TUMORE DEL COLON: 52MILA NUOVE DIAGNOSI STIMATI NEL NOSTRO PAESE

Il prof. Pinto, presidente AIOM: “Il test della ricerca del sangue occulto nelle feci riduce del 20% la mortalità ma pochi cittadini aderiscono ai programmi”. Il 25% delle diagnosi è in fase avanzata.

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Il 25% delle diagnosi di tumore del colon-retto avviene in fase avanzata. In questi casi le possibilità di sopravvivenza sono limitate, infatti solo l’11% di questi pazienti è vivo a 5 anni. È quindi fondamentale migliorare l’adesione alle campagne di screening, ancora scarsa nel nostro Paese: solo il 47% dei cittadini di età compresa fra 50 e 69 anni (nel biennio 2011-2012) ha eseguito l’esame del sangue occulto nelle feci, un test in grado di ridurre del 20% la mortalità nel tumore del colon-retto proprio perché permette di individuare lesioni sospette in stadio iniziale. L’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) dedica il convegno “Dalla capecitabina al TAS 102” oggi a Milano alle nuove prospettive nel trattamento di questa neoplasia, in particolare alla combinazione di trifluridina e tipiracil. “È necessario migliorare la consapevolezza degli italiani sull’importanza degli screening in difficoltà soprattutto al Sud – afferma il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM -. Infatti i sintomi possono essere confusi con quelli di altre patologie e spesso, quando viene individuato, il tumore si è già diffuso. Importanti progressi nella malattia avanzata dove con i regimi di terapia a disposizione si superano i 30 mesi di sopravvivenza contro i 12 di qualche decennio fa. Questi risultati sono stati ottenuti anche perché per la cura di questi pazienti abbiamo a disposizione due rilevanti innovazioni: la caratterizzazione molecolare con la determinazione delle mutazioni dei geni RAS e BRAF che ci permettono di selezionare i pazienti per il trattamento con farmaci biologici e l’introduzione di farmaci orali di prima e seconda generazione che favoriscono la compliance delle terapie”. Il tumore del colon-retto è il più frequente con circa 52.400 nuovi casi stimati nel nostro Paese nel 2016 e 427mila persone vivono dopo la diagnosi. L’impatto economico della malattia è importante: il costo sociale totale annuo relativo all’insieme di tutti i pazienti italiani (con una diagnosi da non più di 5 anni, con e senza caregiver) è, secondo le stime del Censis, pari a 5,7 miliardi di euro e comprende sia i costi diretti che indiretti (questi ultimi includono i mancati redditi e il valore dell’assistenza garantita dai caregiver). I costi medi annui pro capite di paziente e caregiver sono stimabili in media a 41,6 mila euro (per i malati con una diagnosi da non più di un quinquennio). La possibilità di individuare precocemente lesioni pre-cancerose, oltre a ridurre la mortalità, ha molteplici risvolti positivi, ad esempio permette di asportare per via endoscopica il tumore evitando interventi chirurgici maggiori e demolitivi (con necessità ad esempio di stomia intestinale) e di ridurre i costi sociali. “La sopravvivenza nel nostro Paese è più alta rispetto alla media europea – sottolinea il prof. Alberto Zaniboni, Responsabile Oncologia Medica alla Fondazione Poliambulanza di Brescia -. Anche il confronto con i Paese del Nord Europa, che fanno di solito registrare i valori più elevati, evidenzia l’ottimo livello del nostro sistema assistenziale.

Tumori: in aumento nuovi casi tra le donne

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Roma, 27 settembre – Nel 2016 le italiane colpite dalla malattia sono 176.200 (erano 168.900 nel 2015): in particolare quest’anno sono stimati 50.000 nuovi casi di tumore del seno (48.000 nel 2015), da ricondurre anche all’ampiamento della fascia di screening mammografico in alcune Regioni, che ha prodotto un aumento significativo dell’incidenza tra i 45 e i 49 anni. Per gli uomini invece si assiste a un fenomeno opposto, con 189.600 nuove diagnosi e un calo del 2,5% ogni 12 mesi (erano 194.400 nel 2015): perché i big killer iniziano a far meno paura, in particolare le neoplasie del polmone, prostata, colon-retto e stomaco. È il censimento ufficiale, giunto alla sesta edizione, che fotografa l’universo cancro in tempo reale grazie al lavoro dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), raccolto nel volume “I numeri del cancro in Italia 2016” presentato oggi all’Auditorium del Ministero della Salute in un convegno nazionale. “Ogni giorno circa 1.000 persone ricevono la diagnosi – spiega il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM -. È un numero importante che evidenzia il peso della patologia oncologica e lo sforzo continuo per migliorare la sopravvivenza dei pazienti non solo in termini quantitativi ma anche di qualità di vita.

TUMORI: “OGNI GIORNO 30 NUOVE DIAGNOSI IN PAZIENTI UNDER 40

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Bologna, 22 settembre 2016 – “Ogni giorno in Italia vengono diagnosticati 30 casi di tumore in pazienti under 40, pari al 3% delle nuove diagnosi. La perdita della prospettiva della paternità o maternità a seguito dei trattamenti anti-cancro può avere un impatto notevole sulle persone che vivono l’esperienza della malattia e sui loro progetti futuri. Per questo è indispensabile che questi giovani pazienti siano immediatamente informati delle possibili tecniche per preservare la fertilità”. L’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) condivide il Fertility Day 2016, l’iniziativa del Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, per sensibilizzare i cittadini a salvaguardia della natalità nel nostro Paese a 360 gradi. Il Fertility Day prevede oggi una Tavola Rotonda su Come aiutare la salute riproduttiva e difenderla anche dal cancro a Bologna, dove interverrà il prof. Carmine Pinto, Presidente nazionale AIOM e Direttore dell’Oncologia Medica dell’IRCCS di Reggio Emilia. Bologna è una delle 4 città capofila dell’evento (insieme a Roma, Catania e Padova dove si terranno altri confronti). “Il periodo finestra tra il momento in cui il paziente riceve la diagnosi di tumore e l’inizio della terapia – spiega il prof. Pinto – è l’unico spazio utile per la crioconservazione dei gameti, cioè il loro congelamento e conservazione a bassissime temperature. Le principali tecniche di preservazione della fertilità nella donna sono costituite dalla crioconservazione degli ovociti o del tessuto ovarico e dall’utilizzo di farmaci (analoghi LH-RH) per proteggere le ovaie, nell’uomo dalla crioconservazione del seme o del tessuto testicolare”. Il materiale biologico può rimanere crioconservato per anni ed essere utilizzato quando il paziente ha superato la malattia. “Le strutture sanitarie – continua il prof. Pinto – devono implementare e integrare al loro interno sia le competenze oncologiche che di medicina della riproduzione e queste conoscenze devono essere presenti in tutte le Regioni del nostro Paese, con professionalità e tecnologie adeguate”. Il modello organizzativo auspicabile, come evidenziato nelle Raccomandazioni sull’Oncofertilità stilate da AIOM, SIE (Società Italiana di Endocrinologia) e SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) è rappresentato dalla Rete dei centri di oncofertilità, in grado di applicare queste tecniche con informazioni costantemente implementate. Alla definizione delle Reti deve accompagnarsi una diffusa formazione di tutti professionisti che intervengono sul paziente oncologico. “In ogni Regione – conclude il prof. Pinto – dovrebbero essere presenti centri di riferimento identificati per requisiti di competenza, qualità e tecnologie disponibili collegati in rete con tutte le strutture oncologiche. In questo modo sarà più semplice la scelta della struttura sia per gli oncologi che devono mettersi rapidamente in contatto con i medici della riproduzione, che per i pazienti che possono disporre di maggiori strumenti decisionali in un momento della loro vita in cui, nei tempi più brevi possibili, devono operare scelte fondamentali per il loro futuro. I centri per l’oncofertilità devono quindi essere non solo vicini all’utenza in modo che la procedura non ritardi l’inizio delle terapie, ma anche validati per tecnologie e professionalità disponibili”

TUMORI: IN CAMPANIA RECORD NAZIONALE DI FUMATORI

A Napoli 26mila nuove diagnosi in cinque anni

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Sono migliaia, 15.640, i cittadini napoletani che convivono con la diagnosi da almeno cinque anni, spesso con una buona qualità di vita grazie a terapie sempre più efficaci che consentono di migliorare la sopravvivenza. I dati emergono dal “Registro Tumori ASL Napoli 3 Sud” che include un’area di riferimento composta da 59 Comuni (15 distretti) della Provincia di Napoli con una popolazione di 1.170.000 abitanti. “La storia naturale di alcune patologie sta cambiando in modo radicale – afferma il prof. Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative del ‘Pascale’ di Napoli -. Un esempio eclatante è quello del melanoma che nel 2015 in Campania ha colpito circa 800 persone, in Italia 11.300. Questo tumore della pelle, particolarmente aggressivo in fase avanzata, ha rappresentato l’apripista di un nuovo approccio, l’immuno-oncologia, con cui viene rinforzato il sistema immunitario contro la malattia. Oggi il 20% dei pazienti è vivo a 10 anni: in questi casi possiamo parlare di cronicizzazione. Si tratta di un risultato decisivo, visto che prima dell’arrivo di queste terapie la sopravvivenza mediana in stadio metastatico era di appena 6 mesi, con un tasso di mortalità a un anno del 75%”. Dal Registro Tumori campano emergono però alcune criticità. “In particolare vanno sottolineati i maggiori tassi di incidenza del tumore del polmone negli uomini rispetto alla media nazionale – spiega il prof. Cesare Gridelli, Direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia dell’Ospedale ‘Moscati’ di Avellino -. Questo fenomeno è dovuto alla ritardata e più lenta riduzione del vizio del fumo in Campania e, quindi, anche sul territorio di Napoli. La Campania è la Regione con la più alta percentuale di fumatori negli ultimi venti anni, presenta infatti un tasso di tabagisti pari al 31% rispetto al 28% (media nazionale) e nel 2015 si sono registrati 3.844 nuovi casi di carcinoma polmonare. Anche in questa patologia, che un tempo non presentava efficaci possibilità terapeutiche, oggi si stanno realizzando importanti progressi grazie all’immuno-oncologia”. L’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) ha raccolto le testimonianze di 16 pazienti colpiti da tumore nel volume “Si può vincere”, presentato oggi a Napoli, la quinta di un tour nazionale di 10 tappe con il coinvolgimento dei cittadini, delle Istituzioni e delle associazioni dei pazienti. “Nel libro – continua il prof. Ascierto – è raccontata l’esperienza di nove uomini e sette donne che hanno combattuto la lotta contro il cancro. Oggi queste persone convivono con la malattia con una buona qualità di vita e, in alcuni casi, possono affermare di averla definitivamente sconfitta. Ecco perché non possiamo più parlare di male incurabile”

AIOM: “VOGLIAMO GARANTIRE LA SOSTENIBILITA’ ED IL DIRITTO PER TUTTI I MALATI DI TUMORE A RICEVERE LE MIGLIORI CURE ED I FARMACI REALMENTE INNOVATIVI. SERVONO RISORSE E MODIFICHE STRUTTURALI PER AFFRONTARE LA TEMPESTA PERFETTA”

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Milano, 15 settembre 2016 – “L’obiettivo degli oncologi italiani è poter garantire a tutti i pazienti l’accesso ai farmaci realmente innovativi come verranno identificati dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) e alle cure più efficaci. Lo strumento potrebbe essere rappresentato da 1 centesimo in più a sigaretta, che non significa aumentare le tasse, ma riconvertire le accise già esistenti spostandole verso altre voci”. Il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), spiega la proposta degli oncologi di istituire un Fondo Nazionale per l’Oncologia finanziandolo con le accise sul tabacco. “Oggi in Italia sono disponibili 132 farmaci antitumorali, 63 sono stati immessi sul mercato negli ultimi 15 anni – continua il prof. Pinto -. Dobbiamo con chiarezza e realismo valutare il rischio di non avere adeguate risorse per garantire la sostenibilità  e quindi  l’accesso  alle nuove terapie innovative se non vengono individuate nel breve risorse aggiuntive, in attesa delle modifiche strutturali. Solo così potremo far fronte alle necessità di quell’esercito di persone, circa 3 milioni di italiani, che combattono contro il cancro. La spesa per farmaci antineoplastici si è collocata nel 2014 per la prima volta al primo posto (3,2 miliardi di euro), seguita dai farmaci antimicrobici per uso sistemico (2,9 miliardi di euro) e del sistema cardiovascolare (2,7 miliardi). Governare la ‘tempesta perfetta’ in Oncologia sarà cruciale per garantire la sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale”. In 5 anni gli italiani che vivono dopo un tumore sono aumentati di circa il 20%: da 2 milioni e mezzo nel 2010 a circa 3 milioni nel 2015. Il fumo è il principale fattore di rischio per il cancro del polmone e, più in generale, centomila casi di neoplasie ogni anno in Italia sono dovuti al tabacco. La proposta dell’AIOM ha raccolto consensi trasversali, da AIFA  ai clinici, dai rappresentanti delle Istituzioni a quelli dei pazienti. Si tratta della prima esperienza di questo tipo in Italia rispetto ad altri Paesi che si sono già attivati da tempo. “Si tratta di una soluzione a breve termine che va collocata in programmi di largo respiro – conclude il prof. Pinto -. È infatti necessario un profondo e incisivo rinnovamento che spazi dalla registrazione e rimborsabilità dei farmaci, ad un’adeguata definizione del rapporto valore/costo sia per i farmaci già rimborsati sia per quelli in corso di registrazione, all’utilizzo di Linee Guida nazionali per l’appropriatezza di tutta la strategia terapeutica, allo sviluppo dei programmi di ricerca fino al miglioramento della selezione dei pazienti per la definizione della cura sulla base di criteri biologici e clinici. Senza dimenticare l’introduzione dei biosimilari (prevista per la fine 2017 ed il 2018), l’ottimizzazione della preparazione dei farmaci con Unità Farmaci Antiblastici (UFA) centralizzate per aree vaste e le gare per l’acquisto su base almeno regionale. Occorre quindi una programmazione ed una strategia a lungo termine per garantire la sostenibilità, che veda il coinvolgimento e la concertazione fra tutti gli attori:  Istituzioni, mondo dell’industria, professionisti e pazienti, in una visione politica di reale rinnovamento e modernizzazione  del nostro Paese”.

TUMORI: “LA FERTILITÀ È PRESERVATA SOLO NEL 10% UNDER 40″

conferenza 12 luglioNel nostro Paese vi sono 319 Oncologie e sono 178 i centri di Procreazione Medicalmente Assistita che applicano non solo la fecondazione in vitro ma anche la crioconservazione (cioè il congelamento e la conservazione a temperature bassissime) dei gameti. Ma va migliorata la comunicazione fra le due realtà. Va promossa la Rete nazionale dei centri di oncofertilità che consenta ai pazienti di rivolgersi a strutture pubbliche specializzate e organizzate per fare fronte a tutte le loro esigenze. La richiesta è contenuta nelle Raccomandazioni sull’Oncofertilità firmate dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dalla Società Italiana di Endocrinologia (SIE), dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetrica (SIGO) e presentate oggi a Roma in un incontro con i giornalisti. Ogni anno nel nostro Paese circa 8.000 cittadini under 40 (5.000 donne e 3.000 uomini) sono colpiti da tumore, 30 ogni giorno, pari a circa il 3% del numero totale delle nuove diagnosi. “Il desiderio di diventare genitori dopo la malattia è stato per troppo tempo sottovalutato – spiega il prof. Paolo Scollo, presidente SIGO -. Questo documento, indirizzato alle Istituzioni, riassume i principi chiave da seguire per un cambiamento sostanziale. In ogni Regione dovrebbe essere istituito almeno un Centro di riferimento in cui operino team multidisciplinari composti da ginecologi, senologi, andrologi, biologi e psicologi collegati in rete con i centri oncologici ed ematologici che abbiano esperienza nella gestione di pazienti in età fertile. Bastano poche strutture specializzate distribuite su tutto il territorio nazionale a cui devono fare riferimento altri centri connessi, in modo da realizzare un sistema efficiente ed efficace, senza spreco di risorse e con un’immediata attivazione e potenziamento delle strutture riconosciute idonee e già operanti in Italia. In questo modo potranno essere applicati i più aggiornati e validati strumenti diagnostici, terapeutici, laboratoristici e chirurgici così da garantire ai malati un percorso di cura appropriato e uniforme in tutta Italia”. Le principali tecniche di preservazione della fertilità nella donna sono costituite dalla crioconservazione degli ovociti o del tessuto ovarico e dall’utilizzo di farmaci (analoghi LH-RH) per proteggere le ovaie, nell’uomo dalla crioconservazione del seme o del tessuto testicolare. Il materiale biologico può rimanere crioconservato per anni ed essere utilizzato quando il paziente ha superato la malattia. “Per i cittadini – afferma il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM – la Rete costituirà un grande vantaggio perché, dal momento in cui al paziente viene diagnosticata una neoplasia, l’oncologo sarà in grado di metterlo direttamente in contatto con il centro pubblico di riferimento per procedere, dopo adeguato counselling, alla crioconservazione dei gameti prima dell’inizio delle terapie, bypassando tutte le liste di attesa. La consulenza specialistica dovrà infatti avvenire entro 24-48 ore. Diversamente da quanto accade nell’uomo, nella donna l’utilizzo di alcune di queste tecniche è associato a un ritardo nell’inizio dei trattamenti antineoplastici: da qui l’importanza di avviare quanto prima le pazienti agli esperti in questo campo. Questo sicuramente è un ambito che necessita di un’implementazione della sanità pubblica”. I più comuni tipi di cancro nei giovani sono rappresentati nell’uomo dal tumore del testicolo, del colon-retto, della tiroide, dal melanoma e dal linfoma non Hodgkin, mentre nella donna dal carcinoma mammario, della tiroide, della cervice uterina, del colon-retto e dal melanoma. “Chiediamo al Ministro della Salute – continua il prof. Andrea Lenzi, presidente SIE – di attivare un confronto con le società scientifiche per programmare il numero, le dimensioni, la distribuzione territoriale e i volumi minimi di attività per la definizione di un Centro. Uno dei nostri obiettivi è anche migliorare fra i clinici la cultura della preservazione della fertilità dopo il cancro”. Nelle giovani sottoposte a trattamenti antitumorali, sono due le preoccupazioni principali nei confronti di una gravidanza, talvolta condivise anche dai medici: da un lato i possibili effetti nocivi delle terapie sullo sviluppo del bambino, dall’altro le conseguenze della gestazione sulla donna in termini di ripresa della malattia, in particolare in caso di neoplasie ormono-sensibili come quelle del seno. “Riguardo al primo punto – sottolinea il prof. Scollo -, i dati disponibili non dimostrano un aumento del rischio di difetti genetici o di altro tipo nei bambini nati da donne precedentemente sottoposte a terapie antineoplastiche. Per quanto riguarda il secondo aspetto, oggi è noto che le pazienti che hanno avuto un figlio dopo la diagnosi di tumore mammario non hanno una prognosi peggiore rispetto alle altre. Al contrario, i risultati di uno studio, condotto su 1.244 donne, segnalerebbero addirittura un effetto protettivo della gestazione, con una significativa riduzione del rischio di morte. Va quindi ritenuta definitivamente caduta la storica controindicazione alla gravidanza nelle pazienti con pregresso carcinoma mammario. Nonostante non sussistano reali controindicazioni, la quota di coloro che hanno almeno un figlio dopo la diagnosi di carcinoma mammario è tuttora molto bassa: solo il 3% tra le donne di età inferiore a 45 anni e l’8% se si considerano le under 35”. Anche per i giovani pazienti di sesso maschile, in assenza di una sindrome neoplastica ereditaria, non esiste alcuna evidenza scientifica che una precedente storia di cancro aumenti il tasso di anormalità congenite o di tumori nella loro prole.

TUMORI: “+15% DI GUARIGIONI IN 10 ANNI IN ITALIA

medico-famigliaChicago, 3 giugno 2016 – Nel mondo nel 2014 sono stati spesi circa 100 miliardi di dollari per i farmaci anti-cancro, il 33% in più rispetto alla fine degli anni Novanta. La spesa globale per queste terapie è cresciuta a un tasso annuo del 6,5% fino al 2013 e del 10,4% nel 2014. A fronte di questi cifre, che mettono a rischio la sostenibilità dei sistemi sanitari, la sopravvivenza è migliorata in modo significativo: in Italia le guarigioni sono aumentate del 15% in 10 anni, oggi infatti il 70% dei pazienti colpiti dai tumori più frequenti può affermare di aver superato la malattia. E per la prima volta nel nostro Paese si è registrata una diminuzione dei nuovi casi, 363.300 nel 2015 rispetto ai 365.500 nel 2014, dovuta soprattutto al minor numero di diagnosi fra gli uomini. Questi risultati rischiano di essere vanificati se non si interviene quanto prima con modifiche strutturali e con un Fondo Nazionale per l’Oncologia per garantire l’accesso alle terapie più efficaci a tutti i pazienti. Il tema della sostenibilità dei sistemi sanitari è al centro dell’agenda del 52° Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), il più importante appuntamento mondiale di oncologia in corso a Chicago fino al 7 giugno, con la partecipazione di oltre 25.000 specialisti. “Rilanciamo la richiesta di un Fondo Nazionale per l’Oncologia, da finanziare con le accise sul tabacco, 1 centesimo in più a sigaretta, per colpire una delle cause del tumore al polmone, tra le forme più diffuse, con circa 41.000 nuove diagnosi registrate nel 2015 – afferma il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) -. La spesa sanitaria totale nel nostro Paese è pari all’8,9% del Prodotto interno lordo, inferiore rispetto alla media (9,8%) degli altri Big UE (Germania, Francia, Regno Unito e Spagna). Numeri molto distanti da quelli degli USA, dove il costo per la salute costituisce il 16,5% del PIL. Investiamo meno risorse rispetto ad altri Paesi, però otteniamo risultati migliori perché il nostro sistema, basato sul principio di universalità, è efficiente. Oggi in Italia sono disponibili 132 farmaci antitumorali, 63 sono stati immessi sul mercato negli ultimi 15 anni. Per continuare a garantire a tutti i migliori trattamenti in oncologia è essenziale individuare risorse aggiuntive. Solo così potremo far fronte alle necessità di quell’esercito di persone, circa 3 milioni di italiani, che combattono contro il cancro. Gli Stati Uniti e i 5 Paesi europei più grandi (Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Spagna) coprono i 2/3 della spesa mondiale per le terapie anti-cancro. L’oncologia rappresenta un capitolo di spesa consistente per i sistemi sanitari di tutto il mondo e si prevede che entro il 2017 costituirà la prima voce di spesa farmacologica nei Paesi industrializzati”.

MELANOMA: “OGNI ANNO COLPISCE 2.260 UNDER 40

2016-05-25-PHOTO-00000058Il melanoma, tumore della pelle particolarmente aggressivo, colpisce persone sempre più giovani. Oggi il 20% delle nuove diagnosi, circa 2.260 casi nel 2015 in Italia, riguarda pazienti di età compresa tra 15 e 39 anni. Una tendenza confermata anche dai ricoveri per questa malattia nel nostro Paese. Il maggior incremento dei tassi di ospedalizzazione in 8 anni (2001-2008) si è registrato negli over 81 (+34%), nei cittadini nella fascia di età 61–70 (+20%) e, sorprendentemente, proprio fra i 31–40enni (+17%). Le cause vanno ricondotte soprattutto a comportamenti scorretti, in particolare da bambini, perché le scottature solari gravi nell’infanzia possono aumentare il rischio. Alla “Lotta al melanoma” l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) dedica un convegno nazionale oggi al Ministero della Salute. “Parte dalla prevenzione la battaglia contro questo tumore – afferma il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM -. Nel nostro Paese nel 2015 sono stati stimati circa 11.300 nuovi casi (erano meno di 6.000 nel 2004, 7.000 nel 2010, 11.000 nel 2014). Il melanoma è in costante crescita, infatti le diagnosi sono quasi raddoppiate in dieci anni, particolarmente fra i giovani. Troppe persone si espongono al sole senza precauzioni e i bambini rappresentano l’‘anello debole’ della catena. Un richiamo da tenere in considerazione soprattutto in questi mesi, in cui molti italiani approfittano del fine settimana per stare all’aria aperta”. “È necessario – continua il prof. Pinto – proteggersi con creme solari e indumenti adeguati quando ci si espone al sole, evitando però le ore centrali della giornata (12-16). Inoltre non si devono utilizzare le lampade abbronzanti perché sono cancerogene come il fumo di sigaretta. E ancora, basterebbe un semplice esame della pelle eseguito da uno specialista una volta all’anno per individuare questo tumore nella fase iniziale, quando le percentuali di guarigione superano il 90%”. L’informazione rappresenta la prima medicina, per questo l’AIOM realizza con La Repubblica il portale “OncoLine” su Repubblica.it (www.repubblica.it/oncologia), un progetto reso possibile grazie a un educational grant incondizionato di MSD, con news e approfondimenti che spaziano dalla prevenzione alla ricerca fino alle ultime terapie contro tutti i tipi di cancro. “Oggi abbiamo a disposizione armi efficaci per controllare il melanoma nella fase metastatica – spiega il prof. Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto ‘Pascale’ di Napoli e presidente della Fondazione Melanoma –. Questa neoplasia, per la sua particolare sensibilità all’azione del nostro sistema immunitario, ha rappresentato il candidato ideale per applicare il nuovo approccio rappresentato dall’immuno-oncologia. I farmaci immunomodulatori, che agiscono contro bersagli specifici per favorire la risposta immune, hanno infatti dimostrato di migliorare la sopravvivenza dei pazienti e in alcuni casi è possibile parlare di cronicizzazione della malattia. Un risultato impensabile prima dell’arrivo di queste terapie, visto che la sopravvivenza mediana in stadio metastatico era di appena 6 mesi, con un tasso di mortalità a un anno del 75%. In particolare pembrolizumab, un inibitore del ‘checkpoint’ immunitario PD-1, molecola coinvolta nei meccanismi che permettono al tumore di evadere il controllo del sistema immunitario, ha dimostrato di allungare in maniera significativa la sopravvivenza. Un aspetto particolare riguarda il tempo di latenza. Al contrario di quanto avviene nella chemioterapia, nell’immuno-oncologia l’iniziale progressione di malattia non va interpretata come un fallimento del trattamento. La risposta clinica può infatti essere osservata anche proseguendo la terapia, quindi in fasi tardive”.

I PAZIENTI: TROPPE LE DIFFERENZE NELL’ACCESSO ALLE TERAPIE ANTI-CANCRO

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I pazienti oncologici devono aspettare 427 giorni in Italia (contro i 364 della Francia, i 109 del Regno Unito e gli 80 della Germania) per accedere ai trattamenti innovativi con preoccupanti differenze regionali. Nel nostro Paese manca la rete della terapia del dolore e le cure domiciliari sono di fatto uscite dai livelli essenziali di assistenza (LEA) regionali, vengono infatti attivate solo per il 48,1% dei pazienti al momento delle dimissioni (per il restante 51,9% provvedono i familiari). E l’accesso a beni e servizi, come i prodotti assicurativi e bancari, è ancora oggi negato a chi ha un passato di malato. È forte la rabbia dei pazienti per l’occasione perduta della riforma costituzionale recentemente approvata. Il modello di regionalismo delineato nel nuovo Titolo V della Costituzione continua a non attribuire allo Stato l’esercizio dei poteri sostitutivi, in caso di necessità, a tutela della concreta attuazione dei LEA. La denuncia è contenuta nell’VIII Rapporto sulla condizione assistenziale dei pazienti oncologici presentato oggi al Senato nel corso della XI Giornata del malato oncologico, organizzata dalla FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia). “Il nuovo testo dell’art. 117 della Costituzione – sottolinea il prof. Francesco De Lorenzo, presidente FAVO – non consente il superamento di quell’intollerabile differenziazione tra aree del Paese nell’accesso alle terapie e all’assistenza sociale. Il ruolo di garanzia dello Stato non può limitarsi alla definizione dei LEA, ma dovrebbe comprendere anche l’uniformità e il controllo della loro erogazione. L’approvazione dell’emendamento con il quale si inserisce la possibilità di devolvere alle Regioni la potestà legislativa generale sulle politiche sociali rappresenta una sconfitta per tutti i malati”. Le differenze a livello regionale stanno peggiorando e toccano molti aspetti. Avere le terapie giuste al momento giusto è l’unica soluzione per rispondere in modo adeguato alla domanda di cure efficaci. “Ciò purtroppo non avviene a causa di ritardi dovuti all’iter autorizzativo dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) e delle Regioni – spiega il prof. De Lorenzo -. Secondo un’indagine Censis-FAVO, il 53,8% dei pazienti pensa che la messa a disposizione di terapie innovative personalizzate sia una priorità, il 78,8% ritiene che troppi farmaci per patologie gravi siano a carico dei malati e l’83% che il ticket li penalizzi. Nel 2015 sono stati stimati 363mila nuovi casi. Il costo sociale totale del tumore è pari a 36,4 miliardi di euro annui e i costi pro capite per unità, composta da paziente e relativo caregiver (convivente e non convivente), sono pari a 41,2 mila euro annui. Il sistema sanitario è in sofferenza, schiacciato dal contenimento della spesa. È anche orfano di un progetto politico che ne attualizzi gli scopi e lo renda al passo con i tempi. Il contributo del volontariato oncologico è pertanto centrale e strategico per l’elevato impatto economico e sociale della malattia, con riferimento sia alla fase acuta che alla riabilitazione, ancora oggi sorprendentemente trascurata dal Servizio sanitario nazionale”. Preoccupa inoltre la scarsa attenzione rivolta alle esigenze nutrizionali dei malati. “In una percentuale ben superiore ai due terzi dei pazienti neoplastici si riscontra una perdita del perso corporeo e il 20-30% muore per gli effetti della malnutrizione – continua Elisabetta Iannelli, segretario FAVO -. Nonostante questa evidenza, l’attenzione ai problemi della nutrizione rimane ancora insoddisfatta. Alla base di questa situazione sta la scarsa consapevolezza, da parte del medico e del paziente, che il mantenimento di uno stato nutrizionale ottimale, durante e dopo le cure oncologiche, rappresenta un presupposto imprescindibile per il successo della terapia e per la restituzione alla vita attiva. Un circolo vizioso che si può non solo contrastare, ma anche prevenire, stabilendo fin dall’inizio della cura un percorso parallelo e una sinergia tra oncologo e nutrizionista”. Per questo, le Società scientifiche di riferimento di oncologia medica e di nutrizione clinica, in collaborazione con FAVO, intendono sviluppare una serie di iniziative che spaziano dalle campagne di comunicazione a corsi di formazione per oncologi. “Inoltre ancora oggi – continua il prof. De Lorenzo -, solo nel 10% del territorio nazionale esiste una legge specifica per la Nutrizione Artificiale Domiciliare (NAD), mentre in circa il 25% non è disponibile alcun strumento normativo che garantisca il sollecito avvio di questo trattamento. I modelli organizzativi riferiti alla NAD in Italia, quando presenti, sono molteplici. Questo ricade direttamente sui pazienti, costretti ad affrontare problematiche rilevanti, che vanno dalla differenza di qualità dei prodotti e dei materiali forniti, all’assistenza clinico-infermieristica spesso non sufficiente o addirittura assente, alla totale assenza di centri di NAD. È necessario che, seppure all’interno dell’autonomia prevista per ogni singola Regione, il modello organizzativo di gestione di questo trattamento rispetti alcuni requisiti minimi, come da anni fortemente richiesto dalle Società Scientifiche del settore”.

Cancro della prostata: gli oncologi promuovono stili di vita sani

 

prostataA Palermo e provincia, ogni anno, sono diagnosticati più di 500 nuovi casi di tumore della prostata, mentre in tutta la regione le diagnosi sono quasi 3.000. I dati sono sotto la media nazionale, tuttavia, pur avendo una percezione complessivamente positiva della propria salute (69%), quasi la metà dei sicilianiover65 fa poco moto, due su tre sono in sovrappeso e quasi uno su quattro fuma. Abitudini da correggere, anche in età matura. In Italia,nel 2015 sono state più di 35.000 le diagnosi di questo tumore, un quinto del totale,il più frequente nei maschi con più di 65 anni. Oggi la popolazione anziana in Sicilia rappresenta circa il 19% del totale, percentuale che fra 20 anni arriverà a superare il 30%. Tuttavia, 8anziani su 10 non sanno che si può prevenire o anche convivere con il cancro della prostata adottando stili di vita sani. Le cattive abitudini, comprese l’abitudine al fumo e il consumo di alcol,possono infatti essere corrette anche in età avanzata. Il consumo di frutta e verdura in Sicilia è basso: solo l’11,2% adotta una dieta sana, i fumatori anziani sono l’11,2% e uno su 10 è a rischio di eccedere con gli alcolici.

Questa situazione, che si estende in misura più o meno evidente in tutta Italia, ha portato l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) a lanciare il progetto ‘Prostata: sul tumore vince chi gioca d’anticipo’, un vero e proprio “Tour della prevenzione” in ventitré città che permette agli oncologi di parlare esclusivamente agli anziani di lotta alle neoplasie nei centri ricreativi per la terza età.L’iniziativa, realizzata con successo da AIOM, grazie al contributo incondizionato di Janssen, farmaceutica di Johnson & Johnson, è giunta al suo ultimo appuntamento, che si svolgerà domani pomeriggio a Palermo alle ore 17:30 presso il centro CSA Auser in Via Nissa, 1.

“Sapere che il 79% degli anziani non ritenga utile modificare le abitudini scorrette in età avanzata è preoccupante – ha commentato il prof. Antonio Russo, direttore dell’Oncologia Medica all’Azienda Ospedaliero- Universitaria ‘P. Giaccone’ di Palermo e consigliere nazionale AIOM -. È invece ampiamente dimostrata l’azione protettiva e antitumorale della dieta mediterranea e di una regolare attività fisica,in grado di contrastare i principali processi degenerativi legati all’invecchiamento, di prevenire i disturbi cardiovascolari e metabolici e diminuire anche il rischio oncologico.Anche fumo e alcol devono essere evitati, basti pensare che smettere di fumare in età avanzata, e lo confermano recenti studi, riduce il rischio di invalidità e morte fino al 34%”.

Il tour si focalizza soprattutto sui tumori negli over65, primo tra tutti quello della prostata, per spiegare che si può prevenire, ma anche che quando colpisce può essere sconfitto e si può ritornare a una vita normale. Obiettivo dunque è intercettare questa fascia di popolazione per la quale non esistono programmi di informazione adeguati. “Correggerei comportamenti a rischio come l’abitudine al fumo, il consumo di alcol o la sedentarietà porta enormi vantaggi anche in età matura, riducendo la probabilità di sviluppare una neoplasia –aggiunge l’oncologo -. Con l’invecchiamento, il rischio di cancro è 40 volte più alto rispetto alle persone di 20-40 anni e 4 volte rispetto a quelle di 45-65 anni. Nonostante ciò, il 40% dei tumori può essere prevenuto attraverso uno stile di vita salutare. Una dieta sana ha importanti effetti positiviperché, quando si è colpiti dalla malattia, può rallentare la progressione del cancro e aiutare il paziente a rispondere meglio alle terapie. E l’oncologo ha un ruolo chiave nell’informareil paziente non solo sulla patologia e sui trattamenti ai quali sarà sottoposto, ma soprattutto su come gestire il tumore, partendo dalla correzione di quei comportamenti sbagliati come l’abitudine al fumo, il consumo di alcolici, l’alimentazione poco equilibrata e la sedentarietà”.