MELANOMA: L’IMMUNO-ONCOLOGIA È EFFICACE IN FASE “PRECOCE”

L’immuno-oncologia ha aperto un ‘nuovo mondo’ non solo in termini di efficacia e attività, ma anche di qualità di vita per la bassa tossicità e la facile maneggevolezza. E, oggi, si stanno affermando importanti risultati, grazie a questo approccio anche per alcuni pazienti in stadio III e IV completamente resecato. In questi casi, il trattamento anticipato con l’immuno-oncologia aumenta la possibilità di evitare una recidiva o la ricomparsa della malattia e, quindi, potenzialmente di curare il paziente”.

Tumori: Italia leader nel mondo nella ricerca sull’immuno-oncologia

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Roma, 7 maggio 2019 – L’Italia è leader a livello internazionale nelle ricerche sull’immuno-oncologia, che sta cambiando le prospettive di cura in molti tumori in fase avanzata. Il nostro Paese è fra i primi al mondo nelle sperimentazioni in questo campo, che rientra nell’oncologia di precisione, un approccio che mira a offrire il farmaco “giusto” al paziente “giusto” al momento “giusto”, migliorandone così l’efficacia e la qualità di vita. E Bristol-Myers Squibb, pioniere nello sviluppo di terapie che hanno cambiato la storia dell’oncologia, oggi è in prima linea nella ricerca di farmaci innovativi in grado di modificare le aspettative di vita dei pazienti. L’impegno di Bristol-Myers Squibb in oncologia e le nuove frontiere contro i tumori sono al centro di una conferenza stampa oggi a Roma.  “Negli ultimi 10 anni, l’immuno-oncologia, una vera e propria nuova disciplina che utilizza farmaci immunoterapici che stimolano il sistema immunitario contro il tumore, ha rivoluzionato la lotta contro la malattia – spiega il prof. Michele Maio, Direttore della Cattedra di Oncologia dell’Università di Siena e del Centro di Immuno-Oncologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese -. Dopo i primi due grandi passi in avanti rappresentati dalla chemioterapia e dalle terapie mirate, stiamo assistendo a una vera e propria svolta nel trattamento dei tumori grazie alla progressiva estensione dell’efficacia di quest’arma. L’immuno-oncologia rappresenta oggi lo standard di cura in diverse neoplasie in stadio metastatico: dal melanoma, al tumore del polmone non a piccole cellule, al linfoma di Hodgkin, al carcinoma a cellule renali fino a quelli della testa e del collo e al tumore di Merkel. E sono in corso studi sulle neoplasie gastrointestinali, della vescica, del fegato, del seno, dell’esofago, e in molte altre”. In Italia vivono quasi tre milioni e 400 mila persone dopo la diagnosi di tumore e circa due milioni si sono lasciati la malattia alle spalle da più di 5 anni.
“Nel melanoma metastatico, il 20% dei pazienti trattati con ipilimumab, la prima molecola immuno-oncologica, è vivo a 10 anni dalla diagnosi – sottolinea il prof. Paolo Ascierto, Direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Nazionale Tumori Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli -. In seguito è stato introdotto nivolumab, che ha migliorato i risultati. E un ulteriore passo in avanti è stato compiuto con la combinazione delle due molecole in prima linea nel melanoma metastatico: il 53% dei pazienti colpiti da questo tumore della pelle è vivo a 4 anni. Un beneficio che molto probabilmente si manterrà a lungo termine grazie all’effetto ‘memoria’ caratteristico dell’immuno-oncologia. Quest’arma garantisce anche una buona qualità di vita. La sfida immediata è aumentare l’efficacia dei farmaci a disposizione per superare la resistenza alle terapie immuno-oncologiche, che impedisce a circa il 50% dei pazienti di beneficiarne”.  “Nel 2013, la prestigiosa rivista americana Science collocò l’immuno-oncologia al primo posto della ‘top ten’ delle più importanti scoperte scientifiche dell’anno – afferma Emma Charles, General Manager Bristol-Myers Squibb Italia -. Allora sembrava una scommessa, oggi l’immuno-oncologia è una realtà consolidata nel trattamento dei tumori e molte conquiste sono considerate ormai acquisite. Il Premio Nobel per la Medicina assegnato, nel 2018, a James Allison e a Tasuku Honjo per i loro studi su quest’arma ha testimoniato la portata della rivoluzione in corso. Bristol-Myers Squibb, per prima, ha creduto in questo approccio investendo tempo e risorse. Abbiamo introdotto la prima molecola immuno-oncologica, ipilimumab, nel melanoma nel 2013 in Italia e, oggi, nivolumab in monoterapia o in combinazione con ipilimumab è utilizzato in numerose indicazioni comportando un beneficio significativo in sopravvivenza per i pazienti. Oggi continuiamo a essere pionieri negli studi sulle nuove combinazioni di terapie e nella medicina di precisione, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti colpiti da gravi malattie. In Italia sono in corso oltre 80 sperimentazioni su 16 molecole sviluppate dall’azienda in oncologia. Investiamo il 25% dei ricavi in ricerca, proprio per sviluppare terapie sempre più efficaci. Attraverso lo sviluppo sinergico di diagnostica e nuove terapie oncologiche, BMS vuole infine realizzare la promessa della medicina di precisione – individuare il trattamento giusto, per il paziente giusto, al momento giusto”.  “Servono studi sui meccanismi di resistenza e la chiave per scoprirli si trova nel microambiente tumorale, cioè nell’ambiente in cui le cellule malate vivono – afferma il prof. Ascierto -. Il microambiente caldo (infiammatorio) risponde alle terapie immuno-oncologiche perché contiene cellule del sistema immunitario, quello freddo invece sviluppa resistenza perché è privo di infiltrato linfocitario. Le strategie immediate della ricerca mirano proprio a introdurre linfociti nel microambiente freddo perché aggrediscano il tumore. Come? Innanzitutto rendendo più efficaci le armi a disposizione attraverso la combinazione di terapie immuno-oncologiche. Vi sono poi farmaci locoregionali che vengono ‘iniettati’ nel tumore per renderlo ‘caldo’: l’idea alla base del loro funzionamento è che, in questo modo, possa essere modificato il microambiente tumorale. Va anche studiata la giusta sequenza di terapie, obiettivo dello studio Secombit coordinato dal ‘Pascale’ di Napoli: ha coinvolto 244 persone da 22 centri (11 italiani e 11 del resto d’Europa) e si concluderà nel giugno 2021. Il trial sperimenta tre opzioni per individuare la sequenza migliore”.  “La ricerca di laboratorio è cruciale per comprendere le nuove frontiere della lotta alla malattia – sottolinea il prof. Maio -. Oltre alle stesse cellule tumorali ed al microambiente in cui esse vivono, anche la funzionalità del sistema immunitario e del microbiota intestinale (cioè la flora intestinale, l’insieme di organismi, in particolare batteri, che popolano l’intestino) svolgono un ruolo fondamentale nel regolare la risposta immunitaria e, quindi, nel determinare l’efficacia delle terapie immuno-oncologiche. Dobbiamo imparare a conoscere e, quindi, ad aggirare gli ostacoli che ciascuna di queste componenti può opporre all’attività del sistema immunitario. Interessanti sperimentazioni mirano proprio a comprendere in che modo alcuni tipi di flora intestinale favoriscano una migliore risposta a questi trattamenti. Grazie al patto virtuoso siglato fra Università, clinici, industria, pazienti e agenzia regolatoria, l’Italia è in prima linea nella ricerca sulle molecole innovative. Non va però dimenticato il peso decisivo della ricerca indipendente: nel Centro di Siena, ad esempio, grazie a studi condotti dalla Fondazione NIBIT, abbiamo, primi al mondo, iniziato a dimostrare l’efficacia dell’immunoterapia nel mesotelioma pleurico e che farmaci epigenetici possono migliorare l’efficacia del trattamento immunoterapico nel melanoma rendendo il tumore maggiormente ‘visibile’ e riconoscibile da parte del sistema immunitario”.  “Oggi il termine ‘sperimentazione’ non provoca più timore – afferma Monica Forchetta, presidente APaIM (Associazione Pazienti Italia Melanoma) -. Le Associazioni però devono sensibilizzare i pazienti oncologici sull’importanza della ricerca clinica, per far capire loro che, proprio entrando in una sperimentazione, è possibile accedere a terapie innovative anni prima della loro commercializzazione. La ricerca offre grandi opportunità ai pazienti, inoltre in questo modo è possibile aiutare gli altri malati”. “Nessuna azienda ha maggiore esperienza nell’immuno-oncologia di BMS. Con più di 250.000 pazienti trattati con le nostre immunoterapie, BMS ha cambiato le aspettative di sopravvivenza al cancro – conclude Cosimo Paga, Executive Country Medical Director, Bristol-Myers Squibb Italia -. Nivolumab ha ricevuto circa 300 approvazioni a livello globale, con 15 pubblicazioni sulla prestigiosa rivista scientifica ‘New England Journal of Medicine’, e otto studi di fase III sulla molecola sono stati interrotti in anticipo perché hanno raggiunto il beneficio di sopravvivenza. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una importante accelerazione nelle scoperte scientifiche, raggiungendo numerosi traguardi con l’immunoterapia, ma c’è ancora tanto da fare e stiamo lavorando per migliorarne ulteriormente l’efficacia. Innanzitutto dobbiamo estendere l’efficacia dell’immuno-oncologia in tumori dove gli attuali farmaci non sono indicati. Dobbiamo inoltre studiare i meccanismi di resistenza dell’immuno-oncologia e per questo abbiamo da poco inaugurato il centro di ricerca traslazionale negli Stati Uniti (Cambridge, Massachusetts), per accelerare la capacità di identificare soluzioni di medicina di precisione per ogni paziente, integrando discipline che comprendono genomica, imaging, bioinformatica. Il programma di medicina traslazionale di BMS definisce le interazioni complesse e uniche tra il tumore, il microambiente tumorale (TME), il sistema immunitario e il paziente nella sua individualità, analizzando le caratteristiche cliniche e i biomarcatori per stabilire quali pazienti più probabilmente possano beneficiare di terapie specifiche. Infine, la nostra capacità di innovazione deriva anche dalla continua e proficua collaborazione con il mondo accademico. In questo senso, vanno ricordati il progetto GECI, che sigla la partnership fra Bristol-Myers Squibb e circa 30 strutture di ricerca internazionali (in Europa, Giappone, Australia e Canada), e gli ‘R&D Days’, appuntamento annuale che riunisce i più importanti scienziati da tutto il mondo per fare il punto sulle ultime strategie nella lotta al cancro”.

TUMORE DELLA VESCICA: PRIMO PASSO IN AVANTI NELLA CURA IN 30 ANNI

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Roma, 27 marzo 2017 – In Italia le guarigioni dei pazienti colpiti da tumore del polmone (14,3%) e della vescica (78%) sono più alte rispetto al resto d’Europa (rispettivamente 13% e 68,6%). Queste percentuali sono destinate a migliorare in modo significativo grazie alle prospettive offerte dall’immuno-oncologia che riaccende il sistema immunitario contro la malattia. Il melanoma ha aperto la strada, oggi si stanno delineando prospettive importanti anche in queste due neoplasie molto frequenti come quelle del polmone (41mila nuove diagnosi stimate nel 2016 in Italia) e della vescica (26.600). In particolare in quest’ultima neoplasia per la prima volta in 30 anni si registra un reale passo in avanti nella cura. Al nuovo approccio l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) dedica il convegno “Immunoterapia nei tumori del polmone e dell’urotelio, a che punto siamo?” realizzato con il sostegno di Roche, che si apre oggi a Roma. “Stiamo entrando nella seconda fase dello ‘tsunami’ provocato da questa rivoluzione terapeutica, per questo possiamo parlare di ‘immuno-oncologia anche per altre patologie neoplastiche’ – spiega il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM -. Da un lato sono chiari i vantaggi dell’uso di questi farmaci in combinazione o in sequenza, a cui si aggiunge in prospettiva anche la possibilità di combinarli con quelle tradizionali per aumentarne l’efficacia. E’ indispensabile individuare fattori per selezionare al meglio i pazienti che hanno le migliori probabilità di ottenere un vantaggio, che può essere molto consistente, con l’immuno-oncologia. Tutto questo per ottenere insieme maggiore efficacia della cura e migliore utilizzo delle risorse economiche, riunendo in un unico perimetro il concetto di accesso alle cure innovative per tutti i pazienti e di sostenibilità per la sanità pubblica”. “Le moderne tecniche di determinazione dei biomarcatori, largamente utilizzate nella comune pratica clinica, hanno favorito il concetto di medicina personalizzata – continua il prof. Mauro Truini, presidente SIAPEC-IAP (Società Italiana di Anatomia Patologica e Citologia Diagnostica) – e quindi delle terapie a target molecolare. Questo concetto non è allo stesso modo estrapolabile per l’immunoterapia. I marcatori oggi disponibili, come PD-L1, la cui valutazione avviene mediante immunoistochimica, una tecnica ampiamente utilizzata nella diagnosi di diverse patologie, probabilmente non comprendono interamente questa problematica. Per la determinazione immunoistochimica di PD-L1 abbiamo oggi a disposizione anticorpi differenti che valutano componenti cellulari diverse. La SIAPEC-IAP insieme ad AIOM è fortemente impegnata per armonizzare i diversi test e renderli fruibili diffusamente nella pratica clinica. È un’area della ricerca di grande interesse, perché potremo incrementare la percentuale di malati in grado di rispondere ai trattamenti in funzione delle caratteristiche della neoplasia da cui sono colpiti”. Nel trattamento dei pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato abbiamo a disposizione farmaci anti-PD1 come il nivolumab ed il pembrolizumab, e, più di recente, anche farmaci anti-PD-L1 come l’atezolizumab. “Questi stessi farmaci si sono dimostrati attivi nel trattamento del carcinoma metastatico della vescica – afferma il prof. Paolo Marchetti, direttore dell’Oncologia Medica all’Ospedale Sant’Andrea di Roma -. L’atezolizumab ha ridotto la massa tumorale in circa un quarto dei pazienti e la sopravvivenza mediana è stata di 15,9 mesi (generalmente in questi pazienti, è pari a 9-10 mesi con la chemioterapia). Inoltre i pazienti hanno manifestato anche un miglioramento dei sintomi: sappiamo che una migliore qualità di vita svolge un ruolo decisivo nell’adesione alle cure”.

ALBANO E FLAVIA PENNETTA IN PIAZZA PER IL FESTIVAL DELLA PREVENZIONE IN ONCOLOGIA

pullman-oncologiaBrindisi, 2 marzo 2017 – La lotta ai tumori scende in piazza a Brindisi. La terza tappa del “Festival della prevenzione e innovazione in oncologia” si svolge proprio nel capoluogo pugliese. Un motorhome, cioè un pullman, sarà allestito per tre giorni, dal 3 al 5 marzo, in Piazza della Vittoria (dalle 10 alle 18), dove gli oncologi dell’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) forniranno informazioni sulla prevenzione, sull’innovazione terapeutica e sui progressi nella ricerca in campo oncologico. Non solo. Domenica 5 marzo, alle 9.30, è in programma anche una “passeggiata in rosa” a cui darà il via la Sindaca Angela Carluccio (con partenza da Piazza della Vittoria), realizzata in collaborazione con l’associazione “Cuore di donna”. E domenica mattina ci sarà il cantante Al Bano Carrisi. Ospite della manifestazione anche la campionessa di tennis Flavia Pennetta. L’obiettivo è portare ai cittadini un messaggio fondamentale: il cancro non va più considerato un male incurabile e contro questa malattia si deve giocare d’anticipo. “Lanciamo, sul modello dei festival della letteratura, il primo ‘Festival della prevenzione e innovazione in oncologia’ per spiegare agli italiani il nuovo corso dell’oncologia, che spazia dai corretti stili di vita, agli screening, alle armi innovative come l’immuno-oncologia e le terapie a bersaglio molecolare, fino alla riabilitazione, al reinserimento nel mondo del lavoro e al ritorno alla vita – spiega il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM -. Grazie alla diagnosi precoce e alle nuove armi il 60% dei pazienti sconfigge la malattia, percentuale che raggiunge il 70% nelle neoplasie più frequenti”. La manifestazione itinerante, resa possibile grazie al sostegno di Bristol-Myers Squibb, tocca 16 città con eventi che dureranno tre giorni. In Italia nel 2016 sono stati stimati 365.800 nuovi casi di tumore (189.600 negli uomini e 176.200 nelle donne), in Puglia 21.900 (11.600 uomini e 10.300 donne). E a Brindisi ogni anno si registrano circa 2.000 nuove diagnosi (1.054 uomini e 918 donne, Registro Tumori Puglia – Rapporto 2015). “Resta ancora molto da fare sul piano della prevenzione – continua il prof. Saverio Cinieri, tesoriere nazionale AIOM, Direttore del Dipartimento di Oncologia medica e Responsabile della Breast Unit dell’Ospedale Perrino di Brindisi -, se pensiamo che l’Italia destina solo il 4,2% della spesa sanitaria totale a queste attività, collocandosi negli ultimi posti per investimenti in prevenzione fra i 34 Paesi che fanno parte dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD)”. Molti studi hanno dimostrato che il 40% dei tumori può essere evitato con uno stile di vita sano (no al fumo, attività fisica costante e dieta corretta), ma pochi italiani seguono queste regole. Anche in Puglia emergono dati preoccupanti (Report del sistema di sorveglianza PASSI 2012-2015): l’eccesso ponderale è superiore rispetto alla media nazionale, infatti il sovrappeso riguarda il 32,4% dei cittadini della Regione (31,6% Italia) e il 12,5% è obeso (10,4% Italia). Il 46,8% dei pugliesi consuma alcol ed il 40,3% è completamente sedentario (32% Italia). Migliori rispetto alla media nazionale i dati relativi al fumo: è tabagista il 25,9% (26,9% Italia). “Una monografia della Società Americana di Oncologia Clinica (American Society of Clinical Oncology) pubblicata a fine 2016 – continua il prof. Cinieri – ha analizzato la correlazione tra tumori e obesità: quest’ultima è diventata nel mondo occidentale la prima causa di rischio oncologico non solo per le patologie più diffuse (mammella, prostata, colon), ma anche per quelle meno frequenti (tumori del distretto testa-collo, endometrio, pancreas e stomaco). Ed è ormai ampiamente dimostrato che correggere comportamenti scorretti aiuta anche i pazienti con cancro avanzato a rallentare la progressione della malattia”.

 

TUMORE DEL POLMONE: OGNI GIORNO IN ITALIA 110 NUOVE DIAGNOSI

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Vienna, 6 dicembre 2016 – Oggi per i pazienti in fase avanzata del tumore del polmone si sta aprendo importanti prospettive nel trattamento in prima linea grazie alla combinazione delle molecole immuno-oncologiche innovative. Lo dimostrano i risultati presentati alla 17° Conferenza mondiale sul tumore del polmone dell’International Association for the Study of Lung Cancer in corso a Vienna. “L’immuno-oncologia – sottolinea il prof. Federico Cappuzzo, direttore Oncologia all’Ospedale di Ravenna – ha già evidenziato risultati decisivi in seconda linea nella fase avanzata della malattia. La sfida ora è individuare i pazienti che possono maggiormente beneficiare di questa nuova arma in prima linea, cioè al momento della diagnosi. Sono incoraggianti i risultati aggiornati dello studio CheckMate -012, dopo un follow-up di circa 16 mesi, sulla combinazione di nivolumab e ipilimumab nella forma non a piccole cellule, la più frequente. I tassi di risposta obiettiva confermata in tutti i pazienti trattati sono pari al 43%, quasi il doppio rispetto alla percentuale registrata con nivolumab in monoterapia (23%). Inoltre, la sopravvivenza a un anno copre il 100% dei pazienti quando l’espressione tumorale di PD-L1 è superiore al 50%. Positivi anche i dati sulla sopravvivenza libera da progressione. Per questi pazienti si sta sempre più concretizzando la possibilità di evitare la chemioterapia e aver accesso a farmaci innovativi caratterizzati da una tollerabilità migliore. Nel frattempo aspettiamo i risultati di CheckMate -227, questo studio di fase III in cui l’Italia ha svolto un ruolo determinante sta valutando le combinazioni con nivolumab in prima linea: riteniamo che il futuro sia rappresentato dall’associazione delle molecole immuno-oncologiche”. Il principale fattore di rischio di questa neoplasia è rappresentato dal fumo, un vizio sempre più diffuso fra le donne: infatti il 23% delle italiane è tabagista. Con gravi conseguenze: tra il 1999 e il 2011 l’incidenza del carcinoma del polmone è diminuita del 20,4% tra gli uomini, mentre è aumentata del 34% nelle donne. La percentuale di sopravvivenza a 5 anni delle persone colpite da carcinoma del polmone in Italia è pari al 14,3%, più elevata rispetto alla media europea (13%). Le possibilità di guarigione cambiano drasticamente in relazione allo stadio in cui avviene la diagnosi. Complessivamente, la sopravvivenza a 5 anni nella forma non a piccole cellule in stadio I è compresa tra il 47% e il 50%, mentre per lo stadio IV scende al 2%. I tassi tendono a essere più bassi nel tumore del polmone a piccole cellule perché questa forma cresce più rapidamente (in stadio I sono compresi tra il 20 e il 40%, in stadio IV scendono all’1%). “Lo studio CheckMate -032 presentato a Vienna – spiega il prof. Francesco Grossi, Responsabile UOS Tumori Polmonari all’IRCCS AOU San Martino IST, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova – ha valutato nivolumab in monoterapia e in combinazione con ipilimumab in pazienti precedentemente trattati, quindi in seconda linea, colpiti proprio da tumore del polmone a piccole cellule. Il tasso stimato di sopravvivenza a due anni è stato del 30% con nivolumab più ipilimumab e del 17% con nivolumab in monoterapia. Non solo. Il tasso di risposta obiettiva con la combinazione era pari al 25%, il doppio di quello riportato con la monoterapia (11%). È la conferma che la combinazione rappresenta la strada da seguire”.

TUMORI: IN CAMPANIA RECORD NAZIONALE DI FUMATORI

A Napoli 26mila nuove diagnosi in cinque anni

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Sono migliaia, 15.640, i cittadini napoletani che convivono con la diagnosi da almeno cinque anni, spesso con una buona qualità di vita grazie a terapie sempre più efficaci che consentono di migliorare la sopravvivenza. I dati emergono dal “Registro Tumori ASL Napoli 3 Sud” che include un’area di riferimento composta da 59 Comuni (15 distretti) della Provincia di Napoli con una popolazione di 1.170.000 abitanti. “La storia naturale di alcune patologie sta cambiando in modo radicale – afferma il prof. Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative del ‘Pascale’ di Napoli -. Un esempio eclatante è quello del melanoma che nel 2015 in Campania ha colpito circa 800 persone, in Italia 11.300. Questo tumore della pelle, particolarmente aggressivo in fase avanzata, ha rappresentato l’apripista di un nuovo approccio, l’immuno-oncologia, con cui viene rinforzato il sistema immunitario contro la malattia. Oggi il 20% dei pazienti è vivo a 10 anni: in questi casi possiamo parlare di cronicizzazione. Si tratta di un risultato decisivo, visto che prima dell’arrivo di queste terapie la sopravvivenza mediana in stadio metastatico era di appena 6 mesi, con un tasso di mortalità a un anno del 75%”. Dal Registro Tumori campano emergono però alcune criticità. “In particolare vanno sottolineati i maggiori tassi di incidenza del tumore del polmone negli uomini rispetto alla media nazionale – spiega il prof. Cesare Gridelli, Direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia dell’Ospedale ‘Moscati’ di Avellino -. Questo fenomeno è dovuto alla ritardata e più lenta riduzione del vizio del fumo in Campania e, quindi, anche sul territorio di Napoli. La Campania è la Regione con la più alta percentuale di fumatori negli ultimi venti anni, presenta infatti un tasso di tabagisti pari al 31% rispetto al 28% (media nazionale) e nel 2015 si sono registrati 3.844 nuovi casi di carcinoma polmonare. Anche in questa patologia, che un tempo non presentava efficaci possibilità terapeutiche, oggi si stanno realizzando importanti progressi grazie all’immuno-oncologia”. L’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) ha raccolto le testimonianze di 16 pazienti colpiti da tumore nel volume “Si può vincere”, presentato oggi a Napoli, la quinta di un tour nazionale di 10 tappe con il coinvolgimento dei cittadini, delle Istituzioni e delle associazioni dei pazienti. “Nel libro – continua il prof. Ascierto – è raccontata l’esperienza di nove uomini e sette donne che hanno combattuto la lotta contro il cancro. Oggi queste persone convivono con la malattia con una buona qualità di vita e, in alcuni casi, possono affermare di averla definitivamente sconfitta. Ecco perché non possiamo più parlare di male incurabile”

MELANOMA: “OGNI ANNO COLPISCE 2.260 UNDER 40

2016-05-25-PHOTO-00000058Il melanoma, tumore della pelle particolarmente aggressivo, colpisce persone sempre più giovani. Oggi il 20% delle nuove diagnosi, circa 2.260 casi nel 2015 in Italia, riguarda pazienti di età compresa tra 15 e 39 anni. Una tendenza confermata anche dai ricoveri per questa malattia nel nostro Paese. Il maggior incremento dei tassi di ospedalizzazione in 8 anni (2001-2008) si è registrato negli over 81 (+34%), nei cittadini nella fascia di età 61–70 (+20%) e, sorprendentemente, proprio fra i 31–40enni (+17%). Le cause vanno ricondotte soprattutto a comportamenti scorretti, in particolare da bambini, perché le scottature solari gravi nell’infanzia possono aumentare il rischio. Alla “Lotta al melanoma” l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) dedica un convegno nazionale oggi al Ministero della Salute. “Parte dalla prevenzione la battaglia contro questo tumore – afferma il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM -. Nel nostro Paese nel 2015 sono stati stimati circa 11.300 nuovi casi (erano meno di 6.000 nel 2004, 7.000 nel 2010, 11.000 nel 2014). Il melanoma è in costante crescita, infatti le diagnosi sono quasi raddoppiate in dieci anni, particolarmente fra i giovani. Troppe persone si espongono al sole senza precauzioni e i bambini rappresentano l’‘anello debole’ della catena. Un richiamo da tenere in considerazione soprattutto in questi mesi, in cui molti italiani approfittano del fine settimana per stare all’aria aperta”. “È necessario – continua il prof. Pinto – proteggersi con creme solari e indumenti adeguati quando ci si espone al sole, evitando però le ore centrali della giornata (12-16). Inoltre non si devono utilizzare le lampade abbronzanti perché sono cancerogene come il fumo di sigaretta. E ancora, basterebbe un semplice esame della pelle eseguito da uno specialista una volta all’anno per individuare questo tumore nella fase iniziale, quando le percentuali di guarigione superano il 90%”. L’informazione rappresenta la prima medicina, per questo l’AIOM realizza con La Repubblica il portale “OncoLine” su Repubblica.it (www.repubblica.it/oncologia), un progetto reso possibile grazie a un educational grant incondizionato di MSD, con news e approfondimenti che spaziano dalla prevenzione alla ricerca fino alle ultime terapie contro tutti i tipi di cancro. “Oggi abbiamo a disposizione armi efficaci per controllare il melanoma nella fase metastatica – spiega il prof. Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto ‘Pascale’ di Napoli e presidente della Fondazione Melanoma –. Questa neoplasia, per la sua particolare sensibilità all’azione del nostro sistema immunitario, ha rappresentato il candidato ideale per applicare il nuovo approccio rappresentato dall’immuno-oncologia. I farmaci immunomodulatori, che agiscono contro bersagli specifici per favorire la risposta immune, hanno infatti dimostrato di migliorare la sopravvivenza dei pazienti e in alcuni casi è possibile parlare di cronicizzazione della malattia. Un risultato impensabile prima dell’arrivo di queste terapie, visto che la sopravvivenza mediana in stadio metastatico era di appena 6 mesi, con un tasso di mortalità a un anno del 75%. In particolare pembrolizumab, un inibitore del ‘checkpoint’ immunitario PD-1, molecola coinvolta nei meccanismi che permettono al tumore di evadere il controllo del sistema immunitario, ha dimostrato di allungare in maniera significativa la sopravvivenza. Un aspetto particolare riguarda il tempo di latenza. Al contrario di quanto avviene nella chemioterapia, nell’immuno-oncologia l’iniziale progressione di malattia non va interpretata come un fallimento del trattamento. La risposta clinica può infatti essere osservata anche proseguendo la terapia, quindi in fasi tardive”.