Biopsia liquida, un’arma efficace contro il tumore al seno

Grazie alla ricerca scientifica si stanno ottenendo risultati importanti nell’individuazione di strumenti diagnostici e terapeutici più precisi ed efficaci

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Pordenone, 20 febbraio 2020 – In Italia nel 2019 le donne colpite dal carcinoma della mammella sono state in totale 1.450. L’89% delle pazienti riesce a sconfiggere la malattia, soprattutto se viene individuata nelle fasi iniziali. Nella regione nord-orientale l’incidenza è superiore rispetto alla media nazionale con 170 nuovi casi annui ogni 100.000 donne confronto la media nazionale è di 146. Gli indicatori statistici di sopravvivenza hanno dimostrato un netto e costante aumento della probabilità di sopravvivere dopo il tumore della mammella nelle donne del Friuli-Venezia Giulia, +9% dopo 5 anni dalla diagnosi. Tuttavia, nonostante i grandi progressi ottenuti dalla ricerca, ogni anno ancora più di 300 decessi sono causati dalla neoplasia (oltre 12mila in tutta la penisola). Sono questi alcuni dei dati emersi durante la prima giornata del convegno nazionale Focus sul Carcinoma Mammario che si apre oggi a Pordenone. “Il carcinoma mammario è la neoplasia in assoluto più frequente nel nostro Paese e interessa in totale 800mila donne – afferma il prof. Fabio Puglisi, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica presso il Centro di riferimento Oncologico di Aviano e Responsabile Scientifico del Convegno di Pordenone -. Nella nostra Regione riusciamo a garantire un ottimo livello d’assistenza, nonché un accesso capillare ai trattamenti innovativi. È recente, inoltre, l’approvazione della Delibera della Giunta Regionale sulla Rete Oncologica del Friuli-Venezia Giulia. Siamo agli albori di un nuovo assetto organizzativo indispensabile per garantire un proficuo confronto tra i professionisti coinvolti nei percorsi di diagnosi e cura della patologia oncologica. Fra gli altri obiettivi, vi è l’intenzione di adottare programmi di ricerca condivisi e inseriti nel contesto dei bisogni clinici propri del territorio”. La sessione pomeridiana inaugurale del convegno di Pordenone è dedicata alle grandi opportunità offerte dalla così detta biopsia liquida. “Attraverso un semplice esame del sangue possiamo individuare le cellule tumorali e il DNA tumorale circolanti – prosegue il prof. Michelino De Laurentiis, Direttore del Dipartimento di Senologia e Toraco-Polmonare dell’Istituto Tumori di Napoli -. Sono informazioni indispensabili che ci permettono di capire quali potranno essere i mutamenti biologici del cancro. Con le biopsie tradizionali, svolte sui tessuti, abbiamo solo una semplice fotografia momentanea dello stato della malattia. Ora invece si definiscono in modo più preciso i target terapeutici ed è possibile prevedere un utilizzo più accurato e personalizzato dei trattamenti disponibili. Il monitoraggio dell’evoluzione della malattia ha come obiettivo anche la diagnosi precoce di un’eventuale recidiva”. “La ricerca si sta concentrando soprattutto nella cura degli stadi precoci del carcinoma mammario – sottolinea la prof.ssa Lucia Del Mastro, Coordinatrice della Breast Unit dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova e relatrice al convegno friulano -. Le terapie tendono ad essere sempre più spesso neo-adiuvanti e quindi somministrate nella fase preoperatoria per ottenere un trattamento chirurgico conservativo e meno invasivo. L’obiettivo è risparmiare l’asportazione dei linfonodi dell’ascella e ridurre comorbilità e complicanze, prima fra tutte il linfedema del braccio”. “Sono soprattutto due le tipologie di cure dove di recente abbiamo assistito alle principali innovazioni – prosegue Del Mastro -. La prima riguarda i carcinomi HER2-positivi per i quali è disponibile il farmaco immunoconiugato TDM-1. Viene utilizzato quando la chemioterapia, combinata con farmaci anti-HER2 tradizionali, non è in grado di eradicare totalmente la malattia presente a livello mammario o linfonodale. La seconda riguarda invece i tumori triplo negativi che attualmente presentano le prognosi peggiori. La novità è rappresentata dall’immunoterapia che sta dando dei risultati interessanti proprio in questo sottogruppo di casi particolarmente aggressivi. Sono allo studio nuovi trattamenti in grado di riattivare il nostro sistema immunitario contro il tumore. I farmaci immunoterapici combinati con la chemioterapia sembrano aumentare la probabilità di ottenere la remissione completa della malattia”. Infine, dal convegno nazionale organizzato in terra friulana arriva un appello a tutte le donne residenti nel nostro Paese. “È assolutamente necessario aderire ai programmi di screening e sottoporsi alla mammografia – conclude la prof.ssa Chiara Zuiani, Direttore dell’istituto di Radiologia dell’Universita’ di Udine e Past-President della sezione di Senologia della Società Italiana Radiologia Medica (SIRM) e relatrice al meeting di Pordenone -. Attualmente poco più del 54% delle italiane si sottopone regolarmente a questo esame e in Friuli-Venezia Giulia la percentuale sale al 70%. Grazie a questi controlli è possibile ridurre fino al 30% il tasso di mortalità della neoplasia”.

TUMORE DEL POLMONE: NEL 2019 COLPITI 900 CITTADINI IN SARDEGNA

Olbia in prima linea nella lotta contro la malattia

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 Olbia, 19 dicembre 2019 –Per le persone colpite di carcinoma polmonare, l’immuno-oncologia sta cambiando le prospettive di cura. E la struttura di Oncologia Medica e CPDO della ASSL di Olbia, diretta dal dott. Salvatore Ortu, è in prima linea nel sostegno concreto ai pazienti. L’ospedale della città sarda è uno dei primi centri in Italia ad aver avviato un programma di supporto completamente gratuito per i cittadini con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio III non operabile, che include visite settimanali con un fisioterapista respiratorio, supporto telefonico da parte di personale infermieristico specializzato e un servizio speciale di trasporto dal centro di oncologia a quello di radioterapia. Il programma (IMPACT) rappresenta la prima esperienza in Italia di questo tipo ed è parte della campagna nazionale Semplicemente IO, promossa da AstraZeneca, con il patrocinio dell’associazione WALCE (Women Against Lung Cancer in Europe).“IMPACT permette di valorizzare e mettere in comunicazione tutte le strutture presenti sul territorio, integrandole in percorsi al servizio dei pazienti e dei familiari – spiega il dott. Claudio Sini, Dirigente medico dell’Oncologia Medica di Olbia e referente del progetto -. La Sardegna si caratterizza per l’ampiezza territoriale e la conseguente distribuzione della popolazione in luoghi impervi, spesso non facili da raggiungere e lontani dai centri di riferimento. Per superare questi ostacoli, è fondamentale l’attivazione di programmi al servizio dei malati che permettano di superare le difficoltà logistiche. È evidente, inoltre, il ruolo chiave del team multidisciplinare per un’adeguata selezione e per la corretta gestione dei pazienti con tumore polmonare localmente avanzato. IMPACT favorisce il dialogo tra tutte le specialità coinvolte nella cura della neoplasia, con l’obiettivo di creare un percorso diagnostico-terapeutico interaziendale”.L’85% delle diagnosi riguarda il tumore del polmone non a piccole cellule, il più frequente. Un terzo dei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule riceve una diagnosi di malattia in stadio III: 250 casi nella Regione nel 2019. “Si tratta di una patologia complessa che richiede un approccio multidisciplinare e che oggi, grazie all’immuno-oncologia, ha un’opzione terapeutica valida che incrementa la percentuale di pazienti curabili e potenzialmente guaribili – sottolinea il dott. Sini -. Il trattamento sequenziale con Durvalumab, in aggiunta al trattamento standard di chemio-radioterapia, è stato infatti la prima immunoterapia a dimostrare un beneficio significativo di sopravvivenza globale in questo stadio, con il 57% dei pazienti vivo a 3 anni”. Il progetto Semplicemente IO è stato avviato lo scorso gennaio per affiancare e sostenere medici e pazienti lungo il complesso percorso di diagnosi, gestione e trattamento del tumore del polmone in stadio III non resecabile. Il progetto, in questi mesi, ha visto la realizzazione e la distribuzione di una collana editoriale, “Semplificando”, per spiegare ai pazienti l’immuno-oncologia e lo stadio III della malattia. “Semplificando” è disponibile attraverso diversi canali: card cartacee disponibili presso i centri di oncologia medica (3 cartoline trattano temi come la stadiazione, la combinazione di chemioterapia e immuno-oncologia e la sorveglianza immunitaria), il sito www.semplicementeio.it, il sito e la pagina Facebook “La vita con il cancro al polmone” e la pagina Facebook di WALCE. Indirizzata ai soli clinici è infine la app (Staging NSCLC) dedicata alla stadiazione e alle linee guida. Semplicemente IO include anche attività specifiche sull’alimentazione. Sono state realizzate le “Pillole di Salute” (opuscolo e condivisione dei contenuti sui canali social), in collaborazione con il food mentor Marco Bianchi, con consigli sulla dieta da seguire prima, durante e dopo il trattamento. Inoltre, è stata siglata una partnership con un’azienda per la consegna di cibo a domicilio, con l’emissione di voucher che il clinico può proporre al paziente, così da semplificare gli aspetti legati all’alimentazione durante il trattamento.

Tumore al polmone: immunoterapia aumenta la sopravvivenza globale a 5 anni

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13 Settembre 2019 – Dopo cinque anni, i pazienti trattati con nivolumab continuavano ad avere un beneficio di sopravvivenza globale (OS) a lungo termine rispetto a docetaxel. I tassi di OS a 5 anni sono stati del 13,4% per nivolumab e 2,6% per docetaxel. Il beneficio di sopravvivenza globale del trattamento con nivolumab è stato osservato in tutti i sottogruppi di pazienti. Il profilo di sicurezza per i pazienti trattati con nivoumab è stato in linea con i precedenti dati riportati per NSCLC in seconda linea. Non è stato osservato nessun nuovo segnale di sicurezza con il follow-up esteso. Dei pazienti ancora in studio, solo 2 su 70 hanno manifestato un nuovo evento avverso legato al trattamento tra il terzo e il quarto anno, nessuno tra il quarto e il quinto anno nei 55 pazienti rimasti nello studio. Nei pazienti con una risposta obiettiva a nivolumab, il 32,2% ha continuato a osservare risposta a 5 anni, rispetto allo 0% con docetaxel. La durata mediana della risposta è stata di 19,9 mesi nei pazienti trattati con nivolumab rispetto a 5,6 mesi con docetaxel. Scott Gettinger, M.D., professore di Oncologia Medica al Yale Cancer Center, ha commentato: “I dati degli studi CheckMate -017 e -057 a cinque anni evidenziano la durata dell’efficacia di nivolumab in questa popolazione di pazienti rispetto alla chemioterapia tradizionale”. “Fin dall’approvazione da parte della Food and Drug Administration statunitense nel 2015 nel tumore del polmone non a piccole cellule in seconda linea, nivolumab è divenuto un’importante opzione di trattamento per questa popolazione di pazienti, che storicamente si confrontano con tassi di sopravvivenza a cinque anni inferiori al 5% quando trattati con la chemioterapia standard” ha aggiunto Sabine Maier, M.D., development lead, Thoracic Cancers, Bristol-Myers Squibb. “Gli esiti di sopravvivenza a lungo termine di questi due studi in un’ampia popolazione di pazienti si aggiungono alle evidenze che supportano la durata dei regimi contenenti nivolumab, che sono state ora dimostrate in molteplici tipi di tumori e linee di terapia”. Questa analisi cumulativa, che rappresenta il più lungo follow-up di pazienti precedentemente trattati con tumore del polmone trattati con terapia immuno-oncologica in studi randomizzati di fase 3, è stata resa pubblica in una presentazione orale (OA14.04) alla 20a Conferenza mondiale sul tumore del polmone (WCLC – World Conference on Lung Cancer) dell’International Association for the Study of Lung Cancer (IASLC, Associazione internazionale per lo studio del tumore del polmone) a Barcellona.

La lotta e la prevenzione del tumore del polmone arriva al Festival del Cinema di Venezia

La prof.ssa Silvia Novello (presidente di WALCE e co-sceneggiatrice della pellicola): “Grazie al grande schermo possiamo veicolare messaggi positivi alla popolazione”

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Venezia, 04 settembre 2019 – Oggi pomeriggio alla Mostra (ore 16) sarà proiettato il cortometraggio intitolato: “Roller Coaster – Montagne russe”. La storia è basata su casi clinici reali e la regia è affidata alla mano esperta di Manuela Jael Procaccia, mentre la sceneggiatura nasce dalla sua collaborazione con la prof.ssa Silvia Novello (Presidente di WALCE – Women Against Lung Cancer in Europe). Il cast è formato da medici veri e da attori professionisti e le protagoniste sono Eliana Miglio e Chiara Iezzi. La pellicola narra la storia di Luisa e Lea: due donne entrambe affette da un tumore del polmone in stadio avanzato. Il loro percorso di cura si snoda in una sfrenata corsa sulle montagne russe, mentre il team di medici discute dei due casi clinici e della terapia in corso. “Il rapido evolversi dei trattamenti e l’iter diagnostico in continua evoluzione fanno sì che anche il processo formativo del personale sanitario, che deve affrontare il cancro, sia spesso complesso e articolato – afferma la prof.ssa Silvia Novello, Presidente di WALCE Onlus -. Quello che offre la cinematografia è un supporto estremamente utile nel coadiuvare chi fa educazione in ambito sanitario. Allo stesso modo la disseminazione di informazioni importanti può essere ben veicolata dal cinema, senza stravolgerne il senso e i contenuti e facendo capire a tutti concetti altrimenti difficili da far penetrare. Il tumore del polmone risulta in diminuzione per gli uomini mentre fra le donne la situazione diventa ogni anno più preoccupante, perché i nuovi casi e i decessi sono in crescita. Quindi le protagoniste della nostra pellicola non potevano che essere due donne”. “Anche i media sono in costante trasformazione ma il cinema rimane un punto fermo nella trasmissione e condivisione di messaggi – aggiunge Manuela Jael Procaccia, sceneggiatrice e regista del cortometraggio -. Il grande schermo ha un potenziale comunicativo molto efficace e diretto. Da figlia di medici, la medicina mi scorre nelle vene. Ho quindi scelto il cinema per raccontare delle storie. E il cinema può parlare di tematiche legate alla medicina e favorire così la prevenzione di gravi patologie”. “Grazie a questo cortometraggio vogliamo far conoscere qualcosa in più su una malattia ancora oggi stigmatizzata socialmente per via della sua stretta correlazione col fumo – conclude la prof.ssa Novello -. Questo impedisce alle persone di provare quel senso di empatia e solidarietà, che spinge chi ne è affetto a sentirsi solo e colpevolizzato per una condizione che, in realtà, non si è cercata. Raccontare la storia di Luisa e Lea all’interno di un evento come la Mostra del Cinema di Venezia è sicuramente un modo per cercare di educare la popolazione, facendo conoscere meglio alcuni aspetti legati alla malattia, che sono per lo più condivisi solo in ambito medico”.

 

 

TUMORE DEL POLMONE: NASCE LA LUNG AMBITION ALLIANCE CON L’OBIETTIVO DI RADDOPPIARE LA SOPRAVVIVENZA A 5 ANNI

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Un paziente su cinque colpito da cancro al polmone è vivo 5 anni dopo la diagnosi

Milano, 12 luglio, 2019 – L’International Association for the Study of Lung Cancer (IASLC), il Guardant Healt, la Global Lung Cancer Coalition (GLCC) e AstraZeneca hanno annunciato la nascita della Lung Ambition Alliance, una nuova partnership con la coraggiosa ambizione di eliminare il cancro al polmone come causa di morte. Il primo obiettivo dell’Alliance è quello di raddoppiare la sopravvivenza a cinque anni per i pazienti affetti da questo tumore entro il 2025.
Ogni 18 secondi, una persona perde la vita a causa del cancro al polmone e, solamente nel 2018, per questa malattia sono morte approssimativamente 1,8 milioni di persone. 1 Al 40 per cento dei pazienti la malattia viene diagnosticata quando il tumore si è già diffuso oltre i polmoni e la prognosi si è ormai aggravata. 2 Oggi, solo un paziente su cinque colpito da cancro al polmone è vivo 5 anni dopo la diagnosi. 3

Jesme Fox, Segretario della Global Lung Cancer Coalition, ha commentato: “La Lung Ambition Alliance nasce in un momento cruciale per il cancro al polmone. I progressi scientifici hanno permesso di trasformare la diagnosi, il trattamento e la gestione della malattia. Vi sono, tuttavia, ancora barriere che impediscono di migliorare e accelerare la cura. Come attori della comunità impegnata nella lotta al cancro al polmone, abbiamo la responsabilità di unirci con urgenza al fine di sostenere e proporre le migliori soluzioni ai pazienti”.

L’Alliance unisce competenze specifiche e complementari che includono ricerca e formazione (IASLC), diagnostica (Guardant Health), supporto dei pazienti (GLCC), ricerca e sviluppo di nuovi farmaci (AstraZeneca).
Incrementare la percentuale di screening e di diagnosi precoci, mettere a disposizione farmaci innovativi e migliorare la qualità della cura per le persone affette da cancro al polmone sono le tre priorità identificate dai soci fondatori. I progetti iniziali che l’Alliance intende supportare sono:

1. Early Lung Imaging Confederation (ELIC), un nuovo database globale di screening basato sul cloud, pensato per migliorare la diagnosi e la gestione multidisciplinare del tumore al polmone in stadio precoce. Il progetto si basa sulle crescenti evidenze che supportano l’utilizzo dello screening con tomografia computerizzata (TC) per favorire la riduzione della mortalità. 4 Questo insieme di immagini e dati può essere usato per migliorare la costruzione dei modelli di rischio, la diagnosi e gli strumenti diagnostici, proponendosi come nuovo standard globale per la qualità dei dati. In una fase successiva, l’intelligenza artificiale (IA) potrebbe essere applicata per migliorare ulteriormente l’affidabilità degli strumenti attraverso lo screening con tomografia computerizzata. L’Alliance contribuirà alla raccolta dati, già iniziata nella seconda metà del 2018 da IASCL, per questo database e assisterà nella misurazione degli outcome dei pazienti nelle diverse fasi del percorso di cura (inclusa la diagnosi iniziale, il primo trattamento e il follow up).

Giorgio Scagliotti, Presidente IASLC, ha commentato: “Uno screening efficace è fondamentale per identificare e diagnosticare precocemente il cancro al polmone e altre neoplasie toraciche, con benefici in termini di opzioni di cura disponibili e probabilità di sopravvivenza. L’applicazione di approcci di ‘quantitative imaging’ come ELIC può migliorare l’accuratezza e l’efficienza dello screening del tumore al polmone. La nostra piattaforma si propone di diventare un’importante risorsa globale per i ricercatori e per i team di cura che desiderano ampliare la loro conoscenza. La Lung Ambition Alliance fornirà il focus, l’esperienza e le risorse necessarie per accelerare l’espansione del nostro database”.

2. Major Pathologic Response Project, una raccolta di dati provenienti da studi clinici che possono essere utilizzati per la validazione degli endpoint surrogati e per l’individuazione di biomarcatori predittivi, i quali potrebbero consentire una migliore identificazione delle caratteristiche del tumore. Gli obiettivi del progetto sono quelli di accelerare lo sviluppo di una nuova generazione di trattamenti target e di guidare verso un intervento precoce laddove vi sia un maggiore potenziale di cura. 5 L’Alliance aiuterà a raccogliere i dati provenienti da studi promossi da gruppi cooperativi e dall’industria farmaceutica, che possono essere utilizzati con le autorità regolatorie in tutto il mondo nella validazione dei dati clinici più importanti.

AmirAli Talasaz, Presidente e Chief Operating Officer del Guardant Healt, ha commentato: “La medicina di precisione sta migliorando la prognosi per alcuni pazienti affetti da cancro al polmone. Noi crediamo che l’approccio alla medicina di precisione possa essere ancora più efficace quando utilizzato nelle fasi precoci di malattia o immediatamente dopo la recidiva. Il Major Pathologic Response Project aiuterà ad accelerare lo sviluppo di opzioni terapeutiche potenzialmente curative, con l’identificazione di endpoint surrogati che possono essere usati per velocizzare studi clinici e nuovi approcci diagnostici – ad esempio la localizzazione del DNA di cellule tumorali circolanti all’interno dei campioni di sangue – al fine di identificare i pazienti con una prognosi peggiore, permettendo una valutazione della risposta terapeutica e un monitoraggio della recidiva routinari”.

3. Initiatives in Lung Cancer Care (ILC2), un bando il cui lancio è previsto nella seconda metà del 2019, che invita le Associazioni dei Pazienti di tutto il mondo a sviluppare e presentare progetti pilota a livello locale che possano trasformare la cura e incrementare la sopravvivenza. Il bando mira a supportare la comunità di pazienti affetti da cancro al polmone, supportando le migliori pratiche multidisciplinari, informando i pazienti sulle opzioni terapeutiche e fornendo supporto alla qualità della vita degli stessi durante e dopo il trattamento. Un comitato composto dai rappresentanti dei membri della Lung Ambition Alliance valuterà e selezionerà le candidature che hanno soddisfatto i criteri per il finanziamento.

Patrick Connor, Vice President e Global Franchise Head, Tumor Drivers and Resistance Mechanisms di AstraZeneca, ha commentato: “Il cancro del polmone è una malattia estremamente invasiva sulla sfera personale e nel mondo gli approcci di cura possono variare molto. Al fine di raggiungere il nostro obiettivo di sopravvivenza, dobbiamo incoraggiare iniziative che affrontino gli ostacoli a livello nazionale e implementino lo screening e la diagnosi precoce, aiutino lo sviluppo di una medicina innovativa e migliorino la qualità della cura. Attraverso l’unione con attori che dispongono di ampie reti globali e di aree distinte ma complementari, in merito al cancro del polmone, ci troviamo nella posizione migliore per dedicarci ai problemi che affrontano questi pazienti”.

L’Alliance promuoverà un’indagine internazionale, guidata da Ipsos MORI, al fine di identificare le barriere locali che necessitano di attenzione prioritaria. I risultati, attesi per l’autunno del 2019, saranno utilizzati per affinare ulteriormente e determinare le priorità della Lung Ambition Alliance. Per informazioni sull’indagine e per sapere come la comunità possa condividere le proprie opinioni visita il sito LungAmbitionAlliance.org.

Lung Ambition Alliance
La Lung Ambition Alliance è una partnership distintiva di differenti organizzazioni, unite nell’obiettivo di eliminare il cancro del polmone come causa di morte. Lo scopo dell’Alliance è quello di accelerare il progresso e apportare un cambiamento significativo per i pazienti affetti da tumore al polmone amplificando le competenze di ciascun partner e dando priorità a progetti di impatto per il raggiungimento di tale obiettivo. I partners fondatori – la International Association for the Study of Lung Cancer (IASLC), il Guardant Health, la Global Lung Cancer Coalition (GLCC) e AstraZeneca – esploreranno e supereranno le barriere allo screening e alla diagnosi precoce, allo sviluppo di farmaci innovativi e alla qualità della cura, perseguendo una visione ambiziosa riguardo al futuro del cancro al polmone, che inizia con il raddoppiamento della sopravvivenza a 5 anni entro il 2025.

Per ulteriori informazioni, visita www.lungambitionalliance.it

ONCOLOGIA: SEMPRE PIU’ TERAPIE INNOVATIVE CONTRO IL TUMORE DEL SENO, MA SOLO LA META’ DELLE DONNE ESEGUE REGOLARMENTE LA MAMMOGRAFIA

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Cremona, 15 marzo 2019 – Ancora troppo poche italiane aderiscono ai programmi di screening per il tumore del seno. Solo il 56% delle donne ha eseguito la mammografia, l’esame salvavita in grado di diagnosticare precocemente la malattia. La Lombardia è una Regione virtuosa e presenta uno dei tassi d’adesione tra i più alti della Penisola (67% di aderenza). Ciò nonostante ancora una donna su tre non si sottopone agli screening. Un fenomeno che preoccupa dal momento che la neoplasia ogni anno provoca ancora in tutta la Penisola oltre 12mila decessi. E si registrano ancora forti differenze territoriali. Nel Mezzogiorno, dove l’adesione agli screening è inferiore rispetto al Settentrione, la sopravvivenza è leggermente più bassa. Nelle Regioni del Sud si attesta all’85% mentre in quelle del Nord all’88%. Da qui l’appello degli oncologi affinché tutte le italiane, d’età compresa tra i 50 e 69 anni, si sottopongano una volta ogni due anni al test gratuito organizzato dalle Aziende Sanitarie locali. La sollecitazione degli specialisti arriva dal convegno Breast Journal Club. L’importanza della Ricerca in Oncologia che si conclude oggi. Per due giorni oltre 300 esperti si sono riuniti a Cremona per discutere le ultime novità emerse sulla patologia. “Il cancro della mammella è una malattia che riusciamo a sconfiggere nell’oltre 80% dei casi – afferma il prof. Daniele Generali, Direttore della UO Multidisciplinare di Patologia Mammaria e Ricerca Traslazionale dell’ASST di Cremona -. E’ un dato positivo ma non si può sottovalutare una neoplasia così diffusa e che interessa una parte del corpo femminile estremamente delicata. Soprattutto i test per la prevenzione secondaria vanno maggiormente incentivati tra tutta la popolazione. Con la mammografia ogni anno individuiamo poco più di 8.000 nuovi casi; purtroppo ancora troppe diagnosi arrivano comunque tardi. Questo determina non poche difficoltà sia alle singole donne che all’intero sistema sanitario nazionale. La diagnosi precoce è l’arma fondamentale nella lotta contro il tumore al seno, permette infatti di aumentare notevolmente le probabilità di guarigione delle pazienti, oltre a consentire interventi più conservativi ed estetici. Proprio per sensibilizzare la popolazione alla prevenzione, le reti oncologiche nazionali insieme alle Istituzioni stanno promuovendo e supportando la costituzione di centri di senologia ovvero Breast Unit, modelli di assistenza specializzati nella prevenzione, diagnosi e cura del carcinoma mammario, caratterizzati dalla presenza di un team coordinato e multidisciplinare in grado di garantire quel livello di specializzazione delle cure, dalle fasi di screening sino alla gestione della riabilitazione psico-funzionale, in grado di ottimizzare la qualità delle prestazioni e della vita delle pazienti e, nel contempo, garantire l’applicazione di percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali (PDTA) in coerenza con le linee guida nazionali e internazionali. Le donne affette da tumore al seno che si curano presso centri dedicati (Breast Unit) hanno un 18% in più di guarigioni definitive e una migliore qualità di vita”.

TUMORE DEL SENO: -24% DI MORTALITA’ SE IL PAZIENTE PRATICA ATTIVITA’ FISICA

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Roma, 27 febbraio 2019 –  Con 150 minuti alla settimana di attività fisica si riduce del 24% il rischio di mortalità per il tumore del seno e del 28% per quello del colon-retto. Non solo. Lo sport rappresenta un ottimo rimedio contro i sintomi della fatigue, uno degli effetti collaterali più frequenti. Si calcola, infatti, che interessi la metà delle persone sottoposte a chemioterapia. Ma gli italiani colpiti da una neoplasia sembrano non essere consapevoli di questi benefici. Se l’88% rispetta le raccomandazioni degli specialisti contro il fumo solo uno su tre modifica il proprio stile di vita sedentario dopo una diagnosi di cancro. E’ quanto emerge dal convegno nazionale La Qualità di Vita in Oncologia promosso oggi dalla Fondazione Insieme contro il Cancro al Ministero della Salute. Rientra in un progetto, realizzato con il supporto non condizionato di AstraZeneca, per incentivare l’attenzione verso la qualità di vita nel paziente, con particolare riferimento alle pazienti con carcinoma della mammella, alla gestione degli effetti collaterali della chemioterapia, ormonoterapia, terapie target e immunoncologia. All’evento partecipano oncologi medici, infermieri, pazienti, familiari, cittadini e Istituzioni. E proprio al convegno è stato presentato il documento finale della Consensus Italiana: Neoplasia della mammella: impatto degli stili e della qualità di vita sull’outcome della malattia in fase precoce e nel setting della malattia avanzata. E’ stato scritto da un comitato di nove oncologi italiani coordinati dal prof. Francesco Cognetti, Presidente della Fondazione Insieme contro il Cancro. “Negli ultimi anni sono aumentate le diagnosi precoci e le terapie anti-cancro sono diventate più efficaci – afferma il prof. Cognetti -. Un problema clinico rilevante è non solo garantire ai pazienti la sopravvivenza ma anche una buona, se non ottima, qualità di vita. Questo aspetto però non sempre viene ritenuto una priorità dall’oncologo, nonostante stia assumendo una dimensione rilevante. In Italia oltre 3 milioni di nostri concittadini vivono con un tumore a la sopravvivenza risulta in aumento. Questa particolare categoria di malati presenta nuove esigenze e bisogni. In totale più del 50% dei pazienti, che ha ricevuto una diagnosi da almeno cinque anni, soffre di effetti collaterali legati ai trattamenti che si manifestano a livello fisico e psico-sociale ed è necessario aumentare la consapevolezza su quali possono essere i rimedi. Anche la scelta tra trattamenti, dotati di simili attività, deve essere guidata dall’eventuale differente tossicità di questi farmaci. In quest’ottica, particolare importanza viene assunta da alcuni comportamenti utili non solo a prevenire il cancro. Oltre all’attività fisica il malato deve prestare grande attenzione al controllo del peso corporeo. Va inoltre eliminato il fumo e limitato il più possibile il consumo di alcol. Un’ampia letteratura scientifica ha dimostrato come siano tutti fattori sui quali bisogna intervenire per evitare la ricomparsa di una neoplasia e migliorare le risposte dell’organismo alle cure oncologiche”.   “Anche l’alimentazione deve essere adeguatamente monitorata sia durante che dopo le terapie – aggiunge il prof. Paolo Marchetti, Direttore dell’Oncologia Medica B del Policlinico Umberto I di Roma -. La malnutrizione può impattare negativamente sulla qualità della vita, ridurre l’efficacia dei trattamenti chemioterapici e di conseguenza anche la sopravvivenza. Oltre l’80% dei pazienti però non ha mai ricevuto una valutazione sul proprio stato nutrizionale. E’ una consulenza ormai imprescindibile e che va personalizzata prendendo in considerazione eventuali perdite di peso e comorbidità. La dieta ideale varia poi in base alla neoplasia e al tipo di trattamento eseguito. Non vanno infine dimenticati gli effetti collaterali delle cure che spesso e volentieri interessano proprio l’apparato gastro-intestinale”.

Tumore al polmone stadio III: Al via la campagna “Semplicemente Io”

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Una campagna per affiancare e sostenere medici e pazienti lungo il percorso di diagnosi, gestione e trattamento del tumore del polmone in stadio III non resecabile. Una neoplasia complessa che colpisce ogni anno 11.700 italiani. Prevede la realizzazione e la distribuzione di materiale informativo e la creazione di una nuova app digitale per gli specialisti. In dieci centri della Penisola saranno attivati gratuitamente alcuni servizi per i pazienti, come visite settimanali con un fisioterapista respiratorio durante il trattamento con chemio-radioterapia e un supporto telefonico da parte di personale infermieristico specializzato, per fornire informazioni utili a prevenire potenziali eventi avversi che possono insorgere in corso di terapia. Per la prima volta in Italia, verrà garantita la possibilità di usufruire di un servizio speciale di trasporto dal centro di oncologia a quello di radioterapia (se non è presente nella stessa struttura). E in più saranno forniti 3.500 coupon con cui il caregiver o il paziente stesso potranno ordinare pasti consegnati poi a domicilio in sei città (Bologna, Milano, Roma, Firenze, Torino e Cagliari). Il tutto sostenuto da una forte attività sui social, video, spot e un portale web. E’ il progetto nazionale Semplicemente IO promosso da AstraZeneca, con il patrocinio dell’associazione WALCE (Women Against Lung Cancer in Europe)

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Intervista : Silvia Novello, Presidente Walce Onlus
https://www.youtube.com/watch?v=ScDRVTno9f0

 

Tumore del rene: una terapia mirata innovativa migliora la qualità di vita

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Milano, 23 Luglio 2018 – Ogni anno in Italia 3.600 nuove diagnosi di tumore del rene negli uomini (il 40% del totale in questa popolazione) sono dovute al fumo di sigaretta. A questo vizio è riconducibile una percentuale inferiore ma significativa anche fra le donne, pari al 25%, cioè a 1.150 casi. E i tabagisti presentano un rischio del 50% più elevato di sviluppare la più diffusa forma di tumore rene, il carcinoma a cellule renali, rispetto a coloro che non hanno mai fumato. Per i pazienti colpiti dalla malattia in fase avanzata da oggi è disponibile una terapia mirata innovativa, tivozanib, in grado di migliorare la qualità di vita grazie a un ottimo profilo di tollerabilità. Alle nuove strategie nella lotta contro questa neoplasia è dedicato un incontro con i giornalisti oggi a Milano. Nel 2017 sono state stimate 13.600 nuove diagnosi in Italia (9.000 uomini e 4.600 donne). “Tivozanib appartiene a una classe di farmaci a bersaglio molecolare che hanno la capacità di colpire obiettivi cellulari precisi e impedire la crescita del cancro – spiega il prof. Camillo Porta dell’Oncologia Medica della Fondazione IRCCS Policlinico ‘San Matteo’ di Pavia -. Questa molecola è caratterizzata da un’elevata selettività d’azione, è molto potente e svolge un’azione antiangiogenica, agisce cioè sui vasi sanguigni che nutrono i tessuti tumorali inibendone la crescita e affamando il tumore. In attesa che venga finalizzato nei prossimi mesi l’iter per la rimborsabilità della molecola con l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), da luglio è partito il ‘Programma di Uso Terapeutico Tivozanib (Expanded Access Program) per il carcinoma a cellule renali (RCC)’ che consente ai pazienti del nostro Paese di accedere in prima linea a questa terapia innovativa. Sappiamo che servono circa due anni perché un farmaco approvato in Europa sia disponibile nel nostro Paese, per cui la decisione di avviare il programma di uso terapeutico è molto importante”. L’agenzia regolatoria europea (EMA), ad agosto 2017, ha approvato tivozanib in prima linea nel carcinoma a cellule renali avanzato in base ai risultati dello studio di fase III TiVO-1 che ha coinvolto 517 pazienti di 76 centri in 15 Paesi. Lo studio ha evidenziato una sopravvivenza libera da progressione mediana con tivozanib di 11,9 mesi rispetto ai 9,1 mesi raggiunti con un’altra terapia mirata (sorafenib). “Il carcinoma a cellule renali rappresenta circa l’85% del totale dei casi – continua il prof. Porta -. L’alto profilo di tollerabilità di tivozanib è dimostrato dal fatto che solo il 14% dei pazienti, rispetto al 43% con sorafenib, ha richiesto una riduzione della dose a causa degli effetti collaterali. Le persone trattate con questa nuova terapia possono condurre una vita ‘normale’, si tratta di un importante beneficio”.

“I sintomi della malattia non sono specifici e possono essere sottovalutati o confusi con altre condizioni come la calcolosi renale – sottolinea il prof. Giuseppe Procopio, responsabile dell’Oncologia Medica genitourinaria della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano -. Quando presenti, i segnali più frequenti sono rappresentati da ematuria, cioè dalla presenza di sangue nelle urine, da dolore sordo al fianco o dalla presenza di una massa palpabile nella cavità addominale a livello del fianco. Il 60% delle diagnosi avviene infatti casualmente, come diretta conseguenza dell’impiego, sempre più diffuso, della diagnostica per immagini in pazienti non sospetti in senso oncologico. Nel cancro del rene la chemioterapia e la radioterapia si sono dimostrate, storicamente, poco efficaci. Pertanto la disponibilità di nuove armi con un impatto positivo sulla qualità di vita potrà migliorare in maniera significativa la capacità di gestione complessiva di questa neoplasia. Inoltre la collaborazione multidisciplinare tra chirurghi, urologi, oncologi medici e radioterapisti, anatomopatologi, psicologi e medici nucleari non deve essere più un’opzione ma un obbligo. Da una medicina basata sul singolo specialista si deve arrivare alla scelta della migliore terapia attraverso l’analisi e il confronto di più professionisti”. La sopravvivenza a 5 anni in Italia è pari al 71% (70% uomini e 72% donne), statisticamente più elevata della media europea (60,6%) e del Nord Europa (55,8%).
Circa il 30% dei pazienti arriva alla diagnosi in stadio avanzato e in un terzo la malattia si sviluppa nella forma metastatica dopo l’intervento chirurgico con limitate possibilità di trattamento. I principali siti metastatici riguardano polmoni, fegato, ossa e cervello. Quindi solo il 30% dei casi guarisce grazie alla sola chirurgia. Oltre al fumo, tra i principali fattori di rischio vanno ricordati il sovrappeso e l’obesità (all’eccesso ponderale è attribuito circa un quarto dei casi), l’ipertensione arteriosa (associata a un incremento del 60% delle probabilità rispetto ai normotesi) e l’esposizione professionale a sostanze tossiche.
“La rivoluzione nel trattamento del tumore del rene è iniziata nel 2005 – afferma il prof. Procopio -. Tredici anni fa, le terapie per i pazienti colpiti dalla forma metastatica erano molto scarse, oggi abbiamo a disposizione 13 farmaci attivi che includono terapie mirate e immunoterapiche. Si tratta di un enorme passo in avanti che ha permesso di triplicare la sopravvivenza a 5 anni nella malattia metastatica, passando dal 10% a oltre il 30%. In particolare l’introduzione degli inibitori delle tirosin-chinasi, in seguito alla scoperta di una peculiarità del carcinoma a cellule renali metastatico, cioè della sua particolare propensione a indurre vasi neoformati, ha profondamente cambiato le prospettive di cura. L’obiettivo è rendere cronica la malattia garantendo una buona qualità di vita”. Un risultato sempre più vicino, visto che oggi nel nostro Paese vivono circa 130mila persone dopo la diagnosi, con un incremento del 31% rispetto al 2010.
“EUSA Pharma è una multinazionale in rapidissima crescita e totalmente dedicata ad offrire terapie innovative particolarmente nel campo delle malattie rare ed in oncoematologia a persone che si trovano a dover affrontare una malattia complessa come il cancro – conclude il dott. Bruno Rago, Direttore Generale ed Amministratore Delegato di EUSA Pharma -. Il bisogno terapeutico dei pazienti affetti da tumore del rene metastatico è ancora largamente insoddisfatto. Per questo, vogliamo collaborare con le società scientifiche e con le Associazioni di Pazienti per promuovere la cultura e la sensibilizzazione verso questa neoplasia”.

Tumori: Breast Unit di Fondazione Poliambulanza ottiene la certificazione europea “Eusoma”

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Brescia, 3 luglio 2018 – La struttura, fondata nel 2012, ogni anno gestisce oltre 400 nuovi casi di donne colpite da tumore del seno provenienti da tutta la provincia bresciana e anche dai territori limitrofi. Di queste pazienti nel 2017 circa 370 sono state totalmente gestite all’interno del percorso istituzionale, una sessantina per patologie benigne. Si aggiungono poi altre donne che sono trattate per recidive o sottoposte a chemioterapia o radioterapia dopo interventi chirurgici effettuati altrove oppure che hanno effettuato solo l’intervento chirurgico nella nostra struttura. Grazie alla certificazione, della più prestigiosa Società Scientifica Europea in questo ambito, viene garantita la presenza di tutti i servizi necessari e la qualità delle prestazioni.
“La certificazione EUSOMA ottenuta è per noi motivo di grande soddisfazione poiché attesta il livello dell’assistenza che garantiamo alle nostre pazienti – afferma la dott.ssa Alessandra Huscher, coordinatrice della Breast Unit di Fondazione Poliambulanza -. In Italia sono, ad oggi, una ventina le Breast Unit accreditate da EUSOMA”.
All’interno della Breast Unit di Poliambulanza lavorano in modo integrato figure professionali diverse: radiologi, tecnici sanitari di radiologia medica dedicati, chirurghi senologi e chirurghi plastici, anatomopatologi, oncologi medici, radioterapisti oncologi, genetisti, medici nucleari, psicologi, fisiatri, fisioterapisti, infermieri con formazione specifica nonché personale dedicato alla raccolta e analisi dei dati clinici. Nel prossimo futuro è verosimile si aggiungano altre figure professionali. L’integrazione funzionale delle professionalità, secondo le modalità richieste per l’accreditamento, consente di garantire un percorso di cura di qualità, efficacia ed efficienza, elevate e misurabili.
“L’approccio multidisciplinare strutturato nell’Unità di patologia è scientificamente dimostrato essere il migliore nel trattamento del tumore della mammella – prosegue la dott.ssa Huscher -. Siamo di fronte a una patologia oncologica complessa, che colpisce una parte del corpo femminile estremamente significativa, e ha quindi necessità cliniche peculiari, oncologiche ma anche ricostruttive e riabilitative, che si associano ad aspetti psicologici delicati, in particolare nei casi in cui devono essere sottoposte a chirurgia demolitiva. Nella nostra Breast Unit per il trattamento ricostruttivo utilizziamo, in parte o totalmente, il tessuto adiposo (lipofilling) della paziente. Va comunque ricordato che esistono delle situazioni in cui non si può ricostruire l’organo per intero o non si può applicare questo tipo di ricostruzione. Quando indicata, anche se parziale, la ricostruzione con tessuto autologo ha dimostrati benefici clinici.”