Tumori: in 10 anni in Italia meta’ dei pazienti vivi dopo la diagnosi

Giordano Beretta, Presidente AIOM: Il nostro Paese è ai vertici in Europa nell’assistenza oncologica.

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Milano, 3 febbraio 2020 – In dieci anni, in Italia, i pazienti vivi dopo la diagnosi di tumore sono aumentati del 53%. Erano 2 milioni e 250mila nel 2010, oggi sono 3 milioni e 460mila. Un risultato molto importante, che dimostra i passi in avanti realizzati nell’assistenza oncologica e che colloca il nostro Paese ai vertici in Europa e nel mondo. Ma si tratta di un risultato migliorabile, perché sono ancora troppe le differenze sul nostro territorio: dall’adesione e copertura degli screening ancora troppo basse al Sud, alla realizzazione delle reti oncologiche regionali a macchia di leopardo, alla disponibilità solo in alcune Regioni più virtuose di terapie efficaci e di test in grado di analizzare il profilo molecolare del tumore. È concreto il rischio di pericolose discrepanze a danno dei pazienti. Domani si celebra la Giornata Mondiale contro il Cancro, che ha l’obiettivo di evidenziare l’impegno di ognuno nella lotta contro la malattia (lo slogan di quest’anno è I am and I will). Un impegno che si traduce anche nel garantire a tutti le stesse opportunità di cura, eliminando le differenze territoriali. L’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) aderisce alla Giornata e, in una conferenza stampa oggi a Milano, lancia un appello alle Istituzioni perché venga seguito l’esempio delle Regioni più virtuose, a tutto vantaggio dei pazienti.
“Nel 2018 sono stati stimati, nel mondo, più di 18 milioni di nuovi casi di cancro, erano 12 milioni nel 2008 – spiega Giordano Beretta, Presidente Nazionale AIOM e Responsabile dell’Oncologia Medica all’Humanitas Gavazzeni di Bergamo -. La patologia è in costante crescita nel mondo per la diffusione di stili di vita scorretti, a cui si aggiungono anche fattori ambientali. La qualità del nostro Sistema Sanitario è testimoniata dalla sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi, che presenta tassi più alti rispetto alla media europea nei tumori più frequenti: 86% nella mammella (83% UE), 64% nel colon (60% UE), 16% polmone (15% UE) e 90% prostata (87% UE). E raggiungiamo questi risultati con minori investimenti: la spesa sanitaria pubblica in rapporto al PIL nel nostro Paese ha registrato un calo, passando dal 7% nel 2010 al 6,5% nel 2017, a fronte del 9,8% della media europea. Vi sono, però, ancora differenze regionali che devono essere superate, perché nessuno rimanga indietro e tutti possano accedere alle cure più efficaci indipendentemente dal luogo in cui vivono”.
Alcune Regioni come la Campania hanno segnato la strada. “A ottobre 2019, è stata la prima in Italia a fornire gratuitamente a tutti i pazienti colpiti da melanoma, un tumore della pelle, la combinazione di due molecole immunoterapiche, nivolumab e ipilimumab – afferma Paolo Ascierto, Direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli -. Un anno fa, la terapia era stata approvata dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), ma lasciata in fascia C, impendendone così la rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale. Si è creato in questo modo un grave danno per i pazienti colpiti da melanoma, soprattutto per i cittadini con metastasi cerebrali asintomatiche, circa il 40% del totale, per i quali questa combinazione ha evidenziato risultati importanti: il 70% delle persone è libero da recidiva a 2 anni, motivo per cui tale trattamento è riconosciuto come prima opzione dalle maggiori linee guida internazionali in questi pazienti. Nelle altre Regioni la terapia non è ancora rimborsata, chiediamo che le Istituzioni locali si attivino quanto prima perché i malati non possono aspettare”.
La Lombardia è stata apripista sui test genomici, stabilendone, a settembre 2019, la rimborsabilità per le donne con carcinoma della mammella in stadio iniziale (positivo ai recettori ormonali e a rischio intermedio). “È stata la prima Regione ad adottare un provvedimento di questo tipo – sottolinea Nicla La Verde, membro Direttivo nazionale AIOM e Direttore Oncologia Ospedale Sacco di Milano -. La genomica fornisce straordinarie informazioni sulla natura di alcuni tumori, in particolare nel carcinoma mammario aggiunge dati che i parametri clinici, come il diametro della massa tumorale o la sua stadiazione, non offrono. I test genomici sono in grado di predire l’aggressività della malattia in stadio iniziale e di stimare meglio il rischio di una paziente, operata di tumore al seno, di sviluppare metastasi; quindi possono aiutare a decidere se aggiungere la chemioterapia alla terapia ormonale dopo la chirurgia. Grazie al test genomico, alcune pazienti a rischio intermedio di ricaduta possono evitare la chemioterapia. Ciò può tradursi, da un lato, in un beneficio clinico per le pazienti che non vengono più esposte a un eccesso di trattamento e al relativo rischio di tossicità immediate e tardive, dall’altro in un impatto favorevole sulla spesa sanitaria, che rappresenta un elemento di importanza fondamentale con cui anche i clinici devono confrontarsi”.
Nel trattamento del tumore della mammella si stanno evidenziando preoccupanti disparità nell’accesso alle terapie. “In particolare, nelle forme che esprimono in quantità eccessiva la proteina HER2 e che rappresentano circa il 15-20% dei casi, l’ente regolatorio europeo (EMA) nel 2015 ha approvato pertuzumab, terapia a bersaglio molecolare, prima della chirurgia (trattamento neoadiuvante) – spiega Lucia Del Mastro, membro Direttivo nazionale AIOM e Responsabile Breast Unit IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova -. È dimostrato che il farmaco, somministrato insieme alla chemioterapia prima dell’intervento chirurgico, aumenta la probabilità di ottenere la risposta patologica completa, vale a dire la scomparsa del tumore invasivo sia nel seno che nei linfonodi, riducendo così le probabilità di ripresa di malattia. AIFA ha recepito l’indicazione europea, ma nel 2017 ha deciso di non rimborsare la molecola. In questo modo, si creano disuguaglianze sia rispetto agli altri Paesi europei che invece (fatta eccezione per la Francia) hanno rimborsato la molecola sia all’interno del territorio nazionale. Assistiamo a disparità inaccettabili nell’accesso alla terapia, anche all’interno di una stessa Regione, perché alcuni ospedali hanno assunto la decisione di acquistare il farmaco, invece altri, per considerazioni di budget, non l’hanno adottata. Nel momento in cui EMA approva un farmaco con una specifica indicazione, AIFA dovrebbe non solo recepire la decisione ma anche rimborsare la terapia. La situazione attuale crea difficoltà sia alle pazienti sia ai medici, che non possono seguire le linee guida internazionali che raccomandano il trattamento neoadiuvante con pertuzumab”.
Il 4 e 5 febbraio a Milano, AIOM e Fondazione AIOM organizzano un corso di formazione sulle Linee Guida destinato ai pazienti. “Le Linee Guida sono uno degli strumenti principali della medicina basata sull’evidenza – afferma Massimo Di Maio, Segretario Nazionale AIOM e Direttore dell’Oncologia dell’Ospedale Mauriziano di Torino -. Attraverso un processo sistematico e trasparente rendono possibile il trasferimento nella pratica clinica di tutte le nuove conoscenze prodotte dalla ricerca medico-scientifica. Nell’elaborazione di diverse Linee Guida AIOM hanno preso parte anche i pazienti, che oltre ai medici specialisti, sono gli ‘utilizzatori finali’ di questi documenti. Devono essere inclusi nella loro stesura, per questo organizziamo corsi di formazione per pazienti. Ma le Linee Guida non bastano. Per estendere le ‘buone pratiche’ a tutto il territorio, devono essere implementate le reti oncologiche regionali, la cui attivazione ad oggi risulta eterogenea. Le reti rappresentano il modello per garantire in tutto il nostro Paese l’accesso a diagnosi e cure appropriate e di qualità, per razionalizzare risorse, professionalità e tecnologie, e per arginare il fenomeno preoccupante delle migrazioni sanitarie”.
In Italia, nel 2019, le nuove diagnosi di cancro sono state 371mila. “Rispetto al 2018, si è registrato un calo di circa 2.000 casi, a cui ha contribuito l’efficacia dello screening del tumore del colon retto, che permette di individuare lesioni a rischio prima della loro trasformazione in neoplasia – conclude il Presidente Beretta -. L’adesione alla mammografia, nel 2017, ha raggiunto il 55% e allo screening colorettale il 41%. Vi sono notevoli differenze fra Nord e Sud che vanno ricondotte anche alla diversa copertura. Per quanto riguarda la mammografia, quest’ultima è praticamente completa nell’Italia settentrionale e centrale, al Sud invece solo 6 donne su 10 ricevono l’invito. Nello screening colorettale, al Nord e al Centro siamo vicini alla copertura completa (92% Nord, 95% Centro), il Sud invece è ancora sotto il 50%”.

 

 

 

FONDAZIONE POLIAMBULANZA: 40 NUOVE ASSUNZIONI PREVISTE PER L’ANNO 2020

La struttura bresciana ottiene ancora una volta il prestigioso riconoscimento internazionale “TOP EMPLOYER”

 Poliambulanza: Sede (ingresso)

Brescia, 30 gennaio 2020 – Sono 40 nuove assunzioni previste anche per l’anno 2020, il 96% del personale a tempo indeterminato, un turnover inferiore al 3%. Richiama talenti dall’esterno e fidelizza quelli che fanno parte del suo organico. Questo il motivo per cui il Top Employers Institute, la società globale che certifica le eccellenze nelle Human Resaurce, ha confermato l’ambito riconoscimento a Poliambulanza. La struttura infatti ha dimostrato un innalzamento degli standard rispetto all’anno precedente – requisito fondamentale per la conferma. Ed è l’unico ospedale certificato, insieme al Gemelli di Roma, in tutta Italia e accanto ad altre 114 note aziende operanti in altri campi. Punto di forza l’integrazione di tre elementi imprescindibili: la qualità delle risorse umane e la capacità dell’azienda di valorizzarle all’interno di progetti concreti, nei quali la tecnologia è strumentale alla loro valorizzazione. E’ stato introdotto nell’area della chirurgia vascolare, per essere esteso alle altre aree chirurgiche, un sistema di messaggistica istantanea che informa il parente del ricoverato sugli step dell’iter chirurgico: un sms quando il paziente entra effettivamente in sala operatoria, un sms quando termina l’intervento e uno quando il paziente esce dal blocco operatorio per tornare in reparto. Un progetto che consente così di tranquillizzare i parenti ma anche di non sottoporre il personale a una condizione di tensione emotiva sul piano relazionale e favorire così una migliore gestione del proprio lavoro. In questo senso si inserisce anche la farmacia automatizzata. Un sistema informatizzato e robotizzato rende possibile la tracciabilità, la conservazione e il prelievo automatico di farmaci e presidi. In questo modo gli operatori sono dispensati dal ripetitivo lavoro manuale e possono adempiere a funzioni a valore aggiunto mentre il paziente può contare su un maggiore livello di sicurezza. “La tecnologia da sola non basta. Sono le persone, le loro competenze e il loro commitment, a qualificare i percorsi di cura del paziente. Al contempo sono le attrezzature all’avanguardia, di cui Poliambulanza è dotata, a mettere i medici e tutti gli operatori sanitari nelle condizioni di crescere e garantire ottime performance – dichiara Daniela Conti, Direttore Risorse Umane di Fondazione Poliambulanza -. In tutti i settori produttivi le Risorse Umane costituiscono un fondamentale asset attorno al quale si sviluppa l’organizzazione aziendale e da essa il valore prodotto dall’azienda stessa. Nel settore sanitario questi concetti sono fortemente enfatizzati per ragioni di carattere economico, in quanto il costo del personale è il principale costo di produzione ma anche per l’attività ad elevata valenza sociale che i professionisti sanitari svolgono. Inoltre, la qualità delle cure rese ai pazienti è data dalle competenze professionali, ma anche dalle caratteristiche umane degli operatori, i quali devono essere in grado di prendersi cura della ‘persona’ e non solo di curare la malattia. Con queste finalità sono stati introdotti strumenti di People Management e di Welfare Aziendale, elementi core della Certificazione Top Employer.”
 

TUMORI: IN UN ANNO -2.000 DIAGNOSI

Presentato al Ministero della Salute il volume I Numeri del Cancro 2019

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Roma, 24 settembre 2019 –Nel 2019 sono stimate 371mila diagnosi (196.000 uomini e 175.000 donne), erano 373mila nel 2018: 2.000 in meno in 12 mesi. Le cinque più frequenti sono quelle della mammella (53.500 casi nel 2019), colon-retto (49.000), polmone (42.500), prostata (37.000) e vescica (29.700). In calo, in particolare, le neoplasie del colon-retto, dello stomaco, del fegato e della prostata e, solo negli uomini, i carcinomi del polmone. Che continuano, invece, ad aumentare fra le donne (+2,2% annuo), per la preoccupante diffusione dell’abitudine al fumo di sigaretta fra le italiane. In crescita anche il tumore della mammella e, in entrambi i generi, quelli del pancreas, della tiroide e i melanomi (soprattutto al Sud). L’incidenza più alta si registra in Friuli Venezia Giulia (716 casi per 100.000 abitanti), la più bassa in Calabria (559 casi per 100.000 abitanti). Quasi 3 milioni e mezzo di italiani (3.460.025, il 5,3% dell’intera popolazione) vivono dopo la diagnosi di cancro, cifra in costante crescita (erano 2 milioni e 244 mila nel 2006, 2 milioni e 587mila nel 2010, circa 3 milioni nel 2015), grazie ad armi sempre più efficaci e alla maggiore adesione ai programmi di screening. In aumento anche la sopravvivenza: il 63% delle donne e il 54% degli uomini sono vivi a 5 anni dalla diagnosi. Almeno un paziente su quattro, pari a quasi un milione di persone, è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può considerarsi guarito.

è questo il censimento ufficiale, giunto alla nona edizione, che descrive l’universo cancro in tempo reale grazie al lavoro dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), di Fondazione AIOM, PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), PASSI d’Argento e della Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica (SIAPEC-IAP), raccolto nel volume “I numeri del cancro in Italia 2019”, presentato oggi all’Auditorium del Ministero della Salute in un convegno nazionale (disponibile nella versione per operatori e in quella per pazienti e cittadini).

“I dati (calcolati al netto dell’invecchiamento della popolazione: dati standardizzati), relativi ai trend temporali nel periodo 2003-2014, indicano che l’incidenza delle neoplasie è in riduzione in entrambi i generi – afferma Stefania Gori, Presidente Nazionale AIOM e Direttore dipartimento oncologico, IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria-Negrar -. Il tumore della mammella si conferma il più frequente nella popolazione, in crescita soprattutto nelle aree del Centro-Nord per l’estensione dei programmi di screening e della popolazione target (da 50-69 anni a 45-74): quest’ultimo però non costituisce un fenomeno negativo, perché vengono individuati in fase iniziale e con alte probabilità di guarigione molti tumori che, senza lo screening, sarebbero stati scoperti in stadio avanzato”.

“L’incidenza dei tumori maligni conserva differenze geografiche significative: decresce progressivamente dall’Italia del Nord a quella meridionale-insulare – spiega Massimo Rugge, Presidente AIRTUM -. Nel maschio, il tasso di incidenza standardizzato per tutte le neoplasie è più basso al Centro (meno 4%, rispetto al Nord) e ancor più basso al Sud (meno 14%); lo stesso andamento si conferma nel genere femminile (meno 5% nell’Italia centrale e meno 17% nell’Italia del Sud-insulare, rispetto al Nord). È verosimile attribuire tale situazione a fattori che agiscono in senso ‘protettivo’ (abitudini alimentari, vita riproduttiva, minore esposizione a fattori di rischio ambientale). Nel Meridione, tuttavia, la minore adesione agli screening oncologici non ha fatto rilevare quei benefici effetti della diagnosi precoce, che si registrano nel Settentrione. Nell’Italia meridionale-insulare, infatti, non si è osservata quella riduzione di incidenza e mortalità che, nel Nord, è stata documentata per i carcinomi per i quali sono attivi programmi di diagnosi precoce (mammella, colon-retto e cervice uterina)”. “Nel maschio – continua il prof. Rugge – le migliori sopravvivenze si registrano per i tumori del testicolo, della prostata e della tiroide; nelle donne per le neoplasie della tiroide, della mammella e per il melanoma. Nel genere femminile, la sopravvivenza per tutti i tumori è più alta di quella della popolazione maschile: questo vantaggio di genere si mantiene anche nelle singole sedi e può essere associato alla diversa diffusione di screening specifici (mammella e utero) e alla maggior propensione del genere femminile a aderire ai programmi di prevenzione/screening”. La sopravvivenza a 5 anni più alta si registra, per gli uomini, in Valle D’Aosta (61%), Emilia-Romagna e Toscana (56%) e, per le donne, in Emilia-Romagna e Toscana (65%).

Nel 2016 (ultimo anno disponibile), nel nostro Paese, sono stati 179.502 i decessi attribuibili al cancro (100.003 uomini e 79.499 donne). “I trend temporali – continua Stefania Gori – indicano che, nel periodo 2003-2014, anche la mortalità continua a diminuire in maniera significativa in entrambi i sessi, come risultato di più fattori, quali la prevenzione primaria, in particolare la lotta al tabagismo, la diffusione degli screening su base nazionale, i miglioramenti diagnostici, i progressi terapeutici (chirurgici, farmacologici, radioterapici) e l’applicazione sempre più su larga scala di una gestione multidisciplinare dei pazienti oncologici. Proprio la prevenzione primaria, cioè l’adozione di uno stile di vita sano (no al fumo, dieta corretta e attività fisica costante), è la migliore strategia per ridurre sia l’incidenza che la mortalità”.

Uno studio ha stimato i rischi attribuibili di morte per tumore legati allo stile di vita (fumo, alcol, eccesso ponderale, dieta e inattività fisica) specifici per la popolazione italiana, evidenziando un rischio complessivo dal 37,9% al 43,8%, con una percentuale più alta negli uomini (46,7%) che nelle donne (26,8%). “Il volume contiene anche un’analisi degli stili di vita degli ultra 65enni che hanno ricevuto una diagnosi di tumore – sottolinea Maria Masocco, Responsabile dei sistemi di sorveglianza PASSI e PASSI d’Argento, coordinati dall’Istituto Superiore di Sanità -. I risultati sono preoccupanti. Le persone anziane che hanno avuto una diagnosi di tumore mantengono abitudini, quali fumo, abuso di alcol, sedentarietà o scarso consumo di frutta e verdura che rappresentano fattori di rischio per recidive tumorali o aggravanti della patologia stessa. Fra gli ultra 65enni che hanno avuto una diagnosi di tumore resta non trascurabile la quota di persone che si mantengono fumatori abituali (11%). Il 18% fa ancora un consumo di alcol rischioso per la salute (superando il limite indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per gli ultra 65enni di una unità alcolica al giorno) e il 40% dichiara di essere sedentario”. La prima causa di morte oncologica in Italia è costituita dal carcinoma del polmone (33.838 decessi nel 2016), seguito da colon-retto (19.575), mammella (12.760), pancreas (12.049) e fegato (9.702). Il tumore del polmone (nel periodo 2003-2014) si conferma il primo big killer e mostra una tendenza in calo negli uomini (-1,6%) e in aumento nella popolazione femminile (+2,2%). “In particolare nell’ultimo decennio per tutti i big killer oncologici (polmone, colon-retto, mammella), ma non solo, alla diagnosi morfologica vengono associati i profili molecolari – afferma Mauro Truini, Presidente SIAPEC-IAP –. Ciò ha consentito agli Anatomo Patologi di identificare e perfezionare le classificazioni delle singole neoplasie. Un esempio è il cancro della mammella, che è oggi riconosciuto come una malattia eterogenea che comprende almeno 21 (isto)tipi invasivi diversi e che presenta sottotipi molecolari distinti. Sulla base di tali precise diagnosi morfologiche e molecolari, l’oncologo è in grado di adottare e modulare specifiche terapie più adatte per il singolo paziente. Inoltre, la collaborazione tra AIRTUM e SIAPEC-IAP, coniugando i dati di diagnosi istologica tradizionale e di cosiddetta ‘immunofenotipizzazione’ con i dati clinici dei registri tumori, ha permesso di derivare la classificazione molecolare del singolo tumore. Ciò ha consentito di avere un panorama dei tipi di cancro della mammella in Italia e quali sono gli organi bersaglio di metastasi a seconda delle caratteristiche del tumore stesso”.

“Il costante incremento delle persone che vivono dopo la diagnosi (nel 2019 circa 3 milioni e mezzo) richiede un’attenta valutazione dell’impatto sanitario e sociale in termini di programmazione del follow-up e della riabilitazione – conclude Fabrizio Nicolis, Presidente Fondazione AIOM -. I numeri e gli andamenti della patologia neoplastica, riportati in questo volume, possono diventare un riferimento in sanità pubblica per programmazioni future, che dovranno tener conto della necessità di investimenti importanti in termini di prevenzione primaria, per poter ridurre il rischio di ammalarsi di tumore. Il cancro è, infatti, la patologia cronica potenzialmente più prevenibile e, oggi, anche più curabile”.

ASST del Garda per la prevenzione cardiovascolare femminile

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In Lombardia colpisce circa 20.000 donne l’anno

Brescia, 12 aprile 2019 – Torna l’appuntamento “l’Open Week” promosso da Onda-Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere al quale ASST Garda aderisce offrendo a tutte le donne la rilevazione di alcuni parametri ed un consulto medico. L’obiettivo è la promozione della salute femminile con focus di promuovere la prevenzione e la cura delle patologie cardiache. A Desenzano, Gavardo e Manerbio le donne potranno effettuare gratuitamente, senza prenotazione, la misurazione di peso, indice di massa corporea (BMI), pressione arteriosa, colesterolo ed effettuare un colloquio con medici e personale sanitario per la compilazione della Carta del Rischio approvata dal Ministero della Salute.

Il calendario delle iniziative prevede:

martedì 16 aprile dalle 9.00 alle 12.00 presso Palazzo Todeschini durante il mercato settimanale di Desenzano

mercoledì 17 aprile dalle 9.00 alle 12.00 presso l’ingresso del Presidio Ospedaliero di Gavardo

giovedì 18 aprile, dalle 9.00 alle 12.00 presso l’ingresso del Presidio Ospedaliero di Manerbio

Tumore della prostata: ogni anno colpisce oltre 7.000 italiani

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Bologna, 6 settembre 2018 – Ridurre gli esami inutili e valutare correttamente l’efficacia delle cure per gli oltre 7.000 italiani che ogni anno sono colpiti da un tumore della prostata metastatico. Sono questi i due principali obiettivi della Consensus Conference sul monitoraggio del carcinoma prostatico avanzato che si apre oggi a Bologna. L’evento è ideato, realizzato e promosso dalla Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO) e vede la partecipazione di oltre 100 specialisti da tutta la Penisola. Per la prima volta nel nostro Paese si vuole arrivare ad un documento che stabilisca regole precise per il monitoraggio dei pazienti afflitti dalle forme più gravi della neoplasia. “Attualmente non esiste un programma condiviso che sia valido su tutto il territorio nazionale – afferma il dott. Alberto Lapini, Presidente Nazionale SIUrO -. Spetta al singolo centro stabilire i controlli da svolgere dopo la diagnosi della malattia. Può quindi succedere che alcuni italiani siano sottoposti ad un numero eccessivo di esami mentre altri pazienti non vengano sufficientemente monitorati. Spesso capita che alcuni test, particolarmente complessi e magari superflui, siano pagati dallo stesso malato. Vogliamo quindi razionalizzare e uniformare la pratica clinica per poter così ridurre gli esami superflui. Questo porterebbe anche a notevoli risparmi economici sia per il singolo paziente che per l’intero sistema sanitario nazionale”. In totale sono circa 500mila gli italiani che vivono con un tumore della prostata. I costi per le diagnosi, i trattamenti e il follow-up a cinque anni per ogni singolo paziente ammontano a circa 10mila euro l’anno per un totale di oltre 420 milioni. “E’ in assoluto la neoplasia più diffusa tra gli uomini italiani e perciò è ancora più importante riuscire ad evitare gli sprechi – aggiunge il dott. Giario Conti, Segretario Nazionale SIUrO -. Possiamo inoltre ottenere risultati migliori per quanto riguarda il cancro alla prostata resistente a castrazione (o CRPC). In quelle nazioni, come per esempio la Francia, in cui sono attivi precisi protocolli di monitoraggio si riscontra, infatti, una maggiore sopravvivenza. Il carcinoma prostatico è una patologia particolarmente “furba” perché riesce a mettere in atto dei sistemi di difesa che contrastano l’efficacia delle terapie. Oggi abbiamo a disposizione trattamenti che permettono a oltre il 90% dei pazienti di sconfiggere il tumore. Ciò nonostante ogni anno dobbiamo registrare anche 7.000 decessi soprattutto tra i più anziani. Per garantire al paziente una migliore risposta ai trattamenti, anche in caso di malattia avanzata, è necessario un monitoraggio accurato e dettagliato”. “Nonostante i grandi progressi della ricerca medico-scientifica il monitoraggio del tumore della prostata avanzato rimane una “zona oscura” che non viene ancora affrontata in nessuna linea guida – sottolinea il dott. Orazio Caffo, Consigliere Nazionale SIUrO -. Uno dei motivi di questa grave lacuna è che è sempre stato difficile mettere d’accordo i vari specialisti che si occupano della neoplasia. La nostra Società Scientifica ha la multidisciplinarietà nel suo DNA e riunisce al suo interno oncologi medici, urologi e oncologi radioterapisti. Proprio per questo motivo vogliamo essere i primi promotori di una svolta positiva sia per i clinici che per i pazienti”. Alla Consensus di Bologna oltre alla SIUrO aderiscono anche le altre sei Società che fanno parte del TMD (Team Multidisciplinare Uro-Oncologico): AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), AIRB (Società Italiana di Radiobiologia), AIRO (Associazione Italiana di Radioterapia e Oncologia Clinica), AURO (Associazione Urologi Italiani), CIPOMO (Collegio Italiano Primari Oncologi Medici Ospedalieri) e SIU (Società Italiana di Urologia).

Nel nostro Paese ogni anno si registrano oltre 34.800 nuovi casi di cancro della prostata. Rappresentano il 20% di tutte le neoplasie diagnosticate dopo i 50 anni. “E’ una patologia che ha numeri importanti e che rappresenta un ottimo esempio dei vantaggi che si possono ottenere dalla gestione multidisciplinare e multiprofessionale dei tumori urologici – conclude il dott. Rolando M. D’Angelillo, Consigliere Nazionale SIUrO -. Se un paziente viene assistito da un team al cui interno lavorano e collaborano diversi specialisti, vengono ottimizzati l’appropriatezza diagnostica e terapeutica-osservazionale, l’accesso alle cure disponibili così come l’utilizzo delle risorse disponibili. Infine si riscontano anche miglioramenti sia nella qualità di vita del malato che nell’adesione alle terapie. Nei prossimi mesi organizzeremo una serie di incontri in cinque regioni italiane con i rappresentati delle istituzioni sanitarie locali e del personale medico. L’obiettivo finale è avviare un confronto e valutare se il modello proposto dal TMD può essere applicato e reso operativo sui vari territori. Sarà l’occasione per mettere a fuoco le principali criticità organizzative che caratterizzano le realtà locali e individuare i margini di miglioramento”.

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