Aura emicranica, un prodotto nutraceutico dimezza le crisi

In Italia la malattia colpisce oltre 2 milioni e mezzo di persone

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Bologna, 31 maggio 2019 -I nutraceutici, sono sempre più utilizzati per la prevenzione e il trattamento di molte condizioni e patologie. Un prodotto a base di Partenio, 5idrossi-triptofano derivato dalla Griffonia e Magnesio, si è rivelato efficace per prevenire le crisi di aura emicranica e contrastare la cefalea che quasi sempre la segue. L’aura emicranica si manifesta con fenomeni visivi (flash, scotomi, offuscamento della vista), formicolii, e a volte difficoltà nel trovare le parole (afasia). Questi sintomi possono durare da pochi minuti fino a un’ora o più e lasciare una forte sensazione di disagio e spossatezza anche nelle 24 ore successive. Gli specialisti e i pazienti hanno oggi a disposizione un nutraceutico che si è dimostrato estremamente efficace nel ridurre la frequenza, l’intensità e la durata degli episodi non solo dell’aura ma anche dell’emicrania che ne segue. All’utilizzo dei nuovi nutraceutici nella cura di questi disturbi neurologici è dedicata una speciale sessione del IX Congresso Nazione della SINuT (Società Italiana di Nutraceutica) che si è aperto ieri a Bologna. Sono presentati, tra gli altri, anche i dati emersi da uno studio condotto in Lombardia da 9 Centri Cefalea delle principali città Lombarde appartenenti alla Società Italiana Studio delle Cefalee (SISC) su oltre 200 pazienti e pubblicato sull’International Journal of Neurology and Brain Disorders.  “L’utilizzo del prodotto (Aurastop) determina una drastica riduzione degli episodi di aura nella quasi totalità dei casi – afferma il dott. Giorgio Dalla Volta, del Comitato Direttivo della Societa’ Italiana per lo Studio delle Cefalee (SISC), Direttore del Centro Cefalee della Clinica Città di Brescia e relatore della sessione dell’evento bolognese -. La durata dell’aura è ridotta di più del 50% mentre il grado di disabilità è stato ridotto addirittura a un terzo. Quando si manifesta, l’aura è davvero un evento traumatico e scioccante. I pazienti, nei casi più eclatanti, sono convinti di essere colpiti da un ictus o da una altra grave malattia cerebro-vascolare. E questa percezione errata avviene nonostante il disturbo si ripresenti più volte nel corso dell’anno, a volte anche solo a distanza di pochi giorni. Il trattamento con il nutraceutico è privo di controindicazioni ed effetti collaterali e può così ridare una buona qualità di vita a chi lo assume”. “Dobbiamo ricordare che ad oggi non esiste nessuna molecola in commercio che sia stata progettata per bloccare l’aura. Fino ad ora noi clinici non avevamo presidi specifici per trattarla e potevamo solo contrastare la crisi alla comparsa dell’eventuale dolore emicranico con la somministrazione di farmaci analgesici o triptani. Adesso grazie a questo nutraceutico possiamo bloccare all’inizio l’insorgenza dell’aura e la conseguente crisi elettrica che avviene a livello celebrale. Possiamo inoltre evitare, ad un paziente su tre, la comparsa del dolore successivo e a chi compare ridurne l’intensità e rendere più efficace l’eventuale ricorso all’analgesico abituale, come evidenziano i risultati dello studio”. “Al Partenio, 5-HTP da Griffonia e Magnesio, è stata riconosciuta dalle Società Scientifiche italiane ed internazionali un’efficacia clinica nella prevenzione dell’emicrania” aggiunge Dalla Volta.  L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito l’emicrania fra le dieci malattie più disabilitanti. “E’ una patologia sociale che non può essere sottovaluta – conclude Dalla Volta -. In Italia circa 7 milioni di persone soffrono di emicrania e circa un paziente su quattro di questi sviluppa un’emicrania con aura e questo disturbo può diventare molto frequente e comparire anche più volte alla settimana. Occorre che la ricerca prosegua nella messa a punto di nuove soluzioni terapeutiche che rispondano in primis alla richiesta dei pazienti e cioè che siano molecole efficaci ma ben tollerate e i nutraceutici rispondono perfettamente a questo bisogno. Bambini o pazienti anziani, che assumono già tante altre medicine, possono utilizzare con tranquillità queste molecole naturali con beneficio evitando di ricorrere ad altri farmaci. Serve però fare chiarezza in questo variegato mondo dei nutraceutici e questo compito deve essere affidato alle Società Scientifiche che devono, attraverso le linee guida, indicare quali prodotti sono affidabili e quali no per il bene dei pazienti.”

Cistite: l’estate è il periodo piu’ critico per una donna su due, solo il 43% si rivolge al medico.

Parte una campagna educazionale della società scientifica sui social specifica per le varie fasce d’età

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Lecce, 23 maggio 2019 –  La metà delle italiane ammette di aver sofferto, almeno una volta nella vita, della patologia. Tuttavia il 31% ignora che si possa prevenirla mentre solo il 61% è consapevole che vi siano cure efficaci in grado di contrastarla. Appena una su tre indica i rapporti sessuali non protetti e l’igiene intima non corretta come cause principali che ne determinano l’insorgenza. E ben il 72% vorrebbe ricevere maggiori informazioni. E’ quanto emerge da un sondaggio, realizzato on line su oltre 2.000 donne nei giorni scorsi, promosso dall’Associazione Italiana di Urologia Ginecologica e del Pavimento Pelvico (AIUG). I risultati sono stati presentati al XXVIII Congresso Nazionale della Società Scientifica, che si apre oggi a Lecce alla presenza di oltre 500 specialisti da tutta Italia. Per aumentare il livello di consapevolezza su un disturbo ampliamente sottovalutato, l’AIUG avvierà nelle prossime settimane una campagna d’informazione sui social media. Gli uro-ginecologi insegneranno alle donne, d’ogni fascia d’età, quali precauzioni prendere per prevenire il disturbo e i rimedi da adottare per evitare complicanze. “La patologia risulta in crescita e presenta numeri importanti – afferma Gian Luca Bracco, Presidente dell’AIUG -. Il 30% delle italiane è stata colpita almeno una volta negli ultimi 12 mesi e in un caso su quattro la malattia si è ripresentata più volte nel corso di un anno. Si tratta di un’infezione della vescica di origine batterica che si manifesta attraverso bruciore vescicale, forte dolore e presenza di sangue nelle urine”. Le istruzioni che gli uro-ginecologi forniranno via web prevedono anche informazioni e consigli sulle principali cure. “Oggi abbiamo a disposizione diverse opzioni di trattamento – aggiunge Mauro Cervigni, Segretario Scientifico dell’AIUG -. La terapia antibiotica risulta essere quella più prescritta dal personale medico soprattutto per la fase acuta della patologia, non priva però di effetti collaterali. Tra questi va segnalato l’antibiotico resistenza che sta diventando una vera e propria emergenza sanitaria a livello mondiale. In forte ascesa risultano gli integratori alimentari contenenti il mannosio quali D-mannosio, kistionx cistiless e altri. L’ultimo a disposizione si chiama Urixana ad alto contenuto di D-mannosio estratto secco di salice e lattobacilli. Queste sostanze naturali hanno dimostrato di poter svolgere una forte attività anti-infettiva e inibire i batteri che sono alla base dell’insorgenza della patologia”. Sempre dal sondaggio nazionale dell’AIUG emerge anche una chiara difficoltà, da parte delle donne, ad affrontare alcuni temi delicati riguardanti la salute. Il 28% delle intervistate ammette di non parlare con nessuno dei propri disturbi intimi e il 13% chiede invece aiuto o consiglio al partner. Appena il 43% si rivolge invece al proprio medico di famiglia o ad un ginecologo. E spesso quindi si adottano rimedi e cure fai-da-te senza ricorrere al parere di un esperto. “Imbarazzo e pudori devono essere superati – sottolinea Cervigni -. La cistite, infatti, mina seriamente la qualità della vita e se non viene affrontata tempestivamente e nel modo corretto può generare problemi di salute che si protraggono per diversi anni. L’estate è il periodo più difficile da affrontare per una paziente, nonché il momento in cui registriamo un incremento dell’incidenza della malattia. L’umidità e il caldo, tipici di questa stagione, aumentano la proliferazione di microrganismi patogeni. Inoltre è più facile la disidratazione che rappresenta un ulteriore fattore di rischio così come l’alimentazione. Solo il 13% delle italiane è però consapevole che una dieta sana ed equilibrata, e ricca di frutta e verdura, può contrastare le infezioni. Daremo quindi consigli anche su cosa e quanto mangiare e bere quando ci troviamo in spiaggia o in piscina”. L’iniziativa dell’AIUG si svolge interamente on line e vuole combattere anche il preoccupante fenomeno delle fake news. “Sei italiane su dieci affermano di cercare proprio sulla Rete informazioni sul benessere intimo – conclude Bracco -. Per questo la nostra Società Scientifica ha deciso di intercettarle proprio in questo “luogo” con attività specifiche sui social media. Il web rappresenta sempre più una fonte di notizie false o non completamente corrette. Ciò è ancora più pericoloso quando bisogna affrontare un tema delicato come l’uro-ginecologia che interessa la sfera intima e sessuale di una persona. Attraverso diverse iniziative vogliamo soprattutto raggiungere, ed educare, le giovanissime che sono le più esposte al rischio di trovare on line informazioni non corrette”.
Numerosi gli altri temi di grande attualità, sia scientifica che sociale, al centro del meeting di Lecce. Gli uro-ginecologi discutono di dolore pelvico cronico, una patologia che sta sempre più emergendo come vera disabilità sociale. Ampio spazio è riservato anche alle novità terapeutiche dell’incontinenza urinaria e fecale. Infine la giornata di sabato viene dedicata al confronto con le associazioni dei pazienti e con le organizzazioni della società civile che si interessano della salute delle donne. L’evento, dal titolo “Salute della donna, stile di vita e medicina di genere”, vuole affrontare tutte le problematiche del pavimento pelvico. Rientra nella campagna nazionale AIUG contro l’incontinenza urinaria Donna=Disagio? Mai più!

 

DERMATITE ATOPICA: AL VIA LA CAMPAGNA NAZIONALE “DALLA PARTE DELLA TUA PELLE”

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Brescia, 22/05/2019 – Consulti gratuiti in trenta centri ospedaliero-universitari in tutta Italia, con specialisti dermatologi a disposizione su prenotazione per i pazienti che soffrono di dermatite atopica. E’ il programma della campagna di sensibilizzazione promossa da SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse) che si pone l’obiettivo di consigliare il percorso di cura più adatto alle singole esigenze delle persone colpite da dermatite atopica. In Italia si registra un’alta incidenza di dermatite atopica negli adulti: l’8,1% ne soffre, contro una media del 4,9% di altri paesi europei.

“La dermatite atopica è una malattia infiammatoria cronica non contagiosa caratterizzata da un prurito intenso e costante, forte secchezza della cute, comparsa di rossore diffuso e vescicole su diverse aree del corpo, con forte impatto sulla qualità di vita, spesso invalidante – spiega il Presidente Nazionale di SIDeMaST Prof. Piergiacomo Calzavara Pinton -. Fino a pochi anni fa non esistevano terapie sicure e affidabili per il controllo cronico della malattia e talvolta i pazienti, sfiduciati, si convincevano di non avere possibilità di cura e non si facevano più visitare dal dermatologo. Ma oggi la situazione è cambiata: esistono terapie efficaci e altre terapie saranno disponibili a breve”.

La campagna “Dalla Parte della tua Pelle” è promossa da SIDeMaST con il Patrocinio di ADOI (Associazione Dermatologi Venereologi Ospedalieri Italiani e della Sanità Pubblica) e di ANDEA (Associazione Nazionale Dermatite Atopica) e realizzata grazie al contributo incondizionato di Sanofi Genzyme.

Il numero per prenotare è 340 4279447 (dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 15). Per ulteriori informazioni sulle città e centri ospedalieri coinvolti, orari visite e prenotazioni: www.dallapartedellatuapelle.it

Pediatri: pronti a formare gli inseganti sul soffocamento da corpo estraneo

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Roma, 13 maggio 2019 – “Siamo soddisfatti del nuovo Disegno di Legge per la prevenzione e il controllo degli incidenti in ambito scolastico. In particolare guardiamo con grande interesse e attenzione allo sviluppo di nuovi provvedimenti relativi al soffocamento da inalazione di corpo estraneo in riferimento ai quali il DDL prevede la formazione obbligatoria del personale scolastico. Questi incidenti rappresentano una delle principali cause di decesso da incidenti nei bambini da 0 a 3 anni. E continuano ad essere un problema rilevante fino all’inizio dell’adolescenza”. E’ quanto ha dichiarato la Federazione Italia Medici Pediatri (FIMP) durante l’audizione alla Commissione Istruzione pubblica del Senato della Repubblica. L’evento si è tenuto nei giorni scorsi e rientra nei lavori parlamentari sul Disegno di Legge n. 641 “Modifiche al decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, in materia di formazione del personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola dell’infanzia”. “Piccoli oggetti o pezzi di cibo possono ostruire le vie respiratorie e bastano solo quattro minuti per arrivare alla morte cerebrale da anossia cellulare – ha sottolineato il dott. Mattia Doria, Segretario Nazionale alle Attività Scientifiche della FIMP durante l’audizione a Palazzo Madama -. Questo brevissimo lasso di tempo può fare la differenza tra la vita e la morte o l’invalidità grave. E’, quindi, di fondamentale importanza che nelle scuole gli operatori siano preparati ad affrontare queste pericolose situazioni. Come rappresentati della pediatria di famiglia proponiamo di inserire, nel provvedimento, un comma che renda obbligatoria la formazione il personale scolastico anche sulle strategie di prevenzione degli episodi di inalazione. Queste nuove norme, inoltre, dovrebbero essere valide non solo per le scuola dell’infanzia ma anche per tutti gli asili nido”. “Il nostro auspicio è che il DDL concluda al più presto e in modo positivo il suo iter – ha concluso Doria -. Come Società Scientifica siamo pronti a dare il nostro contributo per elaborare nuove strategie di intervento a favore del primo soccorso agli incidenti in ambito scolastico. Infine possiamo, visto la nostra presenza capillare su tutto il territorio nazionale, integrare le attività di prevenzione con una corretta educazione sanitaria rivolte alle famiglie italiane e ai bambini”.

Tumori: Italia leader nel mondo nella ricerca sull’immuno-oncologia

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Roma, 7 maggio 2019 – L’Italia è leader a livello internazionale nelle ricerche sull’immuno-oncologia, che sta cambiando le prospettive di cura in molti tumori in fase avanzata. Il nostro Paese è fra i primi al mondo nelle sperimentazioni in questo campo, che rientra nell’oncologia di precisione, un approccio che mira a offrire il farmaco “giusto” al paziente “giusto” al momento “giusto”, migliorandone così l’efficacia e la qualità di vita. E Bristol-Myers Squibb, pioniere nello sviluppo di terapie che hanno cambiato la storia dell’oncologia, oggi è in prima linea nella ricerca di farmaci innovativi in grado di modificare le aspettative di vita dei pazienti. L’impegno di Bristol-Myers Squibb in oncologia e le nuove frontiere contro i tumori sono al centro di una conferenza stampa oggi a Roma.  “Negli ultimi 10 anni, l’immuno-oncologia, una vera e propria nuova disciplina che utilizza farmaci immunoterapici che stimolano il sistema immunitario contro il tumore, ha rivoluzionato la lotta contro la malattia – spiega il prof. Michele Maio, Direttore della Cattedra di Oncologia dell’Università di Siena e del Centro di Immuno-Oncologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese -. Dopo i primi due grandi passi in avanti rappresentati dalla chemioterapia e dalle terapie mirate, stiamo assistendo a una vera e propria svolta nel trattamento dei tumori grazie alla progressiva estensione dell’efficacia di quest’arma. L’immuno-oncologia rappresenta oggi lo standard di cura in diverse neoplasie in stadio metastatico: dal melanoma, al tumore del polmone non a piccole cellule, al linfoma di Hodgkin, al carcinoma a cellule renali fino a quelli della testa e del collo e al tumore di Merkel. E sono in corso studi sulle neoplasie gastrointestinali, della vescica, del fegato, del seno, dell’esofago, e in molte altre”. In Italia vivono quasi tre milioni e 400 mila persone dopo la diagnosi di tumore e circa due milioni si sono lasciati la malattia alle spalle da più di 5 anni.
“Nel melanoma metastatico, il 20% dei pazienti trattati con ipilimumab, la prima molecola immuno-oncologica, è vivo a 10 anni dalla diagnosi – sottolinea il prof. Paolo Ascierto, Direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Nazionale Tumori Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli -. In seguito è stato introdotto nivolumab, che ha migliorato i risultati. E un ulteriore passo in avanti è stato compiuto con la combinazione delle due molecole in prima linea nel melanoma metastatico: il 53% dei pazienti colpiti da questo tumore della pelle è vivo a 4 anni. Un beneficio che molto probabilmente si manterrà a lungo termine grazie all’effetto ‘memoria’ caratteristico dell’immuno-oncologia. Quest’arma garantisce anche una buona qualità di vita. La sfida immediata è aumentare l’efficacia dei farmaci a disposizione per superare la resistenza alle terapie immuno-oncologiche, che impedisce a circa il 50% dei pazienti di beneficiarne”.  “Nel 2013, la prestigiosa rivista americana Science collocò l’immuno-oncologia al primo posto della ‘top ten’ delle più importanti scoperte scientifiche dell’anno – afferma Emma Charles, General Manager Bristol-Myers Squibb Italia -. Allora sembrava una scommessa, oggi l’immuno-oncologia è una realtà consolidata nel trattamento dei tumori e molte conquiste sono considerate ormai acquisite. Il Premio Nobel per la Medicina assegnato, nel 2018, a James Allison e a Tasuku Honjo per i loro studi su quest’arma ha testimoniato la portata della rivoluzione in corso. Bristol-Myers Squibb, per prima, ha creduto in questo approccio investendo tempo e risorse. Abbiamo introdotto la prima molecola immuno-oncologica, ipilimumab, nel melanoma nel 2013 in Italia e, oggi, nivolumab in monoterapia o in combinazione con ipilimumab è utilizzato in numerose indicazioni comportando un beneficio significativo in sopravvivenza per i pazienti. Oggi continuiamo a essere pionieri negli studi sulle nuove combinazioni di terapie e nella medicina di precisione, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti colpiti da gravi malattie. In Italia sono in corso oltre 80 sperimentazioni su 16 molecole sviluppate dall’azienda in oncologia. Investiamo il 25% dei ricavi in ricerca, proprio per sviluppare terapie sempre più efficaci. Attraverso lo sviluppo sinergico di diagnostica e nuove terapie oncologiche, BMS vuole infine realizzare la promessa della medicina di precisione – individuare il trattamento giusto, per il paziente giusto, al momento giusto”.  “Servono studi sui meccanismi di resistenza e la chiave per scoprirli si trova nel microambiente tumorale, cioè nell’ambiente in cui le cellule malate vivono – afferma il prof. Ascierto -. Il microambiente caldo (infiammatorio) risponde alle terapie immuno-oncologiche perché contiene cellule del sistema immunitario, quello freddo invece sviluppa resistenza perché è privo di infiltrato linfocitario. Le strategie immediate della ricerca mirano proprio a introdurre linfociti nel microambiente freddo perché aggrediscano il tumore. Come? Innanzitutto rendendo più efficaci le armi a disposizione attraverso la combinazione di terapie immuno-oncologiche. Vi sono poi farmaci locoregionali che vengono ‘iniettati’ nel tumore per renderlo ‘caldo’: l’idea alla base del loro funzionamento è che, in questo modo, possa essere modificato il microambiente tumorale. Va anche studiata la giusta sequenza di terapie, obiettivo dello studio Secombit coordinato dal ‘Pascale’ di Napoli: ha coinvolto 244 persone da 22 centri (11 italiani e 11 del resto d’Europa) e si concluderà nel giugno 2021. Il trial sperimenta tre opzioni per individuare la sequenza migliore”.  “La ricerca di laboratorio è cruciale per comprendere le nuove frontiere della lotta alla malattia – sottolinea il prof. Maio -. Oltre alle stesse cellule tumorali ed al microambiente in cui esse vivono, anche la funzionalità del sistema immunitario e del microbiota intestinale (cioè la flora intestinale, l’insieme di organismi, in particolare batteri, che popolano l’intestino) svolgono un ruolo fondamentale nel regolare la risposta immunitaria e, quindi, nel determinare l’efficacia delle terapie immuno-oncologiche. Dobbiamo imparare a conoscere e, quindi, ad aggirare gli ostacoli che ciascuna di queste componenti può opporre all’attività del sistema immunitario. Interessanti sperimentazioni mirano proprio a comprendere in che modo alcuni tipi di flora intestinale favoriscano una migliore risposta a questi trattamenti. Grazie al patto virtuoso siglato fra Università, clinici, industria, pazienti e agenzia regolatoria, l’Italia è in prima linea nella ricerca sulle molecole innovative. Non va però dimenticato il peso decisivo della ricerca indipendente: nel Centro di Siena, ad esempio, grazie a studi condotti dalla Fondazione NIBIT, abbiamo, primi al mondo, iniziato a dimostrare l’efficacia dell’immunoterapia nel mesotelioma pleurico e che farmaci epigenetici possono migliorare l’efficacia del trattamento immunoterapico nel melanoma rendendo il tumore maggiormente ‘visibile’ e riconoscibile da parte del sistema immunitario”.  “Oggi il termine ‘sperimentazione’ non provoca più timore – afferma Monica Forchetta, presidente APaIM (Associazione Pazienti Italia Melanoma) -. Le Associazioni però devono sensibilizzare i pazienti oncologici sull’importanza della ricerca clinica, per far capire loro che, proprio entrando in una sperimentazione, è possibile accedere a terapie innovative anni prima della loro commercializzazione. La ricerca offre grandi opportunità ai pazienti, inoltre in questo modo è possibile aiutare gli altri malati”. “Nessuna azienda ha maggiore esperienza nell’immuno-oncologia di BMS. Con più di 250.000 pazienti trattati con le nostre immunoterapie, BMS ha cambiato le aspettative di sopravvivenza al cancro – conclude Cosimo Paga, Executive Country Medical Director, Bristol-Myers Squibb Italia -. Nivolumab ha ricevuto circa 300 approvazioni a livello globale, con 15 pubblicazioni sulla prestigiosa rivista scientifica ‘New England Journal of Medicine’, e otto studi di fase III sulla molecola sono stati interrotti in anticipo perché hanno raggiunto il beneficio di sopravvivenza. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una importante accelerazione nelle scoperte scientifiche, raggiungendo numerosi traguardi con l’immunoterapia, ma c’è ancora tanto da fare e stiamo lavorando per migliorarne ulteriormente l’efficacia. Innanzitutto dobbiamo estendere l’efficacia dell’immuno-oncologia in tumori dove gli attuali farmaci non sono indicati. Dobbiamo inoltre studiare i meccanismi di resistenza dell’immuno-oncologia e per questo abbiamo da poco inaugurato il centro di ricerca traslazionale negli Stati Uniti (Cambridge, Massachusetts), per accelerare la capacità di identificare soluzioni di medicina di precisione per ogni paziente, integrando discipline che comprendono genomica, imaging, bioinformatica. Il programma di medicina traslazionale di BMS definisce le interazioni complesse e uniche tra il tumore, il microambiente tumorale (TME), il sistema immunitario e il paziente nella sua individualità, analizzando le caratteristiche cliniche e i biomarcatori per stabilire quali pazienti più probabilmente possano beneficiare di terapie specifiche. Infine, la nostra capacità di innovazione deriva anche dalla continua e proficua collaborazione con il mondo accademico. In questo senso, vanno ricordati il progetto GECI, che sigla la partnership fra Bristol-Myers Squibb e circa 30 strutture di ricerca internazionali (in Europa, Giappone, Australia e Canada), e gli ‘R&D Days’, appuntamento annuale che riunisce i più importanti scienziati da tutto il mondo per fare il punto sulle ultime strategie nella lotta al cancro”.

Cuore, migliaia di italiani con problemi valvolari gravi

Solo un paziente su 7 ha accesso alle tecniche transcatetere

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Roma, 3 maggio 2019 – Migliaia di italiani sono affetti da disfunzioni delle valvole cardiache e non hanno accesso a terapie innovative, a causa della frammentazione regionale del Servizio Sanitario Nazionale e delle diverse politiche sanitarie, che non favoriscono adeguata applicazione delle linee guida. Nonostante i progressi scientifici e tecnologici nel campo dell’interventistica cardiovascolare, alla TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation), procedura mini-invasiva eseguita senza aprire il torace e fermare il cuore, non accede neppure il 20% della popolazione candidabile. Per questa e altre procedure interventistiche cardiovascolari, quali la riparazione percutanea della valvola mitrale nei pazienti con rigurgito mitralico e la chiusura percutanea dell’auricola sinistra per la prevenzione dell’ictus nei pazienti con fibrillazione atriale, non trattabili farmacologicamente, restano numerosi ostacoli clinici, organizzativi e finanziari che rischiano di penalizzare fortemente i pazienti. Questo l’allarme emerso nel corso dell’evento ThinkHeart 2019, organizzato dal GISE, la Società Italiana di Cardiologia interventistica (già Gruppo Italiano di Studi emodinamici), proprio per promuovere, in un confronto su politica e gestione sanitaria, standard di cura appropriati.
Dal convegno che si chiuderà domani e che è giunto alla sua quarta edizione, lancia l’allarme il Presidente del GISE Giuseppe Tarantini: “Abbiamo sviluppato nuovi standard diagnostici e terapeutici che hanno migliorato la sopravvivenza alle patologie cardiache come scompenso cardiaco, fibrillazione atriale e malattia coronarica, ma il loro impatto clinico, sociale ed economico è ancora importante. Pensiamo alla TAVI, presente e futuro nel trattamento della stenosi aortica: di 50mila pazienti candidabili alla sostituzione della valvola per via transcatetere, solo 7mila sono quelli trattati. Se consideriamo poi i più recenti dati di epidemiologia condivisi dalla comunità scientifica, includendo anche la popolazione a basso rischio, si registrano 16mila nuovi casi diagnosticati ogni anno”.  GISE, che rappresenta 271 centri di Emodinamica italiani, fra medici e personale tecnico/infermieristico, dal 1979 raccoglie i dati di attività dei laboratori di emodinamica affiliati. 36.887 i dati rilevati, suddivisi in 163 voci, tra diagnostica, interventistica cardiovascolare e strutturale. Un patrimonio informativo essenziale e unico per interpretare le dinamiche cliniche e organizzative e per comprendere il trattamento appropriato alle patologie cardiovascolari.
“Dei quasi 7 milioni di italiani over 75 – riferisce Battistina Castiglioni, membro dell’esecutivo del GISE e responsabile della raccolta dati di attività – il 3,4% (oltre 230mila persone), è affetto da stenosi aortica severa. Dagli ultimi dati raccolti è emerso che gli impianti TAVI che nel 2017 erano stati 5528, nel 2018 sono arrivati a 6888, con un incremento del 24%. Il rapporto TAVI per milione di abitanti che nel 2017 era di 91,2, è cresciuto, toccando nel 2018 quota 114, ma rimane nettamente inferiore rispetto alla Germania (220) e alla Francia (154)”. “L’approccio transcatetere ha una diffusione molto eterogenea tra le Regioni italiane – continua Giuseppe Tarantini – con una maggiore penetrazione soprattutto in quelle del Nord. Forte la disomogeneità tra regione e regione, con valori che vanno da 171 TAVI per milione di abitanti in Lombardia fino a 56 per milione di abitanti in Calabria. Una metodica dunque ancora poco conosciuta e soprattutto riconosciuta, anche dagli stessi decisori sanitari nazionali, regionali e locali. Anche nella riparazione trancatetere della valvola mitrale, la variabilià regionale è rilevante e va da regioni in cui non viene offerta la terapia, a regioni in cui vengono trattati 32 pazienti su un milione di abitanti, dato che comunque non copre il fabbisogno”.
“Abbiamo bisogno di un processo di governance per la valutazione e l’introduzione delle nuove tecnologie, in modo da garantire tempestività e trasparenza – sottolinea il Presidente del GISE -. Chiediamo alle istituzioni coinvolte azioni correttive, per garantire agli italiani l’accesso equo e appropriato a quelle terapie che rappresentano lo standard di cura”.
“Dobbiamo tutti riportare il paziente al centro – conclude Tarantini – dando evidenza alla sostenibilità in termini di appropriatezza clinica e organizzativa. Chiediamo un aggiornamento dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali sulla gestione del paziente, tariffe DRG idonee ed uguali sul territorio nazionale, maggiore programmazione dell’attività e stanziamento di budget basati sul fabbisogno epidemiologico. Solo così ci muoveremo nell’interesse comune e superiore della salute delle persone”.