Roma, 7 maggio 2019 – L’Italia è leader a livello internazionale nelle ricerche sull’immuno-oncologia, che sta cambiando le prospettive di cura in molti tumori in fase avanzata. Il nostro Paese è fra i primi al mondo nelle sperimentazioni in questo campo, che rientra nell’oncologia di precisione, un approccio che mira a offrire il farmaco “giusto” al paziente “giusto” al momento “giusto”, migliorandone così l’efficacia e la qualità di vita. E Bristol-Myers Squibb, pioniere nello sviluppo di terapie che hanno cambiato la storia dell’oncologia, oggi è in prima linea nella ricerca di farmaci innovativi in grado di modificare le aspettative di vita dei pazienti. L’impegno di Bristol-Myers Squibb in oncologia e le nuove frontiere contro i tumori sono al centro di una conferenza stampa oggi a Roma. “Negli ultimi 10 anni, l’immuno-oncologia, una vera e propria nuova disciplina che utilizza farmaci immunoterapici che stimolano il sistema immunitario contro il tumore, ha rivoluzionato la lotta contro la malattia – spiega il prof. Michele Maio, Direttore della Cattedra di Oncologia dell’Università di Siena e del Centro di Immuno-Oncologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese -. Dopo i primi due grandi passi in avanti rappresentati dalla chemioterapia e dalle terapie mirate, stiamo assistendo a una vera e propria svolta nel trattamento dei tumori grazie alla progressiva estensione dell’efficacia di quest’arma. L’immuno-oncologia rappresenta oggi lo standard di cura in diverse neoplasie in stadio metastatico: dal melanoma, al tumore del polmone non a piccole cellule, al linfoma di Hodgkin, al carcinoma a cellule renali fino a quelli della testa e del collo e al tumore di Merkel. E sono in corso studi sulle neoplasie gastrointestinali, della vescica, del fegato, del seno, dell’esofago, e in molte altre”. In Italia vivono quasi tre milioni e 400 mila persone dopo la diagnosi di tumore e circa due milioni si sono lasciati la malattia alle spalle da più di 5 anni.
“Nel melanoma metastatico, il 20% dei pazienti trattati con ipilimumab, la prima molecola immuno-oncologica, è vivo a 10 anni dalla diagnosi – sottolinea il prof. Paolo Ascierto, Direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Nazionale Tumori Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli -. In seguito è stato introdotto nivolumab, che ha migliorato i risultati. E un ulteriore passo in avanti è stato compiuto con la combinazione delle due molecole in prima linea nel melanoma metastatico: il 53% dei pazienti colpiti da questo tumore della pelle è vivo a 4 anni. Un beneficio che molto probabilmente si manterrà a lungo termine grazie all’effetto ‘memoria’ caratteristico dell’immuno-oncologia. Quest’arma garantisce anche una buona qualità di vita. La sfida immediata è aumentare l’efficacia dei farmaci a disposizione per superare la resistenza alle terapie immuno-oncologiche, che impedisce a circa il 50% dei pazienti di beneficiarne”. “Nel 2013, la prestigiosa rivista americana Science collocò l’immuno-oncologia al primo posto della ‘top ten’ delle più importanti scoperte scientifiche dell’anno – afferma Emma Charles, General Manager Bristol-Myers Squibb Italia -. Allora sembrava una scommessa, oggi l’immuno-oncologia è una realtà consolidata nel trattamento dei tumori e molte conquiste sono considerate ormai acquisite. Il Premio Nobel per la Medicina assegnato, nel 2018, a James Allison e a Tasuku Honjo per i loro studi su quest’arma ha testimoniato la portata della rivoluzione in corso. Bristol-Myers Squibb, per prima, ha creduto in questo approccio investendo tempo e risorse. Abbiamo introdotto la prima molecola immuno-oncologica, ipilimumab, nel melanoma nel 2013 in Italia e, oggi, nivolumab in monoterapia o in combinazione con ipilimumab è utilizzato in numerose indicazioni comportando un beneficio significativo in sopravvivenza per i pazienti. Oggi continuiamo a essere pionieri negli studi sulle nuove combinazioni di terapie e nella medicina di precisione, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti colpiti da gravi malattie. In Italia sono in corso oltre 80 sperimentazioni su 16 molecole sviluppate dall’azienda in oncologia. Investiamo il 25% dei ricavi in ricerca, proprio per sviluppare terapie sempre più efficaci. Attraverso lo sviluppo sinergico di diagnostica e nuove terapie oncologiche, BMS vuole infine realizzare la promessa della medicina di precisione – individuare il trattamento giusto, per il paziente giusto, al momento giusto”. “Servono studi sui meccanismi di resistenza e la chiave per scoprirli si trova nel microambiente tumorale, cioè nell’ambiente in cui le cellule malate vivono – afferma il prof. Ascierto -. Il microambiente caldo (infiammatorio) risponde alle terapie immuno-oncologiche perché contiene cellule del sistema immunitario, quello freddo invece sviluppa resistenza perché è privo di infiltrato linfocitario. Le strategie immediate della ricerca mirano proprio a introdurre linfociti nel microambiente freddo perché aggrediscano il tumore. Come? Innanzitutto rendendo più efficaci le armi a disposizione attraverso la combinazione di terapie immuno-oncologiche. Vi sono poi farmaci locoregionali che vengono ‘iniettati’ nel tumore per renderlo ‘caldo’: l’idea alla base del loro funzionamento è che, in questo modo, possa essere modificato il microambiente tumorale. Va anche studiata la giusta sequenza di terapie, obiettivo dello studio Secombit coordinato dal ‘Pascale’ di Napoli: ha coinvolto 244 persone da 22 centri (11 italiani e 11 del resto d’Europa) e si concluderà nel giugno 2021. Il trial sperimenta tre opzioni per individuare la sequenza migliore”. “La ricerca di laboratorio è cruciale per comprendere le nuove frontiere della lotta alla malattia – sottolinea il prof. Maio -. Oltre alle stesse cellule tumorali ed al microambiente in cui esse vivono, anche la funzionalità del sistema immunitario e del microbiota intestinale (cioè la flora intestinale, l’insieme di organismi, in particolare batteri, che popolano l’intestino) svolgono un ruolo fondamentale nel regolare la risposta immunitaria e, quindi, nel determinare l’efficacia delle terapie immuno-oncologiche. Dobbiamo imparare a conoscere e, quindi, ad aggirare gli ostacoli che ciascuna di queste componenti può opporre all’attività del sistema immunitario. Interessanti sperimentazioni mirano proprio a comprendere in che modo alcuni tipi di flora intestinale favoriscano una migliore risposta a questi trattamenti. Grazie al patto virtuoso siglato fra Università, clinici, industria, pazienti e agenzia regolatoria, l’Italia è in prima linea nella ricerca sulle molecole innovative. Non va però dimenticato il peso decisivo della ricerca indipendente: nel Centro di Siena, ad esempio, grazie a studi condotti dalla Fondazione NIBIT, abbiamo, primi al mondo, iniziato a dimostrare l’efficacia dell’immunoterapia nel mesotelioma pleurico e che farmaci epigenetici possono migliorare l’efficacia del trattamento immunoterapico nel melanoma rendendo il tumore maggiormente ‘visibile’ e riconoscibile da parte del sistema immunitario”. “Oggi il termine ‘sperimentazione’ non provoca più timore – afferma Monica Forchetta, presidente APaIM (Associazione Pazienti Italia Melanoma) -. Le Associazioni però devono sensibilizzare i pazienti oncologici sull’importanza della ricerca clinica, per far capire loro che, proprio entrando in una sperimentazione, è possibile accedere a terapie innovative anni prima della loro commercializzazione. La ricerca offre grandi opportunità ai pazienti, inoltre in questo modo è possibile aiutare gli altri malati”. “Nessuna azienda ha maggiore esperienza nell’immuno-oncologia di BMS. Con più di 250.000 pazienti trattati con le nostre immunoterapie, BMS ha cambiato le aspettative di sopravvivenza al cancro – conclude Cosimo Paga, Executive Country Medical Director, Bristol-Myers Squibb Italia -. Nivolumab ha ricevuto circa 300 approvazioni a livello globale, con 15 pubblicazioni sulla prestigiosa rivista scientifica ‘New England Journal of Medicine’, e otto studi di fase III sulla molecola sono stati interrotti in anticipo perché hanno raggiunto il beneficio di sopravvivenza. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una importante accelerazione nelle scoperte scientifiche, raggiungendo numerosi traguardi con l’immunoterapia, ma c’è ancora tanto da fare e stiamo lavorando per migliorarne ulteriormente l’efficacia. Innanzitutto dobbiamo estendere l’efficacia dell’immuno-oncologia in tumori dove gli attuali farmaci non sono indicati. Dobbiamo inoltre studiare i meccanismi di resistenza dell’immuno-oncologia e per questo abbiamo da poco inaugurato il centro di ricerca traslazionale negli Stati Uniti (Cambridge, Massachusetts), per accelerare la capacità di identificare soluzioni di medicina di precisione per ogni paziente, integrando discipline che comprendono genomica, imaging, bioinformatica. Il programma di medicina traslazionale di BMS definisce le interazioni complesse e uniche tra il tumore, il microambiente tumorale (TME), il sistema immunitario e il paziente nella sua individualità, analizzando le caratteristiche cliniche e i biomarcatori per stabilire quali pazienti più probabilmente possano beneficiare di terapie specifiche. Infine, la nostra capacità di innovazione deriva anche dalla continua e proficua collaborazione con il mondo accademico. In questo senso, vanno ricordati il progetto GECI, che sigla la partnership fra Bristol-Myers Squibb e circa 30 strutture di ricerca internazionali (in Europa, Giappone, Australia e Canada), e gli ‘R&D Days’, appuntamento annuale che riunisce i più importanti scienziati da tutto il mondo per fare il punto sulle ultime strategie nella lotta al cancro”.