paolo Biasci, Presidente Nazionale della FIMP – vuole, quindi, con questo progetto, ribadire l’assoluta importanza di sottoporre con continuità un bimbo ai bilanci di salute. Il numero delle visite e la loro calendarizzazione variano leggermente nelle diverse Regioni, ma nel loro insieme sono uniformemente diffuse e gratuite su tutto il territorio nazionale”.

Le malattie neuromuscolari colpiscono in totale oltre 20.000 bambini e adolescenti nel nostro Paese. “Sono tutte causate da un danno genetico che può essere ereditato dai genitori o di nuova insorgenza – sottolinea il dott. Rachele -. Si tratta di patologie che determinano una progressiva debolezza muscolare che limita fortemente le capacità di movimento e può portare a deformazione dello scheletro e difficoltà respiratorie. Si calcola che quattro pazienti su dieci abbiano bisogno di programmi di riabilitazione intensiva ed estensiva. L’introduzione, negli ultimi anni, di cure specifiche e di nuovi strumenti tecnologici ha permesso di garantire una buona qualità di vita, soprattutto se intraprese precocemente grazie anche alla collaborazione e cooperazione tra il sistema di cure primarie del territorio e i centri di riferimento di terzo livello specializzati nella cura delle malattie rare”. “Fondamentale è quindi – conclude il dott. Doria – un aggiornamento complessivo delle conoscenze e competenze del pediatra di famiglia sul riconoscimento precoce e sul sostegno complessivo a pazienti che presentano esigenze particolari. Ad oggi la Federazione sta programmando corsi di formazione su queste tematiche su tutta la Penisola”

Libreria Giunti dona libri alle pediatrie di Desenzano e Gavardo

Grazie alla raccolta “Aiutaci a crescere. Regalaci un libro”! sono stati libri consegnati oltre 2.350 i ai reparti di pediatria di Desenzano e Gavardo 

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Nello scorso mese di agosto, dalle librerie di Desenzano (Centro Commerciale Le Vele e Piazza Matteotti), di Salò e di Mazzano nell’ambito del progetto “Aiutaci a crescere. Regalaci un libro!” e alla disponibilità di tante persone che hanno aderito all’iniziativa, è stato possibile raggiungere un numero così importante di testi che comprendono volumi per bambini da 0 a 6 anni e per ragazzi più grandi. Visto il consistente numero di volumi ricevuti,  verranno inviati alcuni anche alla Pediatria di Manerbio ed ai Servizi di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza-NPIA di Lonato, Leno, Salò dove verranno utilizzati per arricchire le sale di attesa, per le attività riabilitative ed i progetti di abilità sociale e sviluppo della comunicazione dedicati ai ragazzi di età compresa tra 0 e 18 anni con disturbi del neuro sviluppo seguiti dai Servizi NPIA.

“Ringrazio tutte le persone che hanno aderito alla progetto delle Librerie Giunti al Punto – dichiara il Direttore Generale Carmelo Scarcella – per la sensibilità dimostrata. Donare libri ai reparti di Pediatria ha una doppia valenza, da un lato i volumi sono di supporto ai bambini durante il ricovero, dall’altro contribuiscono a creare l’amore per i libri e per la lettura.”