CARDIOLOGIA: SOLO 1 SU 7 HA ACCESSO ALLE TERAPIE PIÙ INNOVATIVE

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Milano, 16 ottobre 2019 – Oltre un milione gli italiani affetti da problemi valvolari. Tra chi ha più di 75 anni, 200.000 le persone colpite da stenosi aortica e circa 600.000 alle prese con insufficienza della valvola mitrale. Ma solo 1 su 7 di questi pazienti ha accesso alle terapie transcatetere più innovative – eseguite senza aprire il torace e fermare il cuore – ormai standard di cura in Europa e nel mondo. La denuncia arriva dal Congresso nazionale del GISE, Società Italiana di Cardiologia Interventistica (già Gruppo Italiano di Studi Emodinamici), giunto alla sua 40esima edizione e che riunisce fino a venerdì 2000 operatori del sistema, tra medici e tecnici. “Nonostante l’efficacia delle tecniche – afferma il Presidente del GISE, Giuseppe Tarantini – le procedure TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation) e di correzione percutanea della insufficienza mitralica, non sono accessibili in modo uniforme sul territorio azionale. Nel 2018 sono state effettuate in Italia 6.888 TAVI, con un incremento sì del 25% rispetto all’anno precedente, ma con un valore di 114 procedure ogni milione di abitanti, ben lontani dagli standard Europei e della Germania in particolare, che vede un rapporto di 220 per milione. Abbiamo inoltre un’ampia variabilità regionale: dalle 106 della Calabria (56 per milione di abitanti) all’eccellenza della Lombardia e le sue 1710 procedure eseguite (171 per milione di abitanti). E questo senza considerare la possibilità, emersa da studi recenti, di allargare il campo di tale approccio a pazienti a basso rischio, giovani e donne. Infine, anche per il trattamento dell’insufficienza mitralica, i numeri dell’Emodinamica italiana – pur confermando un trend in aumento nel corso degli anni – si attestano su 997 interventi di clip mitralica, pari a 16.5 per milione di abitanti, valori ben lontani dalle stime di fabbisogno”.
Tutt’altro il quadro relativo al trattamento dell’infarto miocardico acuto. L’accessibilità su tutto il territorio nazionale all’angioplastica coronarica primaria in corso di infarto, ha cambiato la storia della malattia. “Il 95% dei Laboratori di Emodinamica italiani – riferisce Tarantini – garantisce infatti H24 un network che ha realizzato lo scorso anno 37.135 angioplastiche primarie, portando l’Italia ai primi posti in Europa nel trattamento dell’infarto. Grazie all’angioplastica riusciamo a salvare molte più vite: la mortalità a 30 giorni è passata dal 10.4% del 2010 al 8.3% del 2017 (fonte Agenas).

“Siamo l’unica Società Scientifica italiana che dal 1981 raccoglie in un registro dedicato dati sull’utilizzo delle diverse tecnologie diagnostiche e terapeutiche nella pratica clinica. Abbiamo 271 laboratori di emodinamica affiliati in tutti il Paese – ricorda Tita Castiglioni, membro dell’esecutivo del GISE e Responsabile dei dati di attività delle Emodinamiche italiane – 432 sale, 1045 cardiologi interventisti primi operatori, che ogni giorno trattano pazienti con patologie sempre più complesse, sia in ambito coronarico che strutturale. Parliamo di un registro annuale con 36.900 rilevazioni, suddivise in 163 voci, tra diagnostica, interventistica cardiovascolare e strutturale, compresi i dati di outcome intraoperatori. Mettiamo il nostro patrimonio unico di informazioni a disposizione dei decisori, delle industrie, della comunità scientifica, perché possano contribuire al confronto sulle criticità ancora presenti”.

Fondazione Poliambulanza eccellenza nella cardiochirurgia

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Brescia, 17 luglio 2018 –  Nell’Istituto Ospedaliero bresciano oltre il 20% dei pazienti operati al cuore è costituito da ultraottantenni: erano solo il 2% del 1997 (+775%). L’incremento è reso possibile dall’assoluto livello di eccellenza del dipartimento cardiovascolare della struttura sanitaria. A conferma della qualità dell’assistenza ci sono i dati ufficiali Agenas: l’ente di monitoraggio del servizio sanitario nazionale. Gli interventi di plastica riparativa o di sostituzione di valvole cardiache hanno, in Poliambulanza, un rischio di mortalità a 30 giorni dello 0,3%, contro il 2,7% a livello nazionale. E’ quanto annunciano con orgoglio gli specialisti di Poliambulanza, ospedale divenuto punto di riferimento nazionale per i pazienti oltre i 65 anni che in Italia, nel 10% dei casi, presenta malattia della valvola aortica o mitralica. “La nostra cardiochirurgia è sicuramente tra le migliori – osserva il dott. Giovanni Troise, Direttore dell’Unità Operativa di Cardiochirurgia di Fondazione Poliambulanza -. Riusciamo, infatti, a garantire a tutti i pazienti l’uso di tecniche d’avanguardia che consentono di operare in massima sicurezza anche gli ultraottantenni. I tempi di recupero post-intervento sono ridotti e le percentuali di successo delle operazioni in costante aumento. Il segreto del successo è nell’impiego sempre più diffuso delle nuove tecnologie e nella capacità di lavorare in team.” Proprio con questa finalità, il prof. Troise è stato promotore della costituzione del GTTV (Gruppo di lavoro per il Trattamento Transcatetere delle Valvulopatie), un “heart team” costituito da vari professionisti (cardiologi, cardiochirurghi, cardiorianimatori) che settimanalmente si riuniscono per discutere i casi di pazienti più complessi, per età e patologie associate, identificando la strategia terapeutica più idonea. La chirurgia delle valvole aortica e mitralica può essere effettuata con modalità operatorie convenzionali, ma con approcci meno invasivi (incisione di 6-7 centimetri invece dei 20 canonici della chirurgia tradizionale). Vengono in aiuto a questo scopo, nuove tecnologie come ad esempio le protesi aortiche “sutureless” (senza suture), che permettono una riduzione significativa dei tempi operatori. “In presenza di rischi operatori più elevati pratichiamo procedure alternative alla chirurgia convenzionale – aggiunge il prof. Giovanni Troise -. Per la stenosi aortica dell’anziano esiste la TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation), con cui è possibile impiantare una protesi aortica biologica accedendo da un’arteria periferica (anche a paziente sveglio) o da un piccolo taglio laterale del torace. Per l’insufficienza mitralica, abbiamo a disposizione procedure come la “Mitraclip” (correzione con approccio dalla regione inquinale) o le “Neochord” (impianto di corde artificiali di goretex dall’apice cardiaco, a cuore battente). Bisogna precisare che, quando fattibile, la chirurgia convenzionale è quella che garantisce ancora oggi i migliori risultati ma, a beneficiare di queste nuove tecniche meno mininvasive, sono proprio quei pazienti che, per età avanzata e condizioni generali molto compromesse, presentano un profilo di rischio chirurgico particolarmente elevato. Il caso più eclatante è quello di un paziente di 94 anni in buona forma psico-fisica, che era già stato operato d’urgenza al cuore nel 2011 per una grave malattia alle coronarie e che abbiamo rioperato con successo per una stenosi aortica severa”.

Cuore: donne over 65 più a rischio degli uomini

Questo è il bilancio a 12 mesi dall’avvio di “Ferrara città della prevenzione”

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Barcellona, 28 agosto 2017 – Il 72% dei familiari dei pazienti colpiti da malattie cardiovascolari sono a rischio di sviluppare infarto o ictus. Una percentuale nettamente superiore rispetto alla popolazione generale (55%). E le donne over 65 sono più a rischio rispetto ai coetanei: con l’avanzare dell’età infatti gli uomini presentano valori migliori, in particolare l’eccesso di circonferenza dal 91% diminuisce al 75%, mentre nelle donne questo parametro aumenta dal 73% all’85%. Sono i principali risultati a un anno dall’avvio del progetto “Ferrara città della prevenzione”. Sono stati coinvolti oltre 16mila cittadini, una cifra record, che testimonia il grandissimo valore dell’iniziativa, la prima in Europa di questo tipo, che ha permesso di analizzare la probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari di queste persone compilando una specifica carta del rischio. “Sono stati testati anche i parenti dei pazienti ricoverati nel reparto di cardiologia dell’Ospedale di Cona – spiega il prof. Roberto Ferrari, Direttore della Cardiologia della città estense –. Il 28% presenta un rischio basso, percentuale che raggiunge invece il 37% fra la popolazione generale. Inoltre queste persone mostrano tassi più elevati di sovrappeso e obesità. Si conferma quindi il ruolo decisivo della predisposizione genetica nello sviluppo delle malattie cardiovascolari, per questo dovremmo monitorare questi cittadini con più attenzione. Importanti anche le differenze con il progredire dell’età: gli uomini over 65 sono più virtuosi delle donne, al di là dell’ovvio incremento negli anni di fattori di rischio quali pressione arteriosa, diabete e obesità viscerale”. I dati aggiornati del progetto sono al centro del dibattito fra gli esperti riuniti al Congresso europeo di Cardiologia (ESC, European Society of Cardiology), in corso a Barcellona fino al 30 agosto. Già nel 2008 Ferrara aveva promosso un “censimento” del rischio cardiovascolare della popolazione, pur coinvolgendo un minor numero di persone. “Nel tempo i cittadini sono diventati più virtuosi per quanto riguarda la pressione arteriosa (sia per gli uomini, da 137/82 a 128/81 mmHg, che per le donne, da 130/77 a 122/78 mmHg) mentre i valori di colesterolemia sono rimasti praticamente immutati – sottolinea il prof. Ferrari -. Complessivamente il ‘Rischio Cardiovascolare Assoluto’ nel tempo è migliorato, ma alcuni fattori mostrano un trend in peggioramento, in particolare il sovrappeso è aumentato dal 35% al 37% e l’obesità dal 12% al 15%. Dati che preoccupano e ci spingono a continuare il nostro progetto che in sei anni vuole raggiungere e sensibilizzare i 135mila ferraresi. Il nostro obiettivo è migliorare la salute e la qualità della vita di tutti i cittadini non solo grazie alla medicina ma anche all’alimentazione e all’ambiente”. Le malattie cardiovascolari, come l’infarto cardiaco e l’ictus cerebrale, sono la principale causa di morte e invalidità in Italia e nel mondo occidentale. Nel 2014 (ultimo dato ISTAT) si sono verificati nel nostro Paese complessivamente 220.200 decessi per malattie del sistema circolatorio. I fattori che influiscono sul loro sviluppo sono il colesterolo alto, l’ipertensione arteriosa, il fumo, il diabete, l’obesità e la sedentarietà.

 

NASCE LA CARDIOLOGIA A KM ZERO: LA SFIDA DI DESENZANO DEL GARDA

MENO RICOVERI E ACCESSI PIÙ VELOCI AL PRONTO SOCCORSO

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Desenzano, 21 Ottobre – La cardiologia a km zero parte da Desenzano del Garda. Il Basso Garda presenta le caratteristiche ideali, per organizzazione territoriale e dimensioni, per curare subito i pazienti colpiti da malattie cardiovascolari integrando ospedale e territorio, con grande beneficio per i cittadini e risparmi per il servizio sanitario. Il fattore cruciale è rappresentato dalla rapidità di intervento e in quest’area è possibile un “sistema territorio” che veda l’alleanza efficace tra cittadini, medici di medicina generale e ospedale per garantire l’accesso immediato a cure che devono essere disponibili ai primi sintomi. In provincia di Brescia ci sono oltre 200.000 cittadini che, con vario grado di disabilità, sono colpiti da malattie croniche cardiovascolari, che hanno anche un forte impatto sulla spesa sanitaria. Alle nuove prospettive nella cura di questi pazienti è dedicato il convegno “La sfida del cardiologo alla cronicità, aggiungere qualità agli anni”, oggi e domani a Desenzano del Garda (Hotel Acquaviva). “Un ricovero per scompenso cardiaco costa al Servizio Sanitario Nazionale circa 3.200 euro, per fibrillazione atriale 1.800 euro, per angina pectoris con conseguente intervento di angioplastica circa 5.000 euro – afferma il prof. Claudio Ceconi, direttore della Cardiologia all’Ospedale di Desenzano -. Diminuire le riacutizzazioni ottimizzando le cure e i tempi del ricovero significa non solo risparmiare risorse, ma anche migliorare la qualità di vita del paziente che può continuare la propria attività lavorativa. Il nostro territorio rappresenta la palestra ideale per realizzare la cardiologia a km zero. Ospedali piccoli e locali possono diventare virtuosi ed essere esempi a livello nazionale. Le risorse liberate vanno poi reinvestite in altri momenti della continuità assistenziale. Ovviamente le necessità più complicate troveranno risposte nei centri a più ampio volume”. Le principali malattie cardiovascolari sono rappresentate da infarto (quasi 3.000 nuovi casi ogni anno in provincia di Brescia), fibrillazione atriale (oltre 15.000 persone vivono con la diagnosi in provincia di Brescia) e scompenso cardiaco (circa 4.500 ricoveri annui in provincia di Brescia), che costituisce anche la più importante voce della spesa sanitaria ospedaliera. Ogni anno infatti, a carico del Servizio Sanitario Nazionale, le uscite per i ricoveri per scompenso cardiaco sono pari a 545 milioni di euro. Il paziente con un sintomo cardiologico (ad esempio dolore o mancanza di respiro) dovrebbe avere il primo contatto con la struttura sanitaria entro pochissimo tempo dai sintomi iniziali. “E l’ospedale – continua il prof. Ceconi – dovrebbe farsi carico del paziente portandolo subito al trattamento, necessariamente entro 2 ore, idealmente in meno di 60 minuti. Queste scadenze possono essere rispettate in un territorio come quello di pertinenza dell’Azienda ospedaliera di Desenzano del Garda, a differenza delle grandi metropoli o, purtroppo, di territori più disagiati”. “Varie Regioni – continua il prof. Ceconi – hanno promulgato Piani Sanitari e Decreti di Riordino dell’assistenza sanitaria che interpretano i cambiamenti epidemiologici delle cardiopatie. Vent’anni fa il modello era basato su Aziende Ospedaliere organizzate per trattare ‘l’acuzie’, ovvero con grandi strutture che ‘aspettavano’ i pazienti. Oggi i sistemi si stanno adattando alla gestione della cronicità, della multimorbidità, delle problematiche della disabilità correlate all’età, della restrizione di risorse. Il modello che si sta delineando deve trovare un’integrazione multidisciplinare e strutturata con il territorio, dove medici di medicina generale, cardiologi e internisti collaborano in un sistema paritario”. Il Convegno è l’occasione per un’analisi a 360 gradi delle sfide immediate nei principali settori della medicina cardiovascolare (scompenso, cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa, etc…). “Nella prima parte dell’evento interverranno massimi esperti nazionali e mondiali a fare il punto, in modo multidisciplinare, sulle più avanzate conoscenze in cardiologia – conclude il prof. Ceconi -. Poi studieremo in modo concreto come applicare queste conoscenze nella nostra realtà locale e lo faremo in quattro gruppi di lavoro, study session, in cui si confronteranno in modo paritario cardiologi, internisti e medici di medicina generale su temi che spazieranno dalla gestione della terapia antiaggregante nel territorio a ‘cosa fare’ del paziente dimesso con diagnosi di scompenso cardiaco”.

FERRARA LA PRIMA “CITTÀ DELLA PREVENZIONE”

Salute-9-segnali-che-possono-indicare-un-tumore-696x454L’85% delle malattie cardiovascolari e il 40% di quelle oncologiche possono essere evitati adottando uno stile di vita sano (no al fumo, attività fisica costante e dieta corretta). Ma gli investimenti in prevenzione sono ancora scarsi: in Europa questa voce rappresenta solo il 3% della spesa sanitaria e in Italia la percentuale è ancora più bassa. Per la prima volta al mondo un’intera città, Ferrara, viene cablata per raggiungere tutta la popolazione con un progetto educativo di sensibilizzazione a 360 gradi che prevede il calcolo del rischio cardiovascolare e oncologico, corsi e lezioni sui corretti stili di vita e ambientali con strumenti ad hoc e un motorhome che si sposterà nelle piazze. Contestualmente, verrà svolto un attento monitoraggio dell’ambiente, della purezza dell’aria e dell’acqua, una promozione per l’utilizzo di energie alternative. Per questo è necessario un team work tra il Comune, le Istituzioni cittadine, le Fondazioni, le varie Facoltà dell’Ateneo, le ASL e gruppi privati quali S2A (salute, sostenibilità, alimentazione, ambiente). Il progetto nazionale “Città della prevenzione”, che partirà a settembre da Ferrara e coinvolgerà numerosi comuni italiani, è stato presentato al Congresso europeo di Cardiologia (ESC, European Society of Cardiology), con la partecipazione di 35mila esperti. “Ferrara presenta un territorio ideale per passare dalle parole ai fatti e per dare il via a questa iniziativa ambiziosa, unica a livello internazionale. Si rivolge ai cittadini di tutte le età e di ogni strato sociale – afferma il prof. Roberto Ferrari, direttore della Cardiologia all’Università di Ferrara e past president ESC –. La città emiliana presenta infatti le giuste dimensioni, con circa 133mila abitanti, 29 scuole elementari, 11 medie e 11 superiori.