La dieta mediterranea, un buon complice per prevenire il tumore del pancreas

Fumo, obesità, età e sedentarietà rappresentano i principali fattori di rischio

alimentazione sana

 

 

Milano, 16 Novembre 2017 – In 15 anni i casi di tumore del pancreas sono aumentati del 59% nel nostro Paese: nel 2002 erano 8.602, nel 2017 sono 13.700. Le diverse abitudini alimentari spiegano le forti differenze geografiche nella diffusione di questa neoplasia che al Sud colpisce nettamente meno rispetto al Nord: – 25% fra gli uomini e -28% fra le donne. Il maggiore consumo di frutta e verdura fresche, tipico della dieta mediterranea ancora molto diffusa nel Meridione, protegge infatti dal rischio di insorgenza di questo tipo di cancro. Per sensibilizzare l’opinione pubblica e le Istituzioni, la Fondazione AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) aderisce alla Quarta Giornata Mondiale sul Tumore del Pancreas. L’evento internazionale si celebra oggi nelle piazze centrali di quattro città (Piazza Gae Aulenti a Milano, Piazza Bra a Verona, Piazza di Spagna a Roma e Piazza Dante a Napoli), sono presenti gli stand delle associazioni dei pazienti, che distribuiranno volantini informativi. È anche previsto un volo di palloncini viola che partirà simultaneamente alle 17 da tutte le piazze coinvolte. I palloncini porteranno legati ai cordoncini pensieri di speranza per il futuro nella lotta contro la malattia raccolti nel corso della giornata dai passanti. “È fondamentale migliorare il livello di consapevolezza dei cittadini e delle Istituzioni su questa neoplasia e sull’importanza degli stili di vita sani – spiega il dott. Fabrizio Nicolis, Presidente Fondazione AIOM -. Nel mondo i nuovi casi sono più che raddoppiati in un decennio passando da 144.859 nel 2008 a circa 365.000 nel 2017 e si stima che nel 2020 saranno 418mila. Ogni giorno a livello globale sono 1.000 le nuove diagnosi.  “A oggi non vi sono metodi per la diagnosi precoce di questa neoplasia molto aggressiva – afferma il prof. Giampaolo Tortora, Direttore Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona -. Solo il 7% dei casi infatti è individuato in stadio iniziale, oltre la metà quando la malattia è già in fase metastatica. Spesso sintomi come dolore allo stomaco, gastrite e cattiva digestione vengono confusi con quelli di altre patologie. Il tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è pari all’8%, superiore rispetto alla media europea (6,9%) e a quella dei Paesi dell’Europa centrale (7,3%) e settentrionale (4,8%), ma decisamente inferiore rispetto ai risultati raggiunti in altre neoplasie frequenti come quelle al seno e alla prostata”.

Per aumentare le diagnosi precoci e cambiare la storia di questo tumore, è necessario rafforzare la collaborazione tra specialisti. “Non è accettabile che alcuni pazienti siano operati in centri che svolgono uno o due interventi l’anno – sottolinea il prof. Massimo Falconi, Direttore del Centro del Pancreas dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e docente ordinario Università Vita-Salute di Milano -. Solo attraverso la giusta competenza si può curare questa patologia. La chirurgia pancreatica è estremamente complessa, infatti meno del 20% dei pazienti è candidabile a un intervento con intento curativo, con una sopravvivenza a 5 anni intorno al 20-30%. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che i rischi di gravi complicanze dopo un intervento sono più alti nei centri che eseguono raramente queste operazioni: ad esempio, uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha evidenziato che il tasso di mortalità dopo il più frequente intervento di chirurgia pancreatica (la duodenocefalopancreasectomia) è maggiore nei centri ‘a basso volume’ (mortalità = 16,3%) rispetto a quelli ‘ad alto volume’ (mortalità = 3,8%). In questo studio vengono definiti ad alto volume i centri che eseguono almeno 16 interventi di duodenocefalopancreasectomia all’anno. Anche in Italia è stata confermata la relazione tra esperienza dell’ospedale e rischio operatorio: un’analisi dei dati raccolti dal Ministero della Salute ha mostrato che nel nostro Paese, in un ospedale con poca esperienza in chirurgia pancreatica, il paziente ha un rischio di morire di 5 volte maggiore rispetto ai centri con più esperienza”. Questa analisi ha suddiviso gli ospedali italiani in quattro classi, in base al volume di interventi realizzati: la mortalità operatoria si è ridotta in modo progressivo all’aumentare dell’esperienza della struttura. È, infatti, pari al 12,4% negli ospedali che eseguono 1-5 interventi/anno, al 7,8% in quelli che ne svolgono 6-13, al 5,9% in quelli che ne eseguono 14-51, e solo al 2,6% nei due centri con maggiore esperienza (Ospedale San Raffaele di Milano e Policlinico G.B. Rossi di Verona), che effettuano, a testa, più di 350 resezioni pancreatiche all’anno. Va sottolineato che il 75% degli ospedali italiani che realizzano questo intervento rientra nella categoria “a basso volume”, cioè in quella con minore esperienza, mentre sono meno di 20 i centri in Italia che eseguono più di 13 interventi all’anno. “Così come è stato fatto con le Breast Unit – continua il prof. Falconi –, anche per il tumore del pancreas dovrebbero essere individuate strutture di riferimento certificate sulla base di chiari parametri (quantità, qualità e valutazione puntuale dei risultati clinici) e non per autoreferenzialità. Va poi sottolineato che la decisone di procedere all’intervento chirurgico non può essere affidata al solo chirurgo ma deve essere condivisa dall’intero team multidisciplinare che normalmente ruota attorno ai bisogni del malato (radiologo, endoscopista-gastroenterologo, patologo, oncologo/radioterapista). Non raramente una chirurgia poco utile o percorribile alla diagnosi può avere maggiori percentuali di successo se eseguita dopo una chemioterapia cosiddetta neoadiuvante (che precede cioè la chirurgia).” “La Giornata Mondiale è l’occasione per accendere i riflettori su questa forma di tumore – evidenzia Rita Vetere, Vice Presidente Salute Donna Onlus –. Purtroppo per questa patologia è difficile una diagnosi in fase iniziale in quanto la sintomatologia si manifesta tardivamente. L’incidenza è pressoché identica nei due sessi ed inoltre non sono stati individuati fattori predisponenti certi. I pazienti hanno bisogno di cure efficaci che diventano disponibili solo incentivando la ricerca medico-scientifica. Attualmente il carcinoma pancreatico riceve meno del 2% di tutti i finanziamenti per lo studio del cancro in Europa. Per migliorare i bassi tassi di sopravvivenza serve una vera e propria chiamata alle armi che vada dalla ricerca alla prevenzione, intesa come attenzione agli stili di vita, fino alle terapie, in stretta collaborazione con le Istituzioni, le altre Associazioni e i clinici”.

SIMRI: “5% dei bambini italiani russa tutte le notti”

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Napoli, 12 ottobre 2017 – Non sono solo gli adulti a russare regolarmente tutte le notti. Anche il 5% dei bambini italiani soffre di questo disturbo mentre il 2% è colpito dalla più grave sindrome delle apnee ostruttive nel sonno. E’ una malattia caratterizzata da prolungate ostruzioni complete o intermittenti delle alte vie respiratorie. Questi problemi di salute sono spesso sottovalutati dai genitori ma in realtà rappresentano la terza minaccia per il benessere dei giovanissimi dopo il fumo e l’eccesso di peso. Tra le cause c’è anche il sovrappeso infantile che risulta triplicato negli ultimi 30 anni. In Italia oltre un milione di bimbi d’età compresa tra i 6 e gli 11 anni sono addirittura obesi. E’ questo l’allarme lanciato dagli specialisti riuniti a Napoli per il 21° congresso nazionale della Società Italiana per le Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI). Al più importante appuntamento della pneumologia pediatrica partecipano oltre 500 specialisti. “Anche chi è normopeso può soffrire di questi disturbi – afferma il prof. Renato Cutrera, Presidente Nazionale SIMRI e Direttore dell’Unità operativa di Broncopneumologia all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma -. La causa è da ricercare nell’aumento del volume delle adenoidi e delle tonsille e una possibile soluzione è quella di rimuoverle con un’operazione chirurgica. Russare tutte le notti è quindi un problema complesso che mina seriamente la qualità di vita del giovane e che va affrontato tempestivamente da un medico specialista. Se il problema non viene curato, a lungo andare può portare a disturbi dell’apprendimento provocati dal poco riposo, ritardi nella crescita e depressione. Inoltre aumenta il rischio di gravi malattie del cuore tra cui ipertensione, ingrandimento del volume del ventricolo sinistro, aterosclerosi e patologie coronariche”. E’ dimostrato da diversi studi scientifici che i disturbi del sonno del bambino, se non trattati adeguatamente, proseguono anche dopo i 18 anni. “Purtroppo molte delle preziose informazioni che raccogliamo sulla salute dei nostri assistiti vengono perse durante la delicata fase di passaggio dal medico pediatra a quello dell’adulto – sottolinea il prof. Giorgio Piacentini Presidente Eletto SIMRI e Responsabile della Broncopneumologia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona -. Una delle priorità della SIMRI è proprio favorire il più possibile la medicina di transizione. Insieme ad altre Società Scientifiche abbiamo avviato un percorso di coordinamento per evitare che il paziente adolescente sia lasciato in una sorta di limbo e che venga sempre preso in carica da uno specialista. E’ anche necessaria una maggiore collaborazione tra diverse figure professionali per migliorare l’assistenza ai malati e garantire la continuità delle cure contro le patologie respiratorie”.