Solo un paziente su 7 ha accesso alle tecniche transcatetere
Roma, 3 maggio 2019 – Migliaia di italiani sono affetti da disfunzioni delle valvole cardiache e non hanno accesso a terapie innovative, a causa della frammentazione regionale del Servizio Sanitario Nazionale e delle diverse politiche sanitarie, che non favoriscono adeguata applicazione delle linee guida. Nonostante i progressi scientifici e tecnologici nel campo dell’interventistica cardiovascolare, alla TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation), procedura mini-invasiva eseguita senza aprire il torace e fermare il cuore, non accede neppure il 20% della popolazione candidabile. Per questa e altre procedure interventistiche cardiovascolari, quali la riparazione percutanea della valvola mitrale nei pazienti con rigurgito mitralico e la chiusura percutanea dell’auricola sinistra per la prevenzione dell’ictus nei pazienti con fibrillazione atriale, non trattabili farmacologicamente, restano numerosi ostacoli clinici, organizzativi e finanziari che rischiano di penalizzare fortemente i pazienti. Questo l’allarme emerso nel corso dell’evento ThinkHeart 2019, organizzato dal GISE, la Società Italiana di Cardiologia interventistica (già Gruppo Italiano di Studi emodinamici), proprio per promuovere, in un confronto su politica e gestione sanitaria, standard di cura appropriati.
Dal convegno che si chiuderà domani e che è giunto alla sua quarta edizione, lancia l’allarme il Presidente del GISE Giuseppe Tarantini: “Abbiamo sviluppato nuovi standard diagnostici e terapeutici che hanno migliorato la sopravvivenza alle patologie cardiache come scompenso cardiaco, fibrillazione atriale e malattia coronarica, ma il loro impatto clinico, sociale ed economico è ancora importante. Pensiamo alla TAVI, presente e futuro nel trattamento della stenosi aortica: di 50mila pazienti candidabili alla sostituzione della valvola per via transcatetere, solo 7mila sono quelli trattati. Se consideriamo poi i più recenti dati di epidemiologia condivisi dalla comunità scientifica, includendo anche la popolazione a basso rischio, si registrano 16mila nuovi casi diagnosticati ogni anno”. GISE, che rappresenta 271 centri di Emodinamica italiani, fra medici e personale tecnico/infermieristico, dal 1979 raccoglie i dati di attività dei laboratori di emodinamica affiliati. 36.887 i dati rilevati, suddivisi in 163 voci, tra diagnostica, interventistica cardiovascolare e strutturale. Un patrimonio informativo essenziale e unico per interpretare le dinamiche cliniche e organizzative e per comprendere il trattamento appropriato alle patologie cardiovascolari.
“Dei quasi 7 milioni di italiani over 75 – riferisce Battistina Castiglioni, membro dell’esecutivo del GISE e responsabile della raccolta dati di attività – il 3,4% (oltre 230mila persone), è affetto da stenosi aortica severa. Dagli ultimi dati raccolti è emerso che gli impianti TAVI che nel 2017 erano stati 5528, nel 2018 sono arrivati a 6888, con un incremento del 24%. Il rapporto TAVI per milione di abitanti che nel 2017 era di 91,2, è cresciuto, toccando nel 2018 quota 114, ma rimane nettamente inferiore rispetto alla Germania (220) e alla Francia (154)”. “L’approccio transcatetere ha una diffusione molto eterogenea tra le Regioni italiane – continua Giuseppe Tarantini – con una maggiore penetrazione soprattutto in quelle del Nord. Forte la disomogeneità tra regione e regione, con valori che vanno da 171 TAVI per milione di abitanti in Lombardia fino a 56 per milione di abitanti in Calabria. Una metodica dunque ancora poco conosciuta e soprattutto riconosciuta, anche dagli stessi decisori sanitari nazionali, regionali e locali. Anche nella riparazione trancatetere della valvola mitrale, la variabilià regionale è rilevante e va da regioni in cui non viene offerta la terapia, a regioni in cui vengono trattati 32 pazienti su un milione di abitanti, dato che comunque non copre il fabbisogno”.
“Abbiamo bisogno di un processo di governance per la valutazione e l’introduzione delle nuove tecnologie, in modo da garantire tempestività e trasparenza – sottolinea il Presidente del GISE -. Chiediamo alle istituzioni coinvolte azioni correttive, per garantire agli italiani l’accesso equo e appropriato a quelle terapie che rappresentano lo standard di cura”.
“Dobbiamo tutti riportare il paziente al centro – conclude Tarantini – dando evidenza alla sostenibilità in termini di appropriatezza clinica e organizzativa. Chiediamo un aggiornamento dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali sulla gestione del paziente, tariffe DRG idonee ed uguali sul territorio nazionale, maggiore programmazione dell’attività e stanziamento di budget basati sul fabbisogno epidemiologico. Solo così ci muoveremo nell’interesse comune e superiore della salute delle persone”.