Distrofia muscolare di Duchenne: in Italia colpiti 2.000 giovani

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La Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) ha presentato a Roma le nuove iniziative per la promozione del riconoscimento precoce delle malattie neuromuscolari. Dopo anni in cui il numero di nuovi casi cresceva del 10% l’anno, nel nostro Paese, le malattie neuromuscolari manifestano attualmente un’incidenza stabile. Nonostante ciò, il numero complessivo delle persone interessate da queste gravi patologie, che tipicamente esordiscono in età infantile, è in aumento: questo accade perché le terapie di supporto oggi disponibili stanno aumentando l’aspettativa di vita di chi ne è affetto. Nella Distrofia di Duchenne, ad esempio, che nel nostro Paese colpisce circa 2.000 persone, la sopravvivenza è quasi raddoppiata negli ultimi anni. “Il nostro obiettivo – afferma il dott. Mattia Doria, Segretario Nazionale alle Attività Scientifiche ed Etiche della FIMP – è quello di cercare di anticipare l’età della diagnosi: le evidenze scientifiche e le esperienze dei malati e delle loro famiglie, infatti, ci testimoniano che la qualità e l’aspettativa di vita aumenta sensibilmente in funzione della precocità di inizio dei trattamenti. Fondamentale, quindi, risulta il ruolo del pediatra di famiglia, lo specialista che segue nel tempo lo sviluppo del bambino fin dalla nascita e che per primo può individuare i possibili segnali di sospetto, sensibilizzare i genitori a segnalarli e inviare ai servizi deputati alla diagnosi e all’avvio del trattamento”. Per questo la FIMP da oltre un anno promuove il progetto PETER PaN (PEdiatria TEerritoriale e Riconoscimento Precoce Malattie Neuromuscolari) realizzato con il supporto non condizionante di PTC Therapeutics in collaborazione con la Associazione Parent Project APS. I primi risultati dell’iniziativa sono presentati oggi in un convegno nazionale al Ministero della Salute. “Sono malattie rare che compaiono nei primissimi mesi o anni di vita – prosegue il dott. Doria -. Devono essere identificate precocemente attraverso il riconoscimento di sintomi specifici. Una diagnosi precoce gioca un ruolo chiave nel garantire l’inizio tempestivo dei trattamenti che sono in grado di rallentare la progressione della malattia. Nella Distrofia di Duchenne non esistono cure definitive e fino a poco tempo fa l’aspettativa di vita era intorno ai 20 anni. Adesso arriva frequentemente ai 30 e, non di rado, possiamo incontrare pazienti 40enni”. Nell’ambito del progetto PETER PaN è stato attivato un portale informativo (www.bilanciperlavita.it) e uno spot video di sensibilizzazione per i genitori e caregivers. “Esistono dei campanelli d’allarme che devono essere tempestivamente segnalati – prosegue il dott. Carmelo Rachele, pediatra di famiglia FIMP che sta collaborando alla realizzazione del progetto-. Se, ad esempio, un bambino nei primi mesi di vita non è in grado di sollevare la testa in posizione prona, oppure tra 6 e i 9 mesi non è in grado di rotolare o mantenere la posizione seduta o, ancora, se entro i 12-15 mesi non riesce a sollevarsi da terra sorreggendosi ad un sostegno significa che potrebbe avere un disturbo del neurosviluppo riferito all’area neuromotoria”. “Come pediatri di famiglia abbiamo il compito di valutare le competenze neuromotorie infantili all’interno delle varie attività previste dai bilanci di salute – riprende il dott. Doria -, con particolare riferimento ai primi 48 mesi di vita. Sono visite speciali che consentono di mettere in atto con tempestività percorsi diagnostico-terapeutici adeguati, eventuali esami preventivi o interventi di profilassi: è importante che le famiglie vi ricorrano con regolarità. Tali appuntamenti, inoltre, rappresentano un fondamentale momento di educazione ai corretti stili di vita dell’intera famiglia e di tutta la popolazione”. “La nostra Federazione – aggiunge il dott. Paolo Biasci, Presidente Nazionale della FIMP – vuole, quindi, con questo progetto, ribadire l’assoluta importanza di sottoporre con continuità un bimbo ai bilanci di salute. Il numero delle visite e la loro calendarizzazione variano leggermente nelle diverse Regioni, ma nel loro insieme sono uniformemente diffuse e gratuite su tutto il territorio nazionale”.

Le malattie neuromuscolari colpiscono in totale oltre 20.000 bambini e adolescenti nel nostro Paese. “Sono tutte causate da un danno genetico che può essere ereditato dai genitori o di nuova insorgenza – sottolinea il dott. Rachele -. Si tratta di patologie che determinano una progressiva debolezza muscolare che limita fortemente le capacità di movimento e può portare a deformazione dello scheletro e difficoltà respiratorie. Si calcola che quattro pazienti su dieci abbiano bisogno di programmi di riabilitazione intensiva ed estensiva. L’introduzione, negli ultimi anni, di cure specifiche e di nuovi strumenti tecnologici ha permesso di garantire una buona qualità di vita, soprattutto se intraprese precocemente grazie anche alla collaborazione e cooperazione tra il sistema di cure primarie del territorio e i centri di riferimento di terzo livello specializzati nella cura delle malattie rare”. “Fondamentale è quindi – conclude il dott. Doria – un aggiornamento complessivo delle conoscenze e competenze del pediatra di famiglia sul riconoscimento precoce e sul sostegno complessivo a pazienti che presentano esigenze particolari. Ad oggi la Federazione sta programmando corsi di formazione su queste tematiche su tutta la Penisola”

TUMORI: IN UN ANNO -2.000 DIAGNOSI

Presentato al Ministero della Salute il volume I Numeri del Cancro 2019

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Roma, 24 settembre 2019 –Nel 2019 sono stimate 371mila diagnosi (196.000 uomini e 175.000 donne), erano 373mila nel 2018: 2.000 in meno in 12 mesi. Le cinque più frequenti sono quelle della mammella (53.500 casi nel 2019), colon-retto (49.000), polmone (42.500), prostata (37.000) e vescica (29.700). In calo, in particolare, le neoplasie del colon-retto, dello stomaco, del fegato e della prostata e, solo negli uomini, i carcinomi del polmone. Che continuano, invece, ad aumentare fra le donne (+2,2% annuo), per la preoccupante diffusione dell’abitudine al fumo di sigaretta fra le italiane. In crescita anche il tumore della mammella e, in entrambi i generi, quelli del pancreas, della tiroide e i melanomi (soprattutto al Sud). L’incidenza più alta si registra in Friuli Venezia Giulia (716 casi per 100.000 abitanti), la più bassa in Calabria (559 casi per 100.000 abitanti). Quasi 3 milioni e mezzo di italiani (3.460.025, il 5,3% dell’intera popolazione) vivono dopo la diagnosi di cancro, cifra in costante crescita (erano 2 milioni e 244 mila nel 2006, 2 milioni e 587mila nel 2010, circa 3 milioni nel 2015), grazie ad armi sempre più efficaci e alla maggiore adesione ai programmi di screening. In aumento anche la sopravvivenza: il 63% delle donne e il 54% degli uomini sono vivi a 5 anni dalla diagnosi. Almeno un paziente su quattro, pari a quasi un milione di persone, è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può considerarsi guarito.

è questo il censimento ufficiale, giunto alla nona edizione, che descrive l’universo cancro in tempo reale grazie al lavoro dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), di Fondazione AIOM, PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), PASSI d’Argento e della Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica (SIAPEC-IAP), raccolto nel volume “I numeri del cancro in Italia 2019”, presentato oggi all’Auditorium del Ministero della Salute in un convegno nazionale (disponibile nella versione per operatori e in quella per pazienti e cittadini).

“I dati (calcolati al netto dell’invecchiamento della popolazione: dati standardizzati), relativi ai trend temporali nel periodo 2003-2014, indicano che l’incidenza delle neoplasie è in riduzione in entrambi i generi – afferma Stefania Gori, Presidente Nazionale AIOM e Direttore dipartimento oncologico, IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria-Negrar -. Il tumore della mammella si conferma il più frequente nella popolazione, in crescita soprattutto nelle aree del Centro-Nord per l’estensione dei programmi di screening e della popolazione target (da 50-69 anni a 45-74): quest’ultimo però non costituisce un fenomeno negativo, perché vengono individuati in fase iniziale e con alte probabilità di guarigione molti tumori che, senza lo screening, sarebbero stati scoperti in stadio avanzato”.

“L’incidenza dei tumori maligni conserva differenze geografiche significative: decresce progressivamente dall’Italia del Nord a quella meridionale-insulare – spiega Massimo Rugge, Presidente AIRTUM -. Nel maschio, il tasso di incidenza standardizzato per tutte le neoplasie è più basso al Centro (meno 4%, rispetto al Nord) e ancor più basso al Sud (meno 14%); lo stesso andamento si conferma nel genere femminile (meno 5% nell’Italia centrale e meno 17% nell’Italia del Sud-insulare, rispetto al Nord). È verosimile attribuire tale situazione a fattori che agiscono in senso ‘protettivo’ (abitudini alimentari, vita riproduttiva, minore esposizione a fattori di rischio ambientale). Nel Meridione, tuttavia, la minore adesione agli screening oncologici non ha fatto rilevare quei benefici effetti della diagnosi precoce, che si registrano nel Settentrione. Nell’Italia meridionale-insulare, infatti, non si è osservata quella riduzione di incidenza e mortalità che, nel Nord, è stata documentata per i carcinomi per i quali sono attivi programmi di diagnosi precoce (mammella, colon-retto e cervice uterina)”. “Nel maschio – continua il prof. Rugge – le migliori sopravvivenze si registrano per i tumori del testicolo, della prostata e della tiroide; nelle donne per le neoplasie della tiroide, della mammella e per il melanoma. Nel genere femminile, la sopravvivenza per tutti i tumori è più alta di quella della popolazione maschile: questo vantaggio di genere si mantiene anche nelle singole sedi e può essere associato alla diversa diffusione di screening specifici (mammella e utero) e alla maggior propensione del genere femminile a aderire ai programmi di prevenzione/screening”. La sopravvivenza a 5 anni più alta si registra, per gli uomini, in Valle D’Aosta (61%), Emilia-Romagna e Toscana (56%) e, per le donne, in Emilia-Romagna e Toscana (65%).

Nel 2016 (ultimo anno disponibile), nel nostro Paese, sono stati 179.502 i decessi attribuibili al cancro (100.003 uomini e 79.499 donne). “I trend temporali – continua Stefania Gori – indicano che, nel periodo 2003-2014, anche la mortalità continua a diminuire in maniera significativa in entrambi i sessi, come risultato di più fattori, quali la prevenzione primaria, in particolare la lotta al tabagismo, la diffusione degli screening su base nazionale, i miglioramenti diagnostici, i progressi terapeutici (chirurgici, farmacologici, radioterapici) e l’applicazione sempre più su larga scala di una gestione multidisciplinare dei pazienti oncologici. Proprio la prevenzione primaria, cioè l’adozione di uno stile di vita sano (no al fumo, dieta corretta e attività fisica costante), è la migliore strategia per ridurre sia l’incidenza che la mortalità”.

Uno studio ha stimato i rischi attribuibili di morte per tumore legati allo stile di vita (fumo, alcol, eccesso ponderale, dieta e inattività fisica) specifici per la popolazione italiana, evidenziando un rischio complessivo dal 37,9% al 43,8%, con una percentuale più alta negli uomini (46,7%) che nelle donne (26,8%). “Il volume contiene anche un’analisi degli stili di vita degli ultra 65enni che hanno ricevuto una diagnosi di tumore – sottolinea Maria Masocco, Responsabile dei sistemi di sorveglianza PASSI e PASSI d’Argento, coordinati dall’Istituto Superiore di Sanità -. I risultati sono preoccupanti. Le persone anziane che hanno avuto una diagnosi di tumore mantengono abitudini, quali fumo, abuso di alcol, sedentarietà o scarso consumo di frutta e verdura che rappresentano fattori di rischio per recidive tumorali o aggravanti della patologia stessa. Fra gli ultra 65enni che hanno avuto una diagnosi di tumore resta non trascurabile la quota di persone che si mantengono fumatori abituali (11%). Il 18% fa ancora un consumo di alcol rischioso per la salute (superando il limite indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per gli ultra 65enni di una unità alcolica al giorno) e il 40% dichiara di essere sedentario”. La prima causa di morte oncologica in Italia è costituita dal carcinoma del polmone (33.838 decessi nel 2016), seguito da colon-retto (19.575), mammella (12.760), pancreas (12.049) e fegato (9.702). Il tumore del polmone (nel periodo 2003-2014) si conferma il primo big killer e mostra una tendenza in calo negli uomini (-1,6%) e in aumento nella popolazione femminile (+2,2%). “In particolare nell’ultimo decennio per tutti i big killer oncologici (polmone, colon-retto, mammella), ma non solo, alla diagnosi morfologica vengono associati i profili molecolari – afferma Mauro Truini, Presidente SIAPEC-IAP –. Ciò ha consentito agli Anatomo Patologi di identificare e perfezionare le classificazioni delle singole neoplasie. Un esempio è il cancro della mammella, che è oggi riconosciuto come una malattia eterogenea che comprende almeno 21 (isto)tipi invasivi diversi e che presenta sottotipi molecolari distinti. Sulla base di tali precise diagnosi morfologiche e molecolari, l’oncologo è in grado di adottare e modulare specifiche terapie più adatte per il singolo paziente. Inoltre, la collaborazione tra AIRTUM e SIAPEC-IAP, coniugando i dati di diagnosi istologica tradizionale e di cosiddetta ‘immunofenotipizzazione’ con i dati clinici dei registri tumori, ha permesso di derivare la classificazione molecolare del singolo tumore. Ciò ha consentito di avere un panorama dei tipi di cancro della mammella in Italia e quali sono gli organi bersaglio di metastasi a seconda delle caratteristiche del tumore stesso”.

“Il costante incremento delle persone che vivono dopo la diagnosi (nel 2019 circa 3 milioni e mezzo) richiede un’attenta valutazione dell’impatto sanitario e sociale in termini di programmazione del follow-up e della riabilitazione – conclude Fabrizio Nicolis, Presidente Fondazione AIOM -. I numeri e gli andamenti della patologia neoplastica, riportati in questo volume, possono diventare un riferimento in sanità pubblica per programmazioni future, che dovranno tener conto della necessità di investimenti importanti in termini di prevenzione primaria, per poter ridurre il rischio di ammalarsi di tumore. Il cancro è, infatti, la patologia cronica potenzialmente più prevenibile e, oggi, anche più curabile”.

Tumore del rene, un terzo delle diagnosi è in fase avanzata

Nel 2017 in Italia sono stimati 13.600 nuovi casi di tumore del rene

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Roma, 6 dicembre 2017 – Oggi nel nostro Paese vivono circa 130mila persone con la diagnosi di questo tumore, cifra che è aumentata del 31% in otto anni (2010 – 2017). Il carcinoma a cellule renali a cellule chiare è il tipo a prevalenza più alta e costituisce l’80-90% dei casi totali. La malattia colpisce di più nel Nord del nostro Paese: quest’anno si stima che i nuovi casi riscontrati nel Mezzogiorno siano il 43% in meno tra gli uomini e il 40% tra le donne rispetto al Settentrione. Il maggiore consumo di frutta e verdura fresca, tipico della dieta mediterranea, molto diffusa al Sud, protegge dal rischio di insorgenza della neoplasia. Oggi ci sono nuove armi nella lotta contro il tumore del rene. L’immuno-oncologia ha evidenziato importanti risultati positivi, consentendo di controllare a lungo la malattia anche nella fase metastatica, migliorando la sopravvivenza con una buona qualità di vita.

Tumori: in 5 anni 31 nuove molecole disponibili in Italia

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Madrid, 11 settembre 2017 – In cinque anni nel mondo sono stati commercializzati 49 nuovi farmaci anticancro, tra cui l’Italia ha garantito la disponibilità a 31 di queste molecole innovative, collocandosi al quarto posto a livello mondiale. Al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO, European Society for Medical Oncology) in corso a Madrid fino a domani, l’attenzione dei clinici è concentrata sugli strumenti necessari per consentire l’accesso alle nuove terapie. “I sistemi di rimborsabilità concordati con l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) sono un esempio a livello internazionale – spiega il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) -. E il dato italiano è ancora più rilevante se consideriamo che i sistemi sanitari (privati o misti) degli USA e del Regno Unito rispondono a meccanismi diversi e non paragonabili al nostro che è universalistico. Nel 2016 in Italia sono stati stimati 365.800 nuovi casi di tumore, circa 1.000 ogni giorno: il 63% delle donne e il 54% degli uomini sconfiggono la malattia. Da un lato le nuove armi sempre più efficaci dall’altro l’alto livello delle cure consentono all’Italia di porsi nei primi posti in Europa per numero di guarigioni”. In particolare la sopravvivenza a 5 anni è più alta rispetto a quella dei Paesi dell’Europa centrale e settentrionale. Dato evidente nei cinque tumori più frequenti: colon (Italia 65,5%; Europa Centrale 60,5%; Europa Settentrionale 59%), seno (rispettivamente 87,1%; 83,9%; 84,7%), prostata (91,5%; 88%; 84,9%), polmone (15,8%; 14,8%; 12,2%) e vescica (79,5%; 67,9%; 73%). Il costo del cancro a livello mondiale è destinato a crescere in maniera esponenziale: è passato da 84 miliardi di dollari nel 2010 a 113 nel 2016. E si prevede un aumento fino a 150 miliardi nel 2020. I farmaci antineoplastici (e immunomodulatori) rappresentano nel nostro Paese la prima categoria terapeutica con un costo di quasi 4,5 miliardi di euro nel 2016, anche se la voce maggiore di spesa per l’assistenza oncologica non è rappresentata dai farmaci. “Il Governo italiano – continua la dott.ssa Stefania Gori, presidente eletto AIOM – lo scorso anno ha introdotto, su forte richiesta della nostra società scientifica, uno strumento importante per garantire la sostenibilità, un Fondo di 500 milioni di euro destinato ai farmaci oncologici innovativi. Rilanciamo anche per il 2018 la richiesta di risorse dedicate, che dovrebbero diventare parte integrante di un più ampio ‘Patto contro il cancro’. Chiediamo alle Istituzioni un programma ed una regia unici nazionali contro i tumori, che garantiscano una strategia unitaria per combattere la malattia dalla prevenzione alle terapie fino alla riabilitazione, dall’accompagnamento di fine vita, all’umanizzazione dell’assistenza fino alla ricerca, in grado così di incidere a 360 gradi sull’impatto di questa patologia nel nostro Paese. Potremmo in questo modo delineare un modello italiano di condivisione della lotta alla malattia fra clinici, pazienti e Istituzioni”. In questa prospettiva dovrebbero inserirsi anche i nuovi criteri per definire l’innovatività di un farmaco stabiliti dall’AIFA a marzo 2017. “La deliberazione – sottolinea il prof. Pinto – è molto importante perché ha reso accessibile il Fondo di 500 milioni di euro. Nel 2016 la Commissione tecnico scientifica dell’agenzia regolatoria ha attribuito il carattere dell’innovatività a sei farmaci di cui 2 in ematologia e 4 in oncologia medica. In base a questi nuovi criteri, dovrebbero essere valutati nei prossimi mesi ulteriori farmaci anticancro realmente innovativi che potranno essere resi disponibili ai pazienti rientrando così nel Fondo. Si tratta da un lato di molecole completamente nuove, dall’altro di trattamenti già in uso e rimborsabili ma che hanno ricevuto dall’AIFA un’estensione delle indicazioni. Lo schema proposto per la valutazione si basa su un criterio multidimensionale che tiene conto di tre elementi fondamentali: il bisogno terapeutico, il valore terapeutico aggiunto e la qualità delle prove (cioè la robustezza degli studi clinici). I farmaci innovativi dovrebbero essere inseriti nel Fondo in aderenza ai principi stabiliti dall’AIFA. Chiediamo quindi che venga previsto anche per il 2018 un adeguato Fondo Nazionale per i farmaci innovativi in Oncologia e che questo Fondo sia destinato alla copertura dei costi non solo dei farmaci ma anche dei test richiesti dal regolatorio per gli stessi farmaci”.

SENOLOGIA: FAVO, SENONETWORK, EUROPADONNA ITALIA E TOSCANA DONNA RICEVUTI AL MINISTERO DELLA SALUTE

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Roma, 8 settembre 2016 – Si è svolto ieri, presso il Ministero della Salute, un incontro tra l’Ufficio di Gabinetto del Ministro e una delegazione composta da Elisabetta Iannelli, Segretario Generale di FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), Laura Del Campo, Direttore di FAVO, Luigi Cataliotti, Presidente Senonetwork Italia e Pinuccia Musumeci, presidente Toscana Donna e rappresentante di Europa Donna Italia. L’incontro, a cui ha anche partecipato il Direttore generale della comunicazione e dei rapporti europei e internazionali, Dr.ssa Daniela Rodorigo, si è svolto in un clima di cordialità e collaborazione ed ha rappresentato l’occasione per discutere il tema dell’avvio dei Centri di Senologia multidisciplinare (Breast Unit) su tutto il territorio italiano, con ricadute di rilevante importanza per le donne cui è stato diagnosticato un tumore al seno. In particolare sono stati approfonditi gli aspetti relativi:
1. al numero di Breast Unit attualmente operative rispetto ai centri potenzialmente attivabili in Italia secondo i criteri dettati dalla normativa Europea;
2. ai lavori della Commissione Ministeriale delegata a facilitare e verificare l’adozione, da parte delle regioni, delle linee guida sulla rete dei centri di senologia di cui all’intesa Stato-Regioni del 18 dicembre 2014;
3. all’applicazione delle linee guida condivise sui percorsi relativi a diagnosi, trattamento e riabilitazione psicofisica delle donne malate di cancro al seno; multidisciplinarietà del team e specializzazione in campo senologico; presenza di breast nurse con compiti non solo assistenziali ma anche gestionali e di rilevazione dei bisogni assistenziali delle donne malate; utilizzo di database per la raccolta dei dati ai fini di ricerca;
4. all’avvio dei Centri di Senologia da parte delle Regioni, anche alla luce di quanto previsto nel DM 70 del 2015;
5. alla partecipazione attiva dei rappresentanti del volontariato oncologico nei Centri di Senologia;
6. al counseling e assistenza per assicurare la preservazione della fertilità nelle giovani donne malate di cancro prima dell’inizio dei trattamenti anti-tumorali.

Il Ministero della Salute ha assicurato il più ampio impegno nell’affrontare prontamente le tematiche segnalate dalle organizzazioni presenti all’incontro, anche in considerazione dei termini fissati dalla Comunità Europea per l’attivazione dei Centri di Senologia su tutto il territorio italiano. FAVO, Senonetwork Italia, Toscana Donna e Europa Donna Italia plaudono all’apertura del Ministero, confermando la propria disponibilità a collaborare in modo concreto affinché tutti i Centri di Senologia possano essere attivati nei modi e tempi previsti dalla normativa europea e nazionale vigente