Tumore al seno: oggi si può evitare la chemioterapia con combinazione di trattamenti

Un’analisi internazionale di 140 studi su più di 50mila donne pubblicata su The Lancet Oncology

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Milano, 20 settembre 2019 – In Italia più di 24.100 donne con tumore della mammella metastatico possono essere trattate con la combinazione di ormonoterapia e terapia mirata, evitando così la chemioterapia. 140 studi che ha incluso 50.029 pazienti, pubblicata su The Lancet Oncology, ha infatti dimostrato che la combinazione di ormonoterapia e delle nuove terapie a bersaglio molecolare (inibitori di CDK4/6) è migliore rispetto alla sola ormonoterapia standard (la sopravvivenza libera da progressione è raddoppiata). Non solo. Nessun regime di chemioterapia si è dimostrato più efficace rispetto alla combinazione. Lo studio è il risultato di una collaborazione internazionale, coordinata dal prof. Mario Giuliano dell’Università Federico II di Napoli e dal prof. Daniele Generali dell’Università di Trieste, e che ha visto la partecipazione di molti ricercatori italiani. “Nel nostro Paese, nel 2018, sono state stimate 52.300 nuove diagnosi di carcinoma della mammella e circa 37mila donne vivono con la malattia in fase metastatica – spiega la prof.ssa Lucia Del Mastro, Responsabile della Breast Unit dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova –. La ricerca ha coinvolto pazienti in postmenopausa con la patologia metastatica, positiva per i recettori ormonali e negativa per il recettore 2 del fattore umano di crescita epidermica (HR+/HER2-). Si tratta di un sottotipo che include circa il 65% di tutti i casi metastatici”. “Questa analisi – continua la prof.ssa Del Mastro – è molto importante perché, per la prima volta, pone a confronto, in prima e seconda linea, l’efficacia dei regimi oggi disponibili di chemioterapia e ormonoterapia, con o senza terapie mirate. E conferma quanto stabilito dalle linee guida internazionali, che raccomandano, anche in prima linea, l’impiego dell’ormonoterapia (con o senza terapie mirate), posticipando l’uso della chemioterapia in queste pazienti. Sono chiari i vantaggi di una scelta di questo tipo in termini di minore tossicità. Nonostante le raccomandazioni internazionali, oggi la chemioterapia è ancora diffusa nella pratica clinica. Ci auguriamo che l’analisi pubblicata su The Lancet Oncology possa cambiare la tendenza. Le nuove opzioni terapeutiche costituite dagli inibitori di inibitori di CDK4/6 infatti garantiscono quantità e qualità di vita”. I risultati dell’analisi, che ha incluso ricerche pubblicate fra gennaio 2000 e dicembre 2017, erano in linea con gli studi (PALOMA-2, MONARCH 3, e MONALEESA-2), che hanno condotto all’approvazione degli inibitori di CDK4/6 (palbociclib, abernaciclib e ribociclib) da parte dell’ente regolatorio americano, la Food and Drug Administration, nel tumore della mammella metastatico. “Servono opzioni terapeutiche innovative – spiega il prof. Giuliano -. Gli inibitori di CDK4/6 rappresentano una nuova strategia nella gestione del tumore del seno metastatico positivo per i recettori ormonali e HER2 negativo. In queste pazienti, la pratica clinica si sta progressivamente allontanando dall’impiego della chemioterapia per adottare la combinazione, in prima linea, di diverse molecole a bersaglio molecolare con la terapia endocrina. Gli inibitori di CDK4/6 infatti stanno progressivamente sostituendo la chemioterapia in prima linea, proprio perché, a parità di efficacia, garantiscono una migliore qualità di vita grazie all’ottima tollerabilità. Va sottolineato che non viene meno l’importanza della chemioterapia, soprattutto nelle pazienti già trattate”.

TUMORI, CHEMIO A BASSE DOSI: L’ALOPECIA SI RIDUCE ALL’1%

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Milano, 1 marzo 2019 – Farmaci a basso dosaggio, anche tutti i giorni. È la Chemioterapia Metronomica, una innovativa strategia che prevede una terapia orale con una frequenza che va dal quotidiano alle due/tre volte alla settimana. “Non solo ha una tossicità diretta sulle cellule tumorali – afferma Marina Cazzaniga, Direttore del Centro di ricerca di Fase I – ASST Monza – ma anche un effetto sul loro microambiente, poiché inibisce l’angiogenesi neoplastica, in altre parole il meccanismo di formazione di nuovi vasi sanguigni, responsabile di crescita tumorale e metastasi. La sua efficacia è dimostrata in alcune forme di tumore al seno, del polmone, linfomi, neoplasie pediatriche e in molti casi di tumori in stadio avanzato. Non è solo efficace, ma ha anche un profilo di bassa tossicità, è in grado di modulare la risposta immunitaria, riduce gli effetti collaterali – meno dell’1% presenta alopecia e la tossicità neurologica è inferiore al 5% – e può portare alla cronicizzazione della malattia. Senza contare l’enorme risparmio economico che offre una terapia “a domicilio”.

A marzo inizieranno i primi corsi dell’International School of Metronomic Chemotherapy (ISMe®). “Con questa scuola, gratuita e accessibile online, abbiamo voluto offrire, nell’interesse dei pazienti e della ricerca, una piattaforma educazionale che rende disponibili tutte le conoscenze accumulate in questi anni di studi” annuncia la Dott.ssa Cazzaniga, fondatrice e presidente della scuola. “Vogliamo migliorare la divulgazione di questo particolare tipo di trattamento, i suoi meccanismi d’azione caratteristici, i risultati più recenti su diversi tipi di tumore, oltre a contribuire allo scambio scientifico tra medici, clinici e ricercatori. La scuola accoglie laureandi in Medicina, oncologi, radioterapisti, chirurghi, ginecologi, infermieri, farmacisti e farmaco-economisti di tutto il mondo”.

Nel 2019 nella sola Europa si stimano 3,9 milioni di nuovi casi e oltre 1,9 milioni di morti per cancro. In Italia, dove la proiezione è di 373.300 nuovi casi di tumore, mediamente ogni giorno oltre 485 persone muoiono a causa di una neoplasia.

“La chemioterapia metronomica ha un potenziale enorme – sottolinea la Dott.ssa Cazzaniga – pensiamo solo all’accesso alle cure nei Paesi poveri, dove anche riuscire a raggiungere un ospedale è tutt’altro che semplice. Inoltre i farmaci che usiamo non sono molto costosi. A breve avremo i risultati di un nuovo studio in real life, ma quello che abbiamo condotto negli ultimi anni ci ha riservato risultati sorprendenti: la terapia sarebbe efficace non solo negli stadi più avanzati di tumore al seno in cui l’ormonoterapia ha fallito, ma anche in quelli meno avanzati. Le opportunità di impiego della metronomica si allargano ogni giorno”.

Gioco di squadra per il successo della terapia, con un ruolo chiave per l’infermiere clinico. La Dott.ssa Olga Trevisi, Infermiera di Ricerca clinica, Centro di ricerca di Fase I – ASST Monza racconta la sua esperienza: “la Terapia Metronomica rende il paziente soggetto di cura e non oggetto di cura. L’infermiere affianca il paziente nel suo percorso mettendo in atto strategie assistenziali che necessitano di un approccio con il paziente assolutamente innovativo”.

Al centro dunque c’è il paziente. Interessante la testimonianza della Signora Antonella Parma: “sembrerà poca cosa, ma con questa terapia non ho perso i capelli, come sarebbe potuto accadere con la chemio tradizionale – dichiara la donna, in trattamento con la terapia metronomica da 9 mesi – inoltre non sono costretta ad eseguire spesso gli esami del sangue. Faccio i miei controlli quando vado in ospedale a ritirare le compresse per la terapia. Sostanzialmente posso continuare a fare la mia vita”.

“Dobbiamo lavorare sulla giusta dose di farmaco – conclude la Dott.ssa Cazzaniga – poiché ad oggi appare chiaro che dosi e tempi di somministrazione differenti dello stesso farmaco inducono effetti diversi sulla cellula tumorale e su quello che la circonda, ovvero il cosiddetto micro-ambiente tumorale. Modulando la dose e la cadenza di somministrazione possiamo avere azioni ed effetti diversi: sui vasi tumorali, sulla stimolazione della risposta immunitaria oppure sulle cellule staminali tumorali. A giugno presenteremo i risultati di uno studio sui profili farmacocinetici. L’attività scientifica sulla concentrazione ottimale di farmaco è determinante nel futuro della chemioterapia metronomica. Ma dovremo occuparci anche di comprendere quali pazienti possano beneficiarne in modo sostanziale, quali farmaci possano essere indicati, quale impostazione del trattamento sia la più appropriata, quale sia il potenziale sull’attivazione del sistema immunitario”.

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Chemioterapia: a 68% degli italiani fa ancora paura

Aiom ha realizzato un libro con le 100 domande e risposte su questa arma contro i tumori

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Milano, 13 Luglio 2017 – La fotografia del livello di conoscenza di una delle principali armi contro il cancro è stata scattata dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) in un sondaggio che ha coinvolto 1.010 cittadini. E per far capire come la cura farmacologica contro i tumori sia cambiata la società scientifica ha realizzato il libro “Chemioterapia 100 domande 100 risposte”, disponibile sul sito www.aiom.it. Il progetto è stato realizzato con il contributo non condizionato di Sanofi Genzyme. “Gli importanti progressi registrati negli ultimi decenni possono essere ricondotti ai continui passi in avanti nella prevenzione, diagnosi e terapia dei tumori, che include a pieno titolo la chemioterapia, ancora oggi arma fondamentale e con aspetti di innovatività da non trascurare – sottolinea il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM -. Questo libro con le 100 domande e risposte sulla chemioterapia e sul ‘pianeta’ cancro vuole essere una guida per tutti i cittadini per comprendere a fondo la terapia che in più di 70 anni ha rappresentato il cardine della lotta ai tumori e che è ancora insostituibile nella cura della maggioranza delle neoplasie. Negli anni sono state diffuse false informazioni o mistificazioni prive di fondamento per screditarne l’efficacia e allontanare o demotivare i pazienti. Contemporaneamente abbiamo anche assistito alla pericolosa diffusione di teorie pseudoscientifiche sulle cure miracolose del cancro. Sulla chemioterapia inoltre grava lo stigma di una cura con ‘pesanti’ effetti collaterali che spesso fanno paura più del cancro stesso, reminiscenza del passato e molto lontano dalle attuali possibilità terapeutiche”. Il sondaggio evidenzia la scarsa conoscenza degli italiani sull’evoluzione che ha interessato quest’arma: per il 53% non permette di condurre una vita “normale” e per il 37% è un trattamento ormai superato. “La chemioterapia – spiega il prof. Pinto – si è continuamente sviluppata e innovata, non è più quella di 30 anni fa, è più ‘dolce’. Inoltre oggi abbiamo a disposizione trattamenti complementari che ne riducono in maniera rilevante gli effetti collaterali come la nausea e il vomito. Con le dovute differenze a seconda del tipo di tumore, dello stadio della malattia e della finalità della cura, sono disponibili terapie che non provocano la caduta dei capelli, altre che rispettano la produzione di globuli bianchi e rossi e piastrine da parte del midollo osseo, o sono meno impattanti per le mucose. Non è certamente una modalità di cura superata. Malgrado i progressi ottenuti con altre terapie, per esempio con i farmaci a target molecolare e l’immuno-oncologia, si continua a fare ricerca in quest’ambito. Oggi infatti molti nuovi trattamenti sono somministrati in combinazione o in sequenza con la chemioterapia ‘più tradizionale’. Più armi quindi insieme per ridurre e migliorare i sintomi come dolore, dispnea, disfagia, prolungare la vita e migliorare le percentuali di guarigioni dopo la chirurgia in un sempre più elevato numero di malati”. Nel 2016 in Italia sono stati stimati 365.800 nuovi casi di tumore: il 63% delle donne ed il 54% degli uomini sconfiggono la malattia. Buona parte dei progressi compiuti dall’oncologia mondiale negli ultimi decenni sono stati ottenuti proprio grazie alla chemioterapia, che rappresenta ancora oggi una terapia efficace nel trattamento di alcuni dei tumori più frequenti come quelli del seno, del colon-retto, del polmone e della prostata. “Nel rispetto delle scelte del paziente – conclude il prof. Pinto – i clinici devono lavorare per fornire ai malati corrette informazioni, sapendone ascoltare i bisogni, le speranze e le paure, per una piena condivisione del progetto di cura e per evitare perdita di fiducia o rinuncia alle terapie o che diventino preda di promesse terapeutiche infondate”.