Brescia, 19 marzo 2020 –“Mi hanno tolto l’ossigeno, sto per uscire!” – è così che esordisce il signor Michele, 41 anni, Consulente informatico forense e perito per 20 tribunali di Italia, tra cui quello di Brescia. È uno di quelli colpiti dal coronavirus – il Signor Michele – ed oggi può dire di aver vinto. Ma il merito non è suo, chiarisce – “i medici di Poliambulanza mi hanno salvato”. È il 28 febbraio scorso quando Michele comincia la sua battaglia per la vita. Da giorni stava poco bene, 39 e mezzo di febbre e la paura di essere infetto. “Volevo fare il tampone, ma non potevo” – spiega -. Al numero verde della Lombardia dicevano che solo chi era stato nella zona rossa (Casalpusterlengo e Lodi) nei 15 giorni addietro poteva farlo”. Non si perse d’animo però. Dopo aver fatto riferimento al medico curante e aver imparato a memoria tutte le informazioni fornite dai servizi alla tv sul coronavirus, sotto casa vede 2 ambulanze. Merito dell’intervento del suo medico curante e insistenza dei suoi familiari. “Non ci potevo credere, pensavo fosse uno scherzo”. Gli operatori del 118 lo sottoposero, tempestivamente, ai controlli necessari e poi una corsa disperata, in codice rosso, verso Poliambulanza.
Al suo arrivo in Ospedale venne portato nel reparto di Terapia Intensiva, dove gli comunicarono la diagnosi “infiammazione polmonare da coronavirus”. Lo avrebbero intubato e sarebbe entrato in coma farmacologico. “Sarei potuto morire. Io 41 anni, fisico di ferro, nessuna patologia pregressa, sarei potuto morire di coronavirus”. Michele ancora non se ne fa una ragione. “Giusto il tempo di togliere le lenti a contatto, qualche telefonata per avvisare della mia condizione e poi…”. Poi l’inizio dei suoi 16 giorni di coma farmacologico. Ma nella fase di semi-coscienza una consapevolezza balza lucida: “Non mi hanno mai lasciato da solo. I medici e gli infermieri si sono presi cura di me”. Lo staff ogni mezz’ora lo teneva d’occhio, gli misurava la pressione e la temperatura. “Io li sentivo toccarmi e non avevo più paura”. “Non riuscivo a riconoscere i volti” – confessa, DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) e mascherine non gli facilitavano il compito. Ma ricorda le voci, “erano tutte donne, solo tre uomini” – spiega senza lasciare spazio al dubbio. E lo trattavano come una persona, mai come un numero “Io ero per loro Michele, un uomo con la sua storia”. “Sapevo che non sarei morto, ero in buone mani”. “Le mani di quelle che sono a loro volta persone – riconosce – con figli e famiglia e che mettono a rischio la loro vita per la nostra stessa vita”. Emozionato, Michele proprio non riesce a nascondere la gratitudine “Vorrei salutare tutto lo staff, ma non posso. Quando si saranno calmate le acque, però li andrò a trovare”. Dopo la Terapia Intensiva – che confessa, scherzando ma neanche troppo, quasi gli dispiace aver dovuto lasciare – Michele è da 4 giorni in reparto, dove tutti si prendono cura di lui e lo tengono sotto stretto monitoraggio.“Quando torno a casa, forse mi bevo una coca cola zero” – quella di cui ha voglia da un bel po’ e sembra gli sia apparsa anche in sogno. Poi si fa serio “Apprezzerò la vita, con la grinta e la serenità di avercela fatta”. Qualcosa questa terribile esperienza sembra avergliela data “La vita è una e non lo dimenticherò”.
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TUMORI: “+15% DI GUARIGIONI IN 10 ANNI IN ITALIA
Chicago, 3 giugno 2016 – Nel mondo nel 2014 sono stati spesi circa 100 miliardi di dollari per i farmaci anti-cancro, il 33% in più rispetto alla fine degli anni Novanta. La spesa globale per queste terapie è cresciuta a un tasso annuo del 6,5% fino al 2013 e del 10,4% nel 2014. A fronte di questi cifre, che mettono a rischio la sostenibilità dei sistemi sanitari, la sopravvivenza è migliorata in modo significativo: in Italia le guarigioni sono aumentate del 15% in 10 anni, oggi infatti il 70% dei pazienti colpiti dai tumori più frequenti può affermare di aver superato la malattia. E per la prima volta nel nostro Paese si è registrata una diminuzione dei nuovi casi, 363.300 nel 2015 rispetto ai 365.500 nel 2014, dovuta soprattutto al minor numero di diagnosi fra gli uomini. Questi risultati rischiano di essere vanificati se non si interviene quanto prima con modifiche strutturali e con un Fondo Nazionale per l’Oncologia per garantire l’accesso alle terapie più efficaci a tutti i pazienti. Il tema della sostenibilità dei sistemi sanitari è al centro dell’agenda del 52° Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), il più importante appuntamento mondiale di oncologia in corso a Chicago fino al 7 giugno, con la partecipazione di oltre 25.000 specialisti. “Rilanciamo la richiesta di un Fondo Nazionale per l’Oncologia, da finanziare con le accise sul tabacco, 1 centesimo in più a sigaretta, per colpire una delle cause del tumore al polmone, tra le forme più diffuse, con circa 41.000 nuove diagnosi registrate nel 2015 – afferma il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) -. La spesa sanitaria totale nel nostro Paese è pari all’8,9% del Prodotto interno lordo, inferiore rispetto alla media (9,8%) degli altri Big UE (Germania, Francia, Regno Unito e Spagna). Numeri molto distanti da quelli degli USA, dove il costo per la salute costituisce il 16,5% del PIL. Investiamo meno risorse rispetto ad altri Paesi, però otteniamo risultati migliori perché il nostro sistema, basato sul principio di universalità, è efficiente. Oggi in Italia sono disponibili 132 farmaci antitumorali, 63 sono stati immessi sul mercato negli ultimi 15 anni. Per continuare a garantire a tutti i migliori trattamenti in oncologia è essenziale individuare risorse aggiuntive. Solo così potremo far fronte alle necessità di quell’esercito di persone, circa 3 milioni di italiani, che combattono contro il cancro. Gli Stati Uniti e i 5 Paesi europei più grandi (Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Spagna) coprono i 2/3 della spesa mondiale per le terapie anti-cancro. L’oncologia rappresenta un capitolo di spesa consistente per i sistemi sanitari di tutto il mondo e si prevede che entro il 2017 costituirà la prima voce di spesa farmacologica nei Paesi industrializzati”.
IL 70% DEGLI ITALIANI SCONFIGGE IL CANCRO
Il presidente Carmine Pinto: “Il 40% dei casi è evitabile con la prevenzione, le nostre campagne per sensibilizzare i cittadini. Le terapie innovative sono sempre più efficaci ma servono risorse dedicate”
Roma, 28 aprile 2016 – Aumentano le guarigioni degli italiani colpiti dal cancro, oggi il 68% dei cittadini a cui vengono diagnosticati tumori frequenti sconfigge la malattia. Percentuali che raggiungono il 91% nella prostata e l’87% nel seno, le due neoplasie più diffuse fra gli uomini e le donne. L’impegno degli oncologi si muove su più fronti: da un lato migliorare la consapevolezza dei cittadini sulle regole della prevenzione, perché il 40% dei casi di tumore può essere evitato con uno stile di vita sano (no al fumo, dieta corretta e costante attività fisica), con evidenti risparmi per il sistema sanitario. Dall’altro garantire a tutti le terapie più efficaci e l’assistenza migliore, un obiettivo da raggiungere con la creazione immediata di un Fondo Nazionale per l’Oncologia. La proposta è avanzata alle Istituzioni dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) nel convegno nazionale sullo “Stato dell’Oncologia in Italia” organizzato dalla società scientifica oggi al Senato con la partecipazione del Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. “Nel 2015 sono stati stimati 363mila nuovi casi di cancro nel nostro Paese – spiega il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM -. Il Fondo può essere finanziato con le accise sul tabacco, 1 centesimo in più a sigaretta, per colpire una delle cause del tumore al polmone, tra le forme più diffuse, con circa 41.000 nuove diagnosi registrate nel 2015. Terapie innovative sempre più efficaci consentono ai pazienti di vivere a lungo, in alcuni casi più di 5 anni con una buona qualità di vita, anche se colpiti da patologie particolarmente aggressive come il melanoma avanzato che fino a pochi anni fa era caratterizzato da una sopravvivenza di 6-9 mesi”. Più di 3 milioni di cittadini (il 4,9% della popolazione) vivono con una diagnosi di tumore. E circa due milioni persone possono affermare di avere sconfitto la malattia. “L’istituzione di un Fondo non deve esimerci dall’obbligo dell’appropriatezza – sottolinea la dott.ssa Stefania Gori, presidente eletto AIOM -. Sono ancora troppi gli esami impropri, un problema che riguarda in particolare i marcatori tumorali. Questi test sono utilizzati in oncologia da più di 40 anni, ma oggi il loro uso sta diventando eccessivo rispetto al numero dei pazienti oncologici. Perché vengono impiegati a scopo diagnostico in persone non colpite dalla malattia. Nel 2012 sono stati eseguiti oltre 13 milioni di marcatori tumorali a fronte di 2 milioni e 300mila italiani che vivevano dopo la diagnosi (oggi sono più di 3 milioni). La soluzione è rappresentata dalla uniformazione a livello nazionale delle indicazioni per un loro uso appropriato, per questo l’AIOM entro il 2016 presenterà un documento condiviso con la SIBiOC (biochimici clinici) e altre società scientifiche”. “Data la bassa specificità di quasi tutti i biomarcatori – continua il prof. Pinto -, l’impiego a scopo diagnostico e durante il follow up comporta un’alta probabilità di incorrere in risultati falsi positivi che, di fronte al numero complessivo di richieste, potrebbe riguardare in Italia ogni anno centinaia di migliaia di persone non affette da tumore, che almeno in parte vengono sottoposte ad ulteriori accertamenti di conferma o esclusione di una possibile neoplasia. L’eccessivo utilizzo di esami in scenari inappropriati rappresenta oggi un problema socio-sanitario complesso. Sono evidenti le conseguenze psicologiche e fisiche sul paziente e pesanti le ricadute sul piano della organizzazione e fruizione dei servizi, quindi anche economiche, che possono far seguito all’impiego di marcatori tumorali, di esami diagnostici di imaging e esami endoscopici prescritti in modo improprio”.