ARTRITE REUMATOIDE: “ATTIVARE RETE REUMATOLOGICA DELLA SICILIA PER MIGLIORARE LA GESTIONE PAZIENTI”

30mila siciliani colpiti della patologia è quanto emerso dal convegno MOMAr Sicilia

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Palermo, 30 ottobre 2019 – Per migliorare la gestione e l’assistenza ai pazienti siciliani  bisogna attivare  il prima possibile la rete reumatologica regionale. Per migliorare la qualità e l’aspettativa di vita bisogna anche accelerare i tempi delle diagnosi precoci e favorire il più possibile la medicina di precisione. Sono questi i due principali messaggi che emergono dal convegno regionale “MOMAr Sicilia – Modelli Operativi nel Management dell’Artrite reumatoide”, che si è tenuto ieri a Palermo. L’evento scientifico è reso possibile grazie al contributo educazionale non vincolante di Bristol-Myers Squibb e gode del patrocinio di ASIMAR (Associazione Siciliana Malati Reumatici). In questa occasione viene presentato e discusso un documento realizzato da clinici e farmacisti ospedalieri sul trattamento della patologia. E’ il punto d’arrivo di un lavoro iniziato nell’ottobre 2017 e che ha visto la partecipazione di specialisti reumatologi attivi in Sicilia siciliani. L’artrite reumatoide si calcola che colpisca 30.000 siciliani per un totale di oltre 400mila casi in tutta la Penisola. “E’ una patologia infiammatoria molto dolorosa che determina danni articolari gravi, disabilità e a volte può essere fatale – affermano i proff A.Ferrante e R. Foti, Referenti Scientifici di MOMAr Sicilia -. Il Progetto della Rete Reumatologica Siciliana risale al 2012 e chiediamo sia realmente attuato. Si pone l’obiettivo di creare una corretta e virtuosa integrazione tra l’assistenza ospedaliera e quella territoriale. In questo modo potremmo ottimizzare anche le risorse economiche pubbliche destinate a questa branca della medicina. Le Rete si deve articolare su più livelli e solo i casi più gravi sono gestiti in pochi centri d’eccellenza, supportati da strutture sanitarie dislocate nelle varie provincie. Dobbiamo però tuttavia ridurre i ritardi diagnostici perché in ancora troppi casi interveniamo quando la situazione è in parte compromessa. E’ infatti dimostrato che un tempestivo intervento terapeutico, soprattutto nelle fasi iniziali, rappresenta una straordinaria opportunità da non perdere. Possiamo così modificare sensibilmente l’evoluzione e il decorso della malattia. Questo consentirebbe inoltre di favorire l’accesso alle cure dei pazienti che afferiscono al Centro di riferimento con un approccio multidisciplinare. Per incrementare le diagnosi precoci risulta infine fondamentale il ruolo del medico di medicina generale che deve essere quindi opportunamente preparato”.

 

NASCE AIOS, L’ASSOCIAZIONE PER SALVAGUARDARE LA VISTA DEI GIOVANI

Due milioni di bambini e adolescenti soffrono di strabismo e ambliopia (occhio pigro), ma solo mezzo milione ricorre allo specialista.

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Oltre un milione e mezzo di giovani ignora di essere portatore di una patologia visiva e sfugge alla diagnosi precoce col rischio di provocare danni irreversibili al proprio sistema oculare. Una situazione che non ha senso di esistere perché con un semplice screening si possono individuare anomalie e impostare un trattamento adeguato. Proprio con l’obiettivo di diffondere una nuova cultura della prevenzione e dell’attenzione alla propria vista nasce AIOS (Associazione Italiana Occhi e Sport) organizzazione no profit – unica nel suo genere a livello mondiale – che viene presentata oggi a Torino in occasione della prima edizione del Convegno Nazionale Ofta to Date, che riunisce al Centro Congressi Unione Industriale, 200 esperti provenienti da tutta la Penisola. “AIOS nasce da una consapevolezza: si deve intervenire fin dalla più giovane età per creare attenzione e difendere i propri occhi – sottolinea la presidente Maria Elisa Scarale, Medico Oculista del gruppo CLK microchirurgia e diagnostica oculare, oculistica ufficiale della Juventus F.C. -. Abbiamo deciso di concentrarci soprattutto fra i giovani atleti e sul legame fra occhi e sport”. Non a caso fra i soci fondatori oltre alla Scarale, Mauro Boldrini, Francesco Dal Piaz, Massimo Tonicello, l’ex allenatore della Juventus Max Allegri. E proprio i settori giovani dei bianconeri e quelli dell’Inter saranno i primi coinvolti nell’attività di AIOS. “Abbiamo stipulato accordi con questi due grandi Club – aggiunge la presidente – che ci permetteranno di effettuare screening e visite fra i ragazzi e i giovani calciatori. Il progetto inizierà a novembre per proseguire nei mesi successivi. Ma ci auguriamo di sensibilizzare altre squadre nazionali e locali per estenderci il più possibile e raggiungere un numero sempre più rilevante di adolescenti. Quando si pratica una disciplina vengono coinvolte molte funzioni visive: non basta infatti vedere bene, è indispensabile tenere in considerazione quella che viene chiamata percezione visiva che comprende diverse abilità quali, ad esempio, un buon campo visivo, la percezione delle forme e dei colori, la valutazione delle distanze, il coordinamento della postura e l’ottimizzazione dell’equilibrio. La funzione visiva – spiega la presidente – rappresenta circa l’80% delle informazioni sensoriali che il cervello elabora, molto più degli altri sistemi. E per chi fa sport assume una grande importanza dalla quale possono dipendere anche le prestazioni. Il nostro obiettivo, quindi, è promuovere prevenzione e diagnosi precoce fra i ragazzi e contribuire a migliorare le performance fra chi pratica sport a tutti i livelli attraverso il miglior utilizzo del proprio sistema visivo”. “Si tratta di un obiettivo particolarmente importante – sottolinea Max Allegri – per noi allenatori è rilevante correggere eventuali danni agli occhi, che possono compromettere i risultati, non solo nel calcio. Ho deciso di aderire ad AIOS, come attività collegata al progetto Allenatore alleato di salute, che dal 2016 viene promosso dalla Fondazione Insieme Contro il cancro, con il coinvolgimento del Ministero della salute. Proprio perché, anche come padre, ritengo necessaria questa continua attenzione verso lo stato di salute in questa fascia di età”.
“Il sistema visivo, fra l’altro – sottolinea Mauro Boldrini, giornalista scientifico – spesso permette di individuare anche altre patologie: non a caso AIOS ha costituito un comitato scientifico di altissimo livello che coinvolge esperti di diverse discipline come l’oncologo, il cardiologo, l’ortopedico, il pediatra, il medico sportivo, il medico di famiglia”.
A tenere a battesimo l’Associazione, 200 esperti tra medici oftalmologi, ortottisti, medici e infermieri di medicina generale riuniti al Cinema Lux di Torino per la prima edizione di Ofta to Date, dalla presidente Scarale in collaborazione con il centro CLK. L’oftalmologia è una disciplina in costante evoluzione che non richiede solamente continui aggiornamenti, ma, proprio per la sua multidisciplinarietà, anche un confronto sempre aperto fra gli specialisti. È proprio questa l’impostazione scelta: non solo un seminario in senso classico, ma la possibilità di interagire sui diversi aspetti della disciplina. Fra i temi discussi, la chirurgia refrattaria e della cataratta, le maculopatie, e le malattie retiniche fino al ringiovanimento dello sguardo del viso. L’obiettivo è rendere Ofta to Date un appuntamento fisso nel calendario nazionale per tutti gli specialisti del settore.

 

CARDIOLOGIA: SOLO 1 SU 7 HA ACCESSO ALLE TERAPIE PIÙ INNOVATIVE

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Milano, 16 ottobre 2019 – Oltre un milione gli italiani affetti da problemi valvolari. Tra chi ha più di 75 anni, 200.000 le persone colpite da stenosi aortica e circa 600.000 alle prese con insufficienza della valvola mitrale. Ma solo 1 su 7 di questi pazienti ha accesso alle terapie transcatetere più innovative – eseguite senza aprire il torace e fermare il cuore – ormai standard di cura in Europa e nel mondo. La denuncia arriva dal Congresso nazionale del GISE, Società Italiana di Cardiologia Interventistica (già Gruppo Italiano di Studi Emodinamici), giunto alla sua 40esima edizione e che riunisce fino a venerdì 2000 operatori del sistema, tra medici e tecnici. “Nonostante l’efficacia delle tecniche – afferma il Presidente del GISE, Giuseppe Tarantini – le procedure TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation) e di correzione percutanea della insufficienza mitralica, non sono accessibili in modo uniforme sul territorio azionale. Nel 2018 sono state effettuate in Italia 6.888 TAVI, con un incremento sì del 25% rispetto all’anno precedente, ma con un valore di 114 procedure ogni milione di abitanti, ben lontani dagli standard Europei e della Germania in particolare, che vede un rapporto di 220 per milione. Abbiamo inoltre un’ampia variabilità regionale: dalle 106 della Calabria (56 per milione di abitanti) all’eccellenza della Lombardia e le sue 1710 procedure eseguite (171 per milione di abitanti). E questo senza considerare la possibilità, emersa da studi recenti, di allargare il campo di tale approccio a pazienti a basso rischio, giovani e donne. Infine, anche per il trattamento dell’insufficienza mitralica, i numeri dell’Emodinamica italiana – pur confermando un trend in aumento nel corso degli anni – si attestano su 997 interventi di clip mitralica, pari a 16.5 per milione di abitanti, valori ben lontani dalle stime di fabbisogno”.
Tutt’altro il quadro relativo al trattamento dell’infarto miocardico acuto. L’accessibilità su tutto il territorio nazionale all’angioplastica coronarica primaria in corso di infarto, ha cambiato la storia della malattia. “Il 95% dei Laboratori di Emodinamica italiani – riferisce Tarantini – garantisce infatti H24 un network che ha realizzato lo scorso anno 37.135 angioplastiche primarie, portando l’Italia ai primi posti in Europa nel trattamento dell’infarto. Grazie all’angioplastica riusciamo a salvare molte più vite: la mortalità a 30 giorni è passata dal 10.4% del 2010 al 8.3% del 2017 (fonte Agenas).

“Siamo l’unica Società Scientifica italiana che dal 1981 raccoglie in un registro dedicato dati sull’utilizzo delle diverse tecnologie diagnostiche e terapeutiche nella pratica clinica. Abbiamo 271 laboratori di emodinamica affiliati in tutti il Paese – ricorda Tita Castiglioni, membro dell’esecutivo del GISE e Responsabile dei dati di attività delle Emodinamiche italiane – 432 sale, 1045 cardiologi interventisti primi operatori, che ogni giorno trattano pazienti con patologie sempre più complesse, sia in ambito coronarico che strutturale. Parliamo di un registro annuale con 36.900 rilevazioni, suddivise in 163 voci, tra diagnostica, interventistica cardiovascolare e strutturale, compresi i dati di outcome intraoperatori. Mettiamo il nostro patrimonio unico di informazioni a disposizione dei decisori, delle industrie, della comunità scientifica, perché possano contribuire al confronto sulle criticità ancora presenti”.

Pneumologia infantile: un bambino su 5 ha assunto farmaci per malattie respiratorie

Ogni anno oltre 111mila ricoveri ospedalieri pari al 14% di tutte le degenze registrate tra gli under 14

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Bari, 11 ottobre – Nel 2018 un bambino su cinque ha assunto, almeno una volta, un farmaco per curare disturbi e patologie come asma, polmonite, bronchiolite, riniti allergiche o pertosse. Da questi numeri nasce la necessità di migliorare la formazione e la cooperazione tra tutti i pediatri, sia ospedalieri che territoriali, sulla gestione di queste malattie. È quanto emerge del 23° Congresso Nazionale della Società Italiana per le Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI). Da ieri fino a sabato, oltre 500 medici italiani e stranieri si riuniscono a Bari per fare il punto su un sempre maggiore problema di salute pubblica. “Ben il 26% di tutti i medicinali prescritti a bambini e adolescenti sono per la cura delle malattie respiratorie – afferma il prof. Giorgio Piacentini, Presidente Nazionale della SIMRI -. Negli ultimi anni la ricerca medica ha consentito la messa a punto di trattamenti estremamente efficaci in grado di controllare anche le patologie più gravi. Uno dei nostri principali obiettivi deve essere quindi favorire il più possibile l’appropriatezza prescrittiva e questo può avvenire anche grazie ad una maggiore collaborazione tra lo specialista ospedaliero e il pediatra di famiglia. Le scelte terapeutiche devono essere più possibile condivise, tra i diversi livelli di specialistica, soprattutto quando il paziente necessita un continuo aumento della cura per mantenere sotto controllo la patologia. Si tratta di una condizione molto frequente e che se non viene correttamente gestita può determinare riacutizzazioni della malattia e ricoveri in strutture sanitarie specializzate”. “La cooperazione con il sistema delle cure primarie deve essere potenziata anche per l’assistenza ai pazienti colpiti da patologie potenzialmente letali – aggiunge il prof. Fabio Cardinale, Coordinatore scientifico del Congresso e Direttore della UOC di Pediatria, Pneumologia Pediatrica e PS dell’Ospedale Giovanni XXIII di Bari -. L’asma grave può colpire fino al 5% del totale dei casi riscontrati tra i giovanissimi. Grazie ai farmaci biologici, recentemente introdotti, possiamo garantire una buona aspettativa e qualità di vita. Sono terapie estremamente innovative e mirate che vanno a contrastare solo alcuni dei meccanismi all’origine della patologia”.

 

 

 

TUMORI: MANIPOLARE IL SISTEMA IMMUNITARIO PER COMBATTERE LA MALATTIA

 

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Verona,  10 ottobre 2019 –  Le cellule T del paziente (linfociti T che agiscono contro la malattia) possono essere prelevate dal sangue periferico o dal tumore, cresciute in grandi quantità in laboratorio e restituite al paziente dopo averle “rinvigorite” (TIL Therapy, Tumor Infiltrating Lymphocyte), o “ingegnerizzate” in modo da riconoscere il bersaglio da eliminare (CAR-T Therapy, Chimeric Antigen Receptor T-cell). Due strategie che rientrano nella terapia cellulare, in particolare nella cosiddetta “immunoterapia adottiva”, la frontiera più avanzata nella lotta contro il cancro, oggi applicata nei tumori del sangue e che, nei prossimi anni, sarà estesa a neoplasie solide come il melanoma, il tumore della mammella, dell’ovaio e il glioblastoma.
Ecco l’approccio che sarà al centro del dibattito del XVII Congresso internazionale NIBIT (Network Italiano per la Bioterapia dei Tumori), in programma a Verona dall’11 al 13 ottobre.
NIBIT nacque 15 anni fa su impulso di Giorgio Parmiani, uno dei padri fondatori della immunoterapia del cancro, e per volontà di un piccolo gruppo di medici e ricercatori interessati a generare una rete cooperativa che coordinasse l’attività dei diversi gruppi italiani che si occupano della bioBATTEREterapia e dell’immunoterapia del cancro. “Oggi NIBIT è una delle poche realtà italiane che coniuga, in perfetto equilibrio, clinica e ricerca – spiega Mario Paolo Colombo, Presidente NIBIT e Direttore dell’Unità di Immunologia Molecolare all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, IRCCS -. Raccoglie scienziati in tutto il territorio nazionale, promuovendo attività che spaziano dallo sviluppo di interazioni scientifiche, professionali e operative tra esperti dei vari settori coinvolti nella bioterapia del cancro, alla formazione di nuovi specialisti fino all’informazione dei cittadini.
Nel 2019, in Italia, sono stimati 371mila nuovi casi di cancro e complessivamente, ogni anno, circa 28mila cittadini sono colpiti da neoplasie del sangue. “La medicina di precisione trova nella terapia cellulare la sua espressione più completa – afferma Pier Francesco Ferrucci, Presidente eletto NIBIT e Direttore Unità di Bioterapia dei Tumori, Istituto Europeo di Oncologia di Milano, IRCCS -. Quest’ultima costituisce il campo di applicazione della personalizzazione delle cure, il braccio armato della ricerca traslazionale e può fungere da integrazione e supporto ad altre terapie, favorendo la reazione dell’organismo nei confronti del tumore, in pratica, utilizzando le stesse cellule del sistema immunitario del paziente. Pochi sono i Centri che utilizzano i TIL, ma sono in aumento gli studi clinici in corso nel mondo con terapie cellulari CAR-T (circa 190), di cui una dozzina in Europa. La maggior parte è riferita alla cura di linfomi o delle leucemie, circa 60 sono indirizzati al trattamento dei tumori solidi. In generale, queste procedure sono complesse e richiedono competenze specifiche, ma sono potenzialmente molto efficaci e applicabili a vari tipi di neoplasie”.
A Verona sarà presente anche James Patrick Allison, Premio Nobel 2018 per la Medicina proprio per i suoi studi che hanno permesso di identificare i famosi immuno checkpoints che regolano la risposta immunitaria, aprendo la strada all’immuno-oncologia nella lotta contro il cancro.
“Il vantaggio di questo tipo di immunoterapia è costituito dalla sua efficacia ‘trasversale’, in diverse patologie, indipendentemente dalle caratteristiche del paziente – sottolinea Vincenzo Russo, Consigliere NIBIT e Direttore Unità di Immuno-bioterapia del Melanoma e dei Tumori Solidi al DIBIT, Ospedale San Raffaele di Milano, IRCCS -. In prospettiva, le terapie cellulari saranno utilizzate in combinazione con la chemioterapia, con le terapie a target molecolare e con l’immunoterapia ‘tradizionale’, rappresentata dagli inibitori di checkpoint immunitario. Questi ultimi infatti, permettono di rompere il sistema che il tumore utilizza per ‘nascondersi’, sbloccando il freno del sistema immunitario. L’intervento successivo delle terapie cellulari permette di svolgere un’azione estremamente mirata su caratteristiche specifiche delle cellule tumorali”.
Al congresso veronese verrà anche presenta la neonata ENCI (European Network for Cancer Immunotherapy), di cui NIBIT è socio fondatore. “La globalizzazione della ricerca scientifica ha spinto NIBIT a cercare maggiori interazioni con gli attori internazionali ed è stata promotrice di ENCI, che ora comprende la società tedesca CIMT e la francese EATI, ma già altre realtà europee bussano alla porta per essere ammesse al network – conclude Matteo Bellone, Segretario/Tesoriere NIBIT e Direttore Unità di Immunologia Cellulare al DIBIT, Ospedale San Raffaele di Milano, IRCCS -. Grazie al coinvolgimento in ENCI, NIBIT parteciperà all’organizzazione scientifica del convegno mondiale d’immunoterapia del cancro (CICON), che si terrà a New York nel 2020, permettendoci quindi di mettere in risalto le migliori scoperte italiane. NIBIT ha anche convinto i colleghi di ENCI e le società americane organizzatrici (American Association for Cancer Research e Cancer Research Institute) a scegliere Milano come sede per il meeting mondiale del 2021. Tra due anni, NIBIT e l’Italia saranno al centro della ricerca clinica e di laboratorio nell’ambito dell’immunologia e immunoterapia dei tumori, attirando nel capoluogo lombardo quasi duemila esperti del settore”.