EPILESSIA NEI NEONATI, I PEDIATRI: “ATTENZIONE ALLE FORME NASCOSTE”

Per la società scientifica di Neurologia Pediatrica vanno aggiornati i protocolli terapeutici e trattati i bimbi con la sostanza di cui sono carenti

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Si chiamano epilessie ‘piridossino-dipendenti’ e il sintomo principale è una crisi convulsiva che si ripete in modo prolungato e resistente ai farmaci anticonvulsivanti tradizionali. E’ determinata dalla mancanza di vitamina B6, chiamata anche piridossina. “Quando questa sostanza è insufficiente compare la crisi convulsiva che talvolta non viene correttamente diagnosticata – spiega il prof. Raffaele Falsaperla, presidente della Società Italiana di Neurologia Pediatrica (SINP) -. E’ perciò fondamentale, specie per i pediatri che operano nelle strutture di Pronto Soccorso, effettuare una diagnosi precisa per poter somministrare al piccolo paziente la vitamina B6, che in poche ore fa cessare le crisi convulsive. Questa forma di epilessia è una malattia abbastanza rara: colpisce qualche migliaio di bambini in tutta Italia, soprattutto neonati. La difficoltà di diagnosi per lo specialista compare quando la patologia si manifesta in età successiva a quella neonatale. Durante l’allattamento, per esempio può non venire riconosciuta”.

L’epilessia piridossino dipendente spesso è sotto-stimata quando non si si manifesta alla nascita, avvertono gli esperti. Il suo esordio è variabile: nel 70% dei casi compare in età neonatale o può anche più tardi, nei primi mesi di vita del bambino. “Purtroppo ad oggi la diagnosi non è sempre tempestiva – continua il prof. Falsaperla -. Se la crisi non si presenta nel primissimo periodo di vita può essere misconosciuta. Ecco perché è importante sensibilizzare i pediatri nel riconoscere la patologia.”. Negli attuali protocolli il trattamento con la pirodissina è prevista solo nel primo mese di vita. E necessario dunque modificare e aggiornare queste ‘linee guida’ diagnostico- terapeutiche attualmente in vigore e prevedere anche per una fascia d’età superiore questo tipo di cura. E’ importante coinvolgere i pediatri che lavorano nei reparti di pronto soccorso nella diagnosi precoce e nella gestione terapeutica. L’unico trattamento efficace, dunque, è la somministrazione di piridossina per via orale, intramuscolo o endovenosa che fornisce una risposta terapeutica immediata, oltre a consentire la diagnosi genetica. “Le cause della malattia sono soprattutto genetiche ed è importantissimo aumentarne la conoscenza tra i pediatri – conclude il prof. Falsaperla – perché l’insufficienza di piridossina oltre alle epilessie può portare nel bambino anche ritardi motori importanti. Va inoltre considerato che questo tipo di epilessia non risponde alla terapia farmacologica tradizionale”.

TUMORI: 800MILA ITALIANI OGNI ANNO CAMBIANO REGIONE PER CURARSI

Milano, 21 novembre 2016 – Il prof. Carmine Pinto, presidente AIOM: “Troppe difficoltà per le persone colpite da neoplasia, realizzare la Rete oncologica calabrese per migliorare l’assistenza

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Ogni anno quasi 800mila italiani colpiti dal cancro sono costretti a cambiare Regione per curarsi. Soprattutto dal Sud verso il Nord, in particolare Milano: dalla Campania 55mila persone, dalla Calabria 52mila, dalla Sicilia 33mila, dall’Abruzzo 12mila e dalla Sardegna 10mila. Il valore economico annuo di queste migrazioni sanitarie è pari a 2 miliardi di euro. Preoccupa soprattutto la situazione in Calabria: il 62% dei pazienti con tumore del polmone e il 42% dei cittadini con cancro del seno vanno fuori Regione per eseguire l’intervento chirurgico di asportazione della malattia. Complessivamente, considerando la chirurgia per le neoplasie più importanti (polmone, seno, colon retto, prostata, vescica e tumori ginecologici), la migrazione sanitaria in Calabria raggiunge il 37%, con 1.999 ospedalizzazioni nel 2012 fuori dai confini locali. A queste si aggiungono 1.941 ricoveri per chemioterapia extra Regione che rappresenta il 10% circa dei trattamenti medici. Infatti al crescere delle prestazioni di oncologia medica in Regione, che riduce sempre più questa percentuale, non fa riscontro un pari progresso delle prestazioni chirurgiche. Sono dati preoccupanti che richiedono interventi urgenti a partire dalla realizzazione della Rete Oncologica della Calabria e dei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA). La richiesta viene dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) in un incontro con i giornalisti oggi a Milano. “Vogliamo collaborare con le Istituzioni per risolvere quanto prima questa situazione, che ha un impatto negativo sulla qualità delle cure – spiega il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM -. La riorganizzazione dell’offerta attraverso la Rete porterà anche risparmi per il sistema e una razionalizzazione sostanziale delle risorse. Il divario nella qualità dell’assistenza rispetto alle altre Regioni riflette la scarsa fiducia dei cittadini calabresi nei servizi locali. Il recupero della cosiddetta mobilità ‘passiva’ richiede il rafforzamento degli organici, implementazione dei programmi di screening, investimenti strutturali e tecnologici e facilità di accesso alle prestazioni con abbattimento delle liste di attesa. La Rete dovrà prevedere anche una suddivisione dei ricoveri per intensità di cura, oggi infatti gran parte della mobilità riguarda casi di bassa e media complessità”. In Calabria nel 2016 sono stimati 10.400 nuovi casi di tumore. Le migrazioni conducono i pazienti verso le strutture della Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna ma anche verso territori vicini, come Basilicata, Sicilia e Puglia. Un Decreto del Commissario ad acta alla sanità della Calabria (DCA n.10 del 2 aprile 2015) ha previsto l’istituzione della Rete oncologica regionale, evidenziando alcune misure urgenti. “Innanzitutto – sottolinea il dott. Vito Barbieri, coordinatore AIOM Calabria e dirigente medico presso l’Oncologia dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Mater Domini di Catanzaro – l’attuale dotazione di strutture risulta non adeguata rispetto alle esigenze assistenziali della Regione, per cui è stata programmata una rimodulazione del numero dei posti letto di Oncologia medica che oggi sono 163, 72 di degenza ordinaria e 91 di Day Hospital. Il provvedimento del Commissario stabilisce di privilegiare modalità di assistenza differenti, cioè day hospital e soprattutto prestazioni terapeutiche ambulatoriali con riduzione dell’uso del ricovero ordinario. La riconversione dovrebbe generare un’offerta complessiva di 139 posti letto, di cui 57 ordinari e 82 in Day Hospital. Tra le cause della mobilità passiva nel trattamento dei tumori, occupano un posto di rilievo la ricerca dell’efficacia e dell’efficienza clinica, di un servizio pubblico più orientato alle esigenze del malato e una migliore comunicazione medico-paziente. La rimodulazione della quantità e qualità dell’offerta implica soprattutto, come indicato nel provvedimento del Commissario, l’incremento del numero di interventi di chirurgia oncologica”. È previsto infatti un aumento del 15% dei volumi attuali per i tumori più importanti: seno (oggi nelle strutture della Regione viene eseguito il 58% degli interventi chirurgici), colon retto (69%), polmone (38%), neoplasie ginecologiche (63%) e prostata (66%). “All’interno della Rete – continua il prof. Pinto – possono essere identificati diversi livelli di erogazione delle prestazioni. È quindi essenziale favorire l’accesso all’assistenza appropriata in strutture che si identificano come nodi della rete oncologica e definire le modalità di integrazione tra offerta ospedaliera e risorse assistenziali di livello territoriale. In questo contesto assumono un ruolo importante i medici di famiglia e le unità complesse di cure primarie”. Problematiche culturali, logistiche, strutturali e organizzative hanno caratterizzato la qualità dell’assistenza in Calabria. “Finora – conclude il dott. Barbieri – ha dominato la sfiducia nei servizi regionali a causa di un’offerta mal proporzionata alle esigenze della popolazione, con organici totalmente inadeguati in alcune realtà. Non va sottovalutata anche la complessità del territorio che obbliga a portare i servizi oncologici in zone spesso disperse e poco popolate. È urgente intervenire quanto prima, e chiediamo la costituzione di un’autorità centrale regionale con funzioni di coordinamento della Rete già deliberata, in grado di governare i collegamenti tra le diverse strutture e di pianificare l’uso delle risorse, realizzando, con tempistiche serrate, tutti gli step che portino alla disponibilità e massima fruizione, da parte della popolazione, della rete oncologica

IL SOVRAPPESO CAUSA IL 25% DEI CASI DI TUMORE AL RENE

Arezzo al top per cura e ricerca 

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Ogni anno vengono trattati nella città toscana oltre 400 pazienti colpiti da queste neoplasie (che interessano in particolare rene, vescica, prostata e testicolo) e la metà viene da fuori Regione a testimoniare l’alto livello delle cure fornite dalla struttura. Alle nuove prospettive nel trattamento è dedicato il Convegno internazionale “The 5th World Top Communications of the Year in Genito-Urinary Oncology” che si  aperta ieri ad Arezzo con la partecipazione dei più importanti esperti. “Stiamo assistendo a una vera e propria rivoluzione degli scenari terapeutici – spiega il dott. Sergio Bracarda, presidente del Congresso e Direttore dell’Oncologia Medica di Arezzo e del Dipartimento Oncologico dell’Azienda USL Toscana SUDEST -. Si stanno evidenziando risultati importanti nell’ambito delle neoplasie urologiche ad opera di farmaci immunoterapici anti PD-1, anti PD-L1 e inibitori di CTLA-4. In particolare nel tumore del rene l’immuno-oncologia, che potenzia il sistema immunitario per combattere con più forza la neoplasia, sta cambiando lo standard di cura: grazie a nuove molecole, come nivolumab, oggi è possibile rendere cronica la malattia”. Ogni anno nel nostro Paese si registrano 11.400 nuove diagnosi, quasi 600 in Toscana. “Sono diversi i fattori di rischio associati all’insorgenza di questa neoplasia – continua il dott. Bracarda -: il fumo, l’ipertensione arteriosa e l’esposizione occupazionale a cancerogeni chimici. Un ruolo particolare può essere attribuito al sovrappeso, a cui va ricondotto il 25% delle diagnosi. Un dato preoccupante se consideriamo che il 45% degli italiani over18 è in eccesso di peso. E’ stato stimato un incremento del rischio pari al 24% negli uomini e al 34% nelle donne per ogni aumento di 5 punti dell’indice di massa corporea. Per questo è importante promuovere campagne di sensibilizzazione per informare i cittadini”. Circa il 60% dei casi di carcinoma renale è diagnosticato casualmente attraverso un’ecografia addominale eseguita per altri motivi, senza che si abbiano sintomi specifici. “Una casualità che presenta conseguenze positive perché in questo modo la malattia è spesso individuata in fase precoce e può essere curata con successo – afferma il dott. Bracarda -. Ma circa un quarto delle diagnosi avviene ancora in stadio avanzato, con limitate possibilità di trattamento. Fino a oggi infatti il tasso di sopravvivenza a un quinquennio, nella fase metastatica, non aveva mai superato il 12%. Come evidenziato in uno studio presentato allo scorso Congresso americano di oncologia medica (ASCO) il 34% dei pazienti trattati con nivolumab è invece vivo a 5 anni. Un risultato davvero straordinario perché queste armi non solo migliorano la sopravvivenza ma anche la qualità di vita. E la combinazione di terapie immuno-oncologiche apre prospettive importanti visto che il 70% dei pazienti è vivo a due anni. L’obiettivo è arrivare in poco tempo ad una personalizzazione del trattamento che è sempre più articolato grazie alle continua innovazioni nelle conoscenze biologiche della malattia”. Il convegno di Arezzo riunisce 200 esperti da tutta Italia e dal mondo e prevede un confronto anche con altri specialisti (cardiologi, patologi, geriatri), per promuovere l’approccio multidisciplinare. “La nostra struttura ha una notevole capacità di attrarre ‘cervelli’ e numerose sono le collaborazioni a livello nazionale ed internazionale – afferma il dott. Enrico Desideri, Direttore Generale Azienda USL Toscana SUDEST -. Solo in questo momento stiamo conducendo oltre 10 studi sulle neoplasie genito-urinarie, mentre altri 7 sono in programma. Siamo impegnati anche in studi di ricerca traslazionale, in grado di produrre risultati rapidamente trasferibili al letto del paziente. La nostra struttura oncologica vanta diverse specializzazioni per differenti patologie tumorali e nel trattamento delle neoplasie genito-urinarie abbiamo una tradizione pluriennale confermata anche dalla produzione scientifica: ogni anno pubblichiamo circa 15 lavori su riviste internazionali che hanno come tema proprio il trattamento di queste forme di cancro. E l’Urologia di Arezzo, diretta dal dott. Michele de Angelis, è centro di riferimento per una moderna chirurgia urologica, prevalentemente robot-assisted, di tutte le più importanti neoplasie urologiche (prostata, rene, vescica)”.

 

 

TUMORE DEL PANCREAS: IN ITALIA IN CINQUE ANNI +18% DI NUOVI CASI

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Milano, 15 novembre 2016 – Nel 2016 in Italia sono previste 13.500 nuove diagnosi di tumore del pancreas. Negli ultimi cinque anni il numero di casi è cresciuto del 18% (erano 11.000 nel 2011). Un incremento di incidenza che preoccupa, visto che si tratta di una delle neoplasie a prognosi più sfavorevole. Sotto accusa sono gli stili di vita, soprattutto la scorretta alimentazione e l’eccesso di peso. L’obesità aumenta del 12% il rischio di questa insidiosa malattia. Ma solo l’8% degli italiani sa che anche a tavola è possibile prevenirla. Per sensibilizzare l’opinione pubblica e le Istituzioni, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) ha perciò deciso di aderire alla Terza Giornata Mondiale sul Tumore del Pancreas. L’evento internazionale si celebra il prossimo 17 novembre ed è promosso da oltre 50 associazioni di pazienti, medici e semplici cittadini di 20 diversi Paesi. Le iniziative che interesseranno la Penisola sono presentate oggi a Milano in una conferenza stampa. “E’ una patologia in forte crescita in tutto il Mondo – afferma il prof. Carmine Pinto, Presidente Nazionale AIOM -. Nel 2020 colpirà a livello globale 418mila persone e diventerà la seconda causa di morte per cancro in Europa. Le nostre conoscenze risultano ancora limitate e i programmi di screening sono inesistenti. In Italia solo il 7% dei casi è diagnosticato allo stadio iniziale cioè quando possiamo intervenire con maggiore efficacia. La prevenzione primaria oncologica è quindi ancora più importante. Scarsa attività fisica, alimentazione ricca di grassi e zuccheri e chili di troppo sono tutti fattori di rischio che possono essere contrastati attraverso corrette campagne informative ed educazionali”. In occasione della Giornata Mondiale sarà distribuito su tutto il territorio nazionale l’opuscolo relativo al progetto Cooking Comfort Care la nutrizione per la lotta contro il tumore del pancreas. E’ un progetto internazionale reso possibile grazie al contributo non condizionante di Celgene. “L’obiettivo è creare una nuova alimentazione per contrastare la malnutrizione, un fenomeno che interessa l’80% dei malati – aggiunge Pinto -. Lo scarso appetito e i problemi gastro-intestinali sono controindicazioni abbastanza frequenti legate alle terapie anticancro. Abbiamo elaborato una serie di speciali ricette appropriate per i pazienti ma che possono essere gustate anche dal resto della famiglia”. “E’ un’ottima iniziativa che vuole dare un aiuto concreto agli oltre 14mila italiani che vivono con una diagnosi di carcinoma pancreatico – sottolinea la dott.ssa Laura Del Campo, Direttore Affari Generali della Federazione Italiana delle Associazioni Di Volontariato In Oncologia (FAVO) -. Durante e dopo i trattamenti si verificano infatti una serie di cambiamenti relativi all’aspetto nutrizionale. Per questo insieme all’AIOM e alla Società Italiana di Nutrizione Artificiale e Metabolismo (SINPE) abbiamo elaborato una ‘Carta’, dopo un tavolo di lavoro comune. Nel documento sono stabiliti criteri scientifici fondamentali per garantire una valida comunicazione tra clinici e pazienti su un aspetto delicato ed importante delle cure oncologiche come l’alimentazione”.