TUMORI: IN UN ANNO -2.000 DIAGNOSI

Presentato al Ministero della Salute il volume I Numeri del Cancro 2019

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Roma, 24 settembre 2019 –Nel 2019 sono stimate 371mila diagnosi (196.000 uomini e 175.000 donne), erano 373mila nel 2018: 2.000 in meno in 12 mesi. Le cinque più frequenti sono quelle della mammella (53.500 casi nel 2019), colon-retto (49.000), polmone (42.500), prostata (37.000) e vescica (29.700). In calo, in particolare, le neoplasie del colon-retto, dello stomaco, del fegato e della prostata e, solo negli uomini, i carcinomi del polmone. Che continuano, invece, ad aumentare fra le donne (+2,2% annuo), per la preoccupante diffusione dell’abitudine al fumo di sigaretta fra le italiane. In crescita anche il tumore della mammella e, in entrambi i generi, quelli del pancreas, della tiroide e i melanomi (soprattutto al Sud). L’incidenza più alta si registra in Friuli Venezia Giulia (716 casi per 100.000 abitanti), la più bassa in Calabria (559 casi per 100.000 abitanti). Quasi 3 milioni e mezzo di italiani (3.460.025, il 5,3% dell’intera popolazione) vivono dopo la diagnosi di cancro, cifra in costante crescita (erano 2 milioni e 244 mila nel 2006, 2 milioni e 587mila nel 2010, circa 3 milioni nel 2015), grazie ad armi sempre più efficaci e alla maggiore adesione ai programmi di screening. In aumento anche la sopravvivenza: il 63% delle donne e il 54% degli uomini sono vivi a 5 anni dalla diagnosi. Almeno un paziente su quattro, pari a quasi un milione di persone, è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può considerarsi guarito.

è questo il censimento ufficiale, giunto alla nona edizione, che descrive l’universo cancro in tempo reale grazie al lavoro dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), di Fondazione AIOM, PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), PASSI d’Argento e della Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica (SIAPEC-IAP), raccolto nel volume “I numeri del cancro in Italia 2019”, presentato oggi all’Auditorium del Ministero della Salute in un convegno nazionale (disponibile nella versione per operatori e in quella per pazienti e cittadini).

“I dati (calcolati al netto dell’invecchiamento della popolazione: dati standardizzati), relativi ai trend temporali nel periodo 2003-2014, indicano che l’incidenza delle neoplasie è in riduzione in entrambi i generi – afferma Stefania Gori, Presidente Nazionale AIOM e Direttore dipartimento oncologico, IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria-Negrar -. Il tumore della mammella si conferma il più frequente nella popolazione, in crescita soprattutto nelle aree del Centro-Nord per l’estensione dei programmi di screening e della popolazione target (da 50-69 anni a 45-74): quest’ultimo però non costituisce un fenomeno negativo, perché vengono individuati in fase iniziale e con alte probabilità di guarigione molti tumori che, senza lo screening, sarebbero stati scoperti in stadio avanzato”.

“L’incidenza dei tumori maligni conserva differenze geografiche significative: decresce progressivamente dall’Italia del Nord a quella meridionale-insulare – spiega Massimo Rugge, Presidente AIRTUM -. Nel maschio, il tasso di incidenza standardizzato per tutte le neoplasie è più basso al Centro (meno 4%, rispetto al Nord) e ancor più basso al Sud (meno 14%); lo stesso andamento si conferma nel genere femminile (meno 5% nell’Italia centrale e meno 17% nell’Italia del Sud-insulare, rispetto al Nord). È verosimile attribuire tale situazione a fattori che agiscono in senso ‘protettivo’ (abitudini alimentari, vita riproduttiva, minore esposizione a fattori di rischio ambientale). Nel Meridione, tuttavia, la minore adesione agli screening oncologici non ha fatto rilevare quei benefici effetti della diagnosi precoce, che si registrano nel Settentrione. Nell’Italia meridionale-insulare, infatti, non si è osservata quella riduzione di incidenza e mortalità che, nel Nord, è stata documentata per i carcinomi per i quali sono attivi programmi di diagnosi precoce (mammella, colon-retto e cervice uterina)”. “Nel maschio – continua il prof. Rugge – le migliori sopravvivenze si registrano per i tumori del testicolo, della prostata e della tiroide; nelle donne per le neoplasie della tiroide, della mammella e per il melanoma. Nel genere femminile, la sopravvivenza per tutti i tumori è più alta di quella della popolazione maschile: questo vantaggio di genere si mantiene anche nelle singole sedi e può essere associato alla diversa diffusione di screening specifici (mammella e utero) e alla maggior propensione del genere femminile a aderire ai programmi di prevenzione/screening”. La sopravvivenza a 5 anni più alta si registra, per gli uomini, in Valle D’Aosta (61%), Emilia-Romagna e Toscana (56%) e, per le donne, in Emilia-Romagna e Toscana (65%).

Nel 2016 (ultimo anno disponibile), nel nostro Paese, sono stati 179.502 i decessi attribuibili al cancro (100.003 uomini e 79.499 donne). “I trend temporali – continua Stefania Gori – indicano che, nel periodo 2003-2014, anche la mortalità continua a diminuire in maniera significativa in entrambi i sessi, come risultato di più fattori, quali la prevenzione primaria, in particolare la lotta al tabagismo, la diffusione degli screening su base nazionale, i miglioramenti diagnostici, i progressi terapeutici (chirurgici, farmacologici, radioterapici) e l’applicazione sempre più su larga scala di una gestione multidisciplinare dei pazienti oncologici. Proprio la prevenzione primaria, cioè l’adozione di uno stile di vita sano (no al fumo, dieta corretta e attività fisica costante), è la migliore strategia per ridurre sia l’incidenza che la mortalità”.

Uno studio ha stimato i rischi attribuibili di morte per tumore legati allo stile di vita (fumo, alcol, eccesso ponderale, dieta e inattività fisica) specifici per la popolazione italiana, evidenziando un rischio complessivo dal 37,9% al 43,8%, con una percentuale più alta negli uomini (46,7%) che nelle donne (26,8%). “Il volume contiene anche un’analisi degli stili di vita degli ultra 65enni che hanno ricevuto una diagnosi di tumore – sottolinea Maria Masocco, Responsabile dei sistemi di sorveglianza PASSI e PASSI d’Argento, coordinati dall’Istituto Superiore di Sanità -. I risultati sono preoccupanti. Le persone anziane che hanno avuto una diagnosi di tumore mantengono abitudini, quali fumo, abuso di alcol, sedentarietà o scarso consumo di frutta e verdura che rappresentano fattori di rischio per recidive tumorali o aggravanti della patologia stessa. Fra gli ultra 65enni che hanno avuto una diagnosi di tumore resta non trascurabile la quota di persone che si mantengono fumatori abituali (11%). Il 18% fa ancora un consumo di alcol rischioso per la salute (superando il limite indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per gli ultra 65enni di una unità alcolica al giorno) e il 40% dichiara di essere sedentario”. La prima causa di morte oncologica in Italia è costituita dal carcinoma del polmone (33.838 decessi nel 2016), seguito da colon-retto (19.575), mammella (12.760), pancreas (12.049) e fegato (9.702). Il tumore del polmone (nel periodo 2003-2014) si conferma il primo big killer e mostra una tendenza in calo negli uomini (-1,6%) e in aumento nella popolazione femminile (+2,2%). “In particolare nell’ultimo decennio per tutti i big killer oncologici (polmone, colon-retto, mammella), ma non solo, alla diagnosi morfologica vengono associati i profili molecolari – afferma Mauro Truini, Presidente SIAPEC-IAP –. Ciò ha consentito agli Anatomo Patologi di identificare e perfezionare le classificazioni delle singole neoplasie. Un esempio è il cancro della mammella, che è oggi riconosciuto come una malattia eterogenea che comprende almeno 21 (isto)tipi invasivi diversi e che presenta sottotipi molecolari distinti. Sulla base di tali precise diagnosi morfologiche e molecolari, l’oncologo è in grado di adottare e modulare specifiche terapie più adatte per il singolo paziente. Inoltre, la collaborazione tra AIRTUM e SIAPEC-IAP, coniugando i dati di diagnosi istologica tradizionale e di cosiddetta ‘immunofenotipizzazione’ con i dati clinici dei registri tumori, ha permesso di derivare la classificazione molecolare del singolo tumore. Ciò ha consentito di avere un panorama dei tipi di cancro della mammella in Italia e quali sono gli organi bersaglio di metastasi a seconda delle caratteristiche del tumore stesso”.

“Il costante incremento delle persone che vivono dopo la diagnosi (nel 2019 circa 3 milioni e mezzo) richiede un’attenta valutazione dell’impatto sanitario e sociale in termini di programmazione del follow-up e della riabilitazione – conclude Fabrizio Nicolis, Presidente Fondazione AIOM -. I numeri e gli andamenti della patologia neoplastica, riportati in questo volume, possono diventare un riferimento in sanità pubblica per programmazioni future, che dovranno tener conto della necessità di investimenti importanti in termini di prevenzione primaria, per poter ridurre il rischio di ammalarsi di tumore. Il cancro è, infatti, la patologia cronica potenzialmente più prevenibile e, oggi, anche più curabile”.

MELANOMA: PAOLO ASCIERTO AI VERTICI MONDIALI NELLA RICERCA

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Napoli, 19 settembre 2019 – Primo in Italia su 4.000 specialisti, secondo in Europa su 25mila, quarto nel mondo su 65mila esperti. Paolo Ascierto, Direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto “Pascale” di Napoli, è ai vertici internazionali nella cura del melanoma. Lo evidenzia la classifica stilata dal sito americano Expertscape.com in relazione alla produzione scientifica dei clinici nei vari settori della medicina, tenendo in considerazione soprattutto le pubblicazioni dell’ultimo decennio, valutando la qualità della rivista e la posizione come autore nell’articolo. “Sono orgoglioso del risultato raggiunto, che voglio condividere con il gruppo di ricercatori con cui lavoro ogni giorno – afferma il prof. Ascierto -. Guido una squadra molto valida, formata da cinque oncologi medici, quattro dermatologi, cinque biologi, cinque study coordinator, due data management che aiutano nella conduzione delle sperimentazioni cliniche e controllano che siano rispettati gli standard richiesti, e tre infermieri di ricerca. In questi anni abbiamo condotto importanti studi per la messa a punto di terapie sempre più efficaci in grado di contrastare il melanoma, una neoplasia della pelle molto aggressiva in fase metastatica e in forte crescita, con 13.700 nuove diagnosi nel 2018 in Italia. Nell’ultimo decennio, al ‘Pascale’, sono state condotte più di 120 sperimentazioni su questo tumore, per un totale di oltre 3.000 pazienti coinvolti”.

La lotta e la prevenzione del tumore del polmone arriva al Festival del Cinema di Venezia

La prof.ssa Silvia Novello (presidente di WALCE e co-sceneggiatrice della pellicola): “Grazie al grande schermo possiamo veicolare messaggi positivi alla popolazione”

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Venezia, 04 settembre 2019 – Oggi pomeriggio alla Mostra (ore 16) sarà proiettato il cortometraggio intitolato: “Roller Coaster – Montagne russe”. La storia è basata su casi clinici reali e la regia è affidata alla mano esperta di Manuela Jael Procaccia, mentre la sceneggiatura nasce dalla sua collaborazione con la prof.ssa Silvia Novello (Presidente di WALCE – Women Against Lung Cancer in Europe). Il cast è formato da medici veri e da attori professionisti e le protagoniste sono Eliana Miglio e Chiara Iezzi. La pellicola narra la storia di Luisa e Lea: due donne entrambe affette da un tumore del polmone in stadio avanzato. Il loro percorso di cura si snoda in una sfrenata corsa sulle montagne russe, mentre il team di medici discute dei due casi clinici e della terapia in corso. “Il rapido evolversi dei trattamenti e l’iter diagnostico in continua evoluzione fanno sì che anche il processo formativo del personale sanitario, che deve affrontare il cancro, sia spesso complesso e articolato – afferma la prof.ssa Silvia Novello, Presidente di WALCE Onlus -. Quello che offre la cinematografia è un supporto estremamente utile nel coadiuvare chi fa educazione in ambito sanitario. Allo stesso modo la disseminazione di informazioni importanti può essere ben veicolata dal cinema, senza stravolgerne il senso e i contenuti e facendo capire a tutti concetti altrimenti difficili da far penetrare. Il tumore del polmone risulta in diminuzione per gli uomini mentre fra le donne la situazione diventa ogni anno più preoccupante, perché i nuovi casi e i decessi sono in crescita. Quindi le protagoniste della nostra pellicola non potevano che essere due donne”. “Anche i media sono in costante trasformazione ma il cinema rimane un punto fermo nella trasmissione e condivisione di messaggi – aggiunge Manuela Jael Procaccia, sceneggiatrice e regista del cortometraggio -. Il grande schermo ha un potenziale comunicativo molto efficace e diretto. Da figlia di medici, la medicina mi scorre nelle vene. Ho quindi scelto il cinema per raccontare delle storie. E il cinema può parlare di tematiche legate alla medicina e favorire così la prevenzione di gravi patologie”. “Grazie a questo cortometraggio vogliamo far conoscere qualcosa in più su una malattia ancora oggi stigmatizzata socialmente per via della sua stretta correlazione col fumo – conclude la prof.ssa Novello -. Questo impedisce alle persone di provare quel senso di empatia e solidarietà, che spinge chi ne è affetto a sentirsi solo e colpevolizzato per una condizione che, in realtà, non si è cercata. Raccontare la storia di Luisa e Lea all’interno di un evento come la Mostra del Cinema di Venezia è sicuramente un modo per cercare di educare la popolazione, facendo conoscere meglio alcuni aspetti legati alla malattia, che sono per lo più condivisi solo in ambito medico”.

 

 

Prostata: 6 milioni di italiani colpiti, ma troppi ricorrono ai rimedi ‘fai da te’

L’allarme è lanciato oggi dagli specialisti in una conferenza stampa al Senato, organizzata da Fondazione PROin collaborazione con Senior Italia FederAnziani

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Roma, 1 agosto 2019 – Più di 6 milioni di italiani over 50 sono colpiti da ipertrofia prostatica benigna: il 50% degli uomini di età compresa fra 51 e 60 anni, il 70% dei 61-70enni. I sintomi più frequenti sono:  alzarsi più volte durante la notte per urinare, urgenza di vuotare la vescica in modo frequente anche durante il giorno e getto di urina che diventa sempre più debole con una sensazione di mancato svuotamento . Segni che, però, più del 50% degli uomini ignora, declassandoli a semplici fastidi legati all’età, evitando di andare dal medico per curarsi e, spesso, ricorrendo al “fai da te”. Rimedi che possono determinare diagnosi tardive. La malattia non deve essere banalizzata e va trattata sotto il controllo del medico, che dispone di terapie efficaci come l’estratto esanico di Serenoa repens, farmaco che agisce come potente anti infiammatorio e che può migliorare la qualità di vita dei pazienti. L’allarme è emerso ieri dagli specialisti in una conferenza stampa al Senato, organizzata da Fondazione PRO (Prevenzione e Ricerca in Oncologia) in collaborazione con Senior Italia FederAnziani, con l’intervento di Pierpaolo Sileri, Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato.
“L’ipertrofia prostatica benigna è una malattia caratterizzata dall’ingrossamento della ghiandola prostatica che comprime il canale uretrale, causandone una parziale ostruzione e interferendo con la capacità di urinare – afferma il prof. Vincenzo Mirone, Presidente di Fondazione PRO e Direttore della Scuola di Specializzazione in Urologia dell’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’ -. I sintomi determinano un forte impatto sulla qualità di vita delle persone, fino a costringerle a scegliere solo luoghi che abbiano la disponibilità di un bagno nelle vicinanze. Anche la vita familiare ne risente, i continui risvegli notturni influiscono sull’equilibrio della coppia e, nella maggior parte dei casi, sono proprio le compagne o mogli a ‘spronare’ gli uomini a recarsi dal medico per affrontare i sintomi con cure adeguate, che devono essere prescritte dal clinico”. “Nella prima fase della malattia, più del 75% degli uomini non si cura o ricorre al ‘fai da te’, soprattutto a integratori – spiega il prof. Mirone -. Un errore grave. Solo il medico è in grado di trattare l’ipertrofia prostatica benigna che, se trascurata, può progredire fino a causare ritenzione urinaria con l’impossibilità di vuotare la vescica. La vittima di una prostata che cresce è proprio la vescica. Quest’organo è costituito da tessuto muscolare, che può aumentare il proprio volume per vincere la resistenza che la prostata oppone allo svuotamento. Il rischio è di ‘sfiancare’ completamente la vescica e di far soffrire i reni”.
“L’ipertrofia prostatica benigna è la patologia cronica più frequente negli over 50 dopo l’ipertensione arteriosa – sottolinea il dott. Antonio Magi, Segretario Generale SUMAI Assoprof (Sindacato Unico Medicina Ambulatoriale Italiana e Professionalità dell’Area Sanitaria) -. La visita urologica, seguita da una ecografia endocavitaria, rappresenta ancora un tabù a cui gli uomini italiani preferiscono non sottoporsi se non necessaria. Va recuperato il rapporto con il clinico, con lo specialista, facendo capire ai cittadini che la malattia può essere affrontata con successo, se individuata in tempo. Per questo, è importante che tutti gli uomini over 50 si sottopongano a una visita specialistica una volta all’anno. I sintomi sono spesso comuni a quelli causati dal tumore della prostata: soltanto il medico può provvedere ai necessari approfondimenti per arrivare a una diagnosi certa. Preoccupa anche la scarsa aderenza alle terapie. Solo il 22,4% dei pazienti segue le cure in modo corretto. L’adesione più elevata è stata osservata negli uomini tra i 55 e i 64 anni (23,2%), mentre diminuisce fino al 21,9% fra i 45-54enni”.
Le cause principali della malattia sono l’invecchiamento e i cambiamenti ormonali che si verificano nell’età adulta. “I sintomi sono provocati in 3 casi su 4 dalla presenza di un’infiammazione cronica della prostata, che gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella progressione della patologia – continua il prof. Mirone -. Diverse ricerche scientifiche, condotte sia in vitro che in vivo, hanno dimostrato che un farmaco, l’estratto esanico di Serenoa repens, agisce con un effetto anti infiammatorio. Proprio basandosi sui dati di efficacia, l’ente regolatorio europeo (European Medicines Agency, EMA) ha redatto nel 2015 un report indicando l’estratto esanico come l’unico estratto di Serenoa repens supportato da sufficienti evidenze in grado di sostenerne un ampio utilizzo nell’ipertrofia prostatica benigna come farmaco di riconosciuta efficacia e sicurezza”.
Uno studio, condotto nel 2018 su circa 100 pazienti, ha evidenziato, attraverso biopsie eseguite prima e al termine di 6 mesi di terapia, una netta diminuzione dello stato infiammatorio. “Il farmaco è ben tollerato – sottolinea il prof. Mirone – e può essere utilizzato in associazione alle altre terapie disponibili come gli alfa litici e gli inibitori della 5-alfareduttasi che, però, non sono in grado di esercitare alcuna azione anti infiammatoria. Inoltre, recenti acquisizioni hanno evidenziato che l’estratto esanico di Serenoa repens è utile anche nel favorire l’efficacia degli altri trattamenti. Infatti la presenza di uno stato infiammatorio cronico di alto grado limita la risposta terapeutica degli alfa litici e degli inibitori della 5-alfareduttasi”.
L’estratto esanico di Serenoa repens è un farmaco che deve essere prescritto dal medico. Va distinto dagli integratori (ve ne sono più di 200 in commercio) che contengono lo stesso principio attivo, ricavato da una pianta dell’America Sud orientale (Serenoa repens). Nonostante i dosaggi appaiano uguali o sovrapponibili, per ottenere la stessa azione di una capsula del farmaco, possono servire fino a 200 compresse di un integratore. Inoltre, per lo stesso integratore la composizione del principio attivo varia in modo considerevole a seconda del lotto di produzione. Questa disuguaglianza genera una diversità di azione fra due capsule dello stesso integratore fino a 10 volte.
“L’ipertrofia prostatica benigna colpisce una percentuale significativa di over 65, ma troppi ricorrono al ‘fai da te’ – conclude Roberto Messina, Presidente Senior Italia FederAnziani -. È importante sensibilizzare tutti i cittadini, in particolare gli anziani, sulle terapie efficaci a disposizione, invitandoli a rivolgersi subito al medico di fronte ai primi sintomi. La continuità e la fiducia nel rapporto medico-paziente sono essenziali per affrontare una malattia cronica come l’ipertrofia prostatica benigna”.

MALATTIE REUMATOLOGICHE: ANCORA SOTTOSTIMATE E CRESCONO I COSTI

Al convegno al Senato sono presentati anche i risultati della campagna Reumadays 2019

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Roma, 15 luglio 2019 – “Le malattie reumatologiche sono in Italia la prima causa di invalidità temporanea e la seconda di invalidità permanente. Il 27% delle pensioni di invalidità è attribuibile a queste patologie. Un trend, purtroppo, in continua crescita. Entro 20 anni, infatti, raddoppierà il numero di italiani over 65 con criticità muscolo-scheletriche. E risultano già in forte aumento i costi socio-sanitari. Nel 2017, rispetto all’anno precedente, nelle strutture sanitarie pubbliche si è registrato un aumento di spesa per l’acquisto di farmaci per il sistema muscolo-scheletrico di oltre 35%. E i consumi di questi medicinali negli ospedali e USL sono incrementati dell’8%. La spesa farmacologica deve essere considerata alla luce dei risultati che queste terapie possono offrire a patto che vengano iniziate tempestivamente: riduzione della inabilità al lavoro, contenimento della disabilità, miglioramento della qualità di vita e riduzione della mortalità correlata alle malattie reumatologiche. Eppure le malattie reumatologiche sono ancora sottostimate e si registrano poche diagnosi precoci. Dobbiamo sensibilizzare i cittadini e i medici a fare di più. Per questo la Società Italiana di Reumatologia (SIR) intensificherà le campagne educazionali e i progetti specifici già avviati rivolti agli anziani. E ci auguriamo che le Istituzioni siano al nostro fianco in queste nuove iniziative”. E’ l’appello lanciato dal Presidente della SIR, Luigi Sinigaglia al Presidente della Commissione Sanità del Senato Pierpaolo Sileri in occasione di un convegno svoltosi oggi a Palazzo Madama, promosso da SIR in collaborazione con Federanziani Senior Italia. “Sono patologie che non colpiscono solo gli anziani tuttavia sono proprio loro le persone più esposte ai rischi – afferma Sinigaglia -. L’approccio che dobbiamo avere con questa particolare categoria di pazienti deve per forza essere diverso e tener conto di una serie di comorbidità. Tra queste ci sono anche le condizioni tipiche dell’età geriatrica come demenza, depressione, disturbi metabolici, diabete, ipertensione, disturbi cardiovascolari. Tutto ciò rende più difficili i nostri interventi sia diagnostici che terapeutici. E spesso siamo costretti ad intervenire quando è troppo tardi e la malattia ha già determinato danni irreversibili. Favorire il più possibile la prevenzione primaria e secondaria delle malattie reumatologiche è un provvedimento che non può più essere rinviato. Inoltre rappresenta un importante investimento per il futuro dell’intero sistema Paese”. “Anche una corretta educazione sanitaria della popolazione è necessaria per contenere l’impatto sempre maggiore delle patologie reumatologiche – aggiunge il prof. Guido Valesini, Vice Presidente SIR -. Non possono più essere considerate come degli innocui acciacchi della terza età ma come disturbi invalidanti, molto dolorosi e che impediscono i più semplici gesti quotidiani. Malattie come artrite reumatoide, spondilite anchilosante, artrite psoriasica, connettiviti, osteoporosi sono caratterizzate dal fatto di poter determinare un danno irreversibile alle articolazioni alle ossa, ai muscoli e a volte anche agli organi interni. Possono essere anche fatali ma oggi sono disponibili terapie in grado di fermare la progressione della malattia. Tuttavia solo la metà degli italiani sa che esistono queste cure efficaci”. Per questo la SIR insieme a Federanziani Senior Italia ha promosso la campagna Malattie Reumatologiche? No Grazie! dove per la prima volta i reumatologi sono andati in 25 centri anziani di altrettante città per tenere lezioni di salute. “Più di un terzo degli anziani con una patologia cronica è colpito da artrite o artrosi – sottolinea il dott. Roberto Messina, Presidente di Federanziani Senior Italia -. E’ quindi cruciale che gli over 65 siano i principali destinatari di campagne educazionali specifiche. Servono inoltre provvedimenti specifici per garantire ai pazienti di tutte le Regioni le nuove e più efficaci terapie”. “Vogliamo insegnare ai non più giovanissimi la prevenzione e come riconoscere i primi sintomi delle patologie” aggiunge il presidente Sinigaglia.

 

 

TUMORE DEL POLMONE: NASCE LA LUNG AMBITION ALLIANCE CON L’OBIETTIVO DI RADDOPPIARE LA SOPRAVVIVENZA A 5 ANNI

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Un paziente su cinque colpito da cancro al polmone è vivo 5 anni dopo la diagnosi

Milano, 12 luglio, 2019 – L’International Association for the Study of Lung Cancer (IASLC), il Guardant Healt, la Global Lung Cancer Coalition (GLCC) e AstraZeneca hanno annunciato la nascita della Lung Ambition Alliance, una nuova partnership con la coraggiosa ambizione di eliminare il cancro al polmone come causa di morte. Il primo obiettivo dell’Alliance è quello di raddoppiare la sopravvivenza a cinque anni per i pazienti affetti da questo tumore entro il 2025.
Ogni 18 secondi, una persona perde la vita a causa del cancro al polmone e, solamente nel 2018, per questa malattia sono morte approssimativamente 1,8 milioni di persone. 1 Al 40 per cento dei pazienti la malattia viene diagnosticata quando il tumore si è già diffuso oltre i polmoni e la prognosi si è ormai aggravata. 2 Oggi, solo un paziente su cinque colpito da cancro al polmone è vivo 5 anni dopo la diagnosi. 3

Jesme Fox, Segretario della Global Lung Cancer Coalition, ha commentato: “La Lung Ambition Alliance nasce in un momento cruciale per il cancro al polmone. I progressi scientifici hanno permesso di trasformare la diagnosi, il trattamento e la gestione della malattia. Vi sono, tuttavia, ancora barriere che impediscono di migliorare e accelerare la cura. Come attori della comunità impegnata nella lotta al cancro al polmone, abbiamo la responsabilità di unirci con urgenza al fine di sostenere e proporre le migliori soluzioni ai pazienti”.

L’Alliance unisce competenze specifiche e complementari che includono ricerca e formazione (IASLC), diagnostica (Guardant Health), supporto dei pazienti (GLCC), ricerca e sviluppo di nuovi farmaci (AstraZeneca).
Incrementare la percentuale di screening e di diagnosi precoci, mettere a disposizione farmaci innovativi e migliorare la qualità della cura per le persone affette da cancro al polmone sono le tre priorità identificate dai soci fondatori. I progetti iniziali che l’Alliance intende supportare sono:

1. Early Lung Imaging Confederation (ELIC), un nuovo database globale di screening basato sul cloud, pensato per migliorare la diagnosi e la gestione multidisciplinare del tumore al polmone in stadio precoce. Il progetto si basa sulle crescenti evidenze che supportano l’utilizzo dello screening con tomografia computerizzata (TC) per favorire la riduzione della mortalità. 4 Questo insieme di immagini e dati può essere usato per migliorare la costruzione dei modelli di rischio, la diagnosi e gli strumenti diagnostici, proponendosi come nuovo standard globale per la qualità dei dati. In una fase successiva, l’intelligenza artificiale (IA) potrebbe essere applicata per migliorare ulteriormente l’affidabilità degli strumenti attraverso lo screening con tomografia computerizzata. L’Alliance contribuirà alla raccolta dati, già iniziata nella seconda metà del 2018 da IASCL, per questo database e assisterà nella misurazione degli outcome dei pazienti nelle diverse fasi del percorso di cura (inclusa la diagnosi iniziale, il primo trattamento e il follow up).

Giorgio Scagliotti, Presidente IASLC, ha commentato: “Uno screening efficace è fondamentale per identificare e diagnosticare precocemente il cancro al polmone e altre neoplasie toraciche, con benefici in termini di opzioni di cura disponibili e probabilità di sopravvivenza. L’applicazione di approcci di ‘quantitative imaging’ come ELIC può migliorare l’accuratezza e l’efficienza dello screening del tumore al polmone. La nostra piattaforma si propone di diventare un’importante risorsa globale per i ricercatori e per i team di cura che desiderano ampliare la loro conoscenza. La Lung Ambition Alliance fornirà il focus, l’esperienza e le risorse necessarie per accelerare l’espansione del nostro database”.

2. Major Pathologic Response Project, una raccolta di dati provenienti da studi clinici che possono essere utilizzati per la validazione degli endpoint surrogati e per l’individuazione di biomarcatori predittivi, i quali potrebbero consentire una migliore identificazione delle caratteristiche del tumore. Gli obiettivi del progetto sono quelli di accelerare lo sviluppo di una nuova generazione di trattamenti target e di guidare verso un intervento precoce laddove vi sia un maggiore potenziale di cura. 5 L’Alliance aiuterà a raccogliere i dati provenienti da studi promossi da gruppi cooperativi e dall’industria farmaceutica, che possono essere utilizzati con le autorità regolatorie in tutto il mondo nella validazione dei dati clinici più importanti.

AmirAli Talasaz, Presidente e Chief Operating Officer del Guardant Healt, ha commentato: “La medicina di precisione sta migliorando la prognosi per alcuni pazienti affetti da cancro al polmone. Noi crediamo che l’approccio alla medicina di precisione possa essere ancora più efficace quando utilizzato nelle fasi precoci di malattia o immediatamente dopo la recidiva. Il Major Pathologic Response Project aiuterà ad accelerare lo sviluppo di opzioni terapeutiche potenzialmente curative, con l’identificazione di endpoint surrogati che possono essere usati per velocizzare studi clinici e nuovi approcci diagnostici – ad esempio la localizzazione del DNA di cellule tumorali circolanti all’interno dei campioni di sangue – al fine di identificare i pazienti con una prognosi peggiore, permettendo una valutazione della risposta terapeutica e un monitoraggio della recidiva routinari”.

3. Initiatives in Lung Cancer Care (ILC2), un bando il cui lancio è previsto nella seconda metà del 2019, che invita le Associazioni dei Pazienti di tutto il mondo a sviluppare e presentare progetti pilota a livello locale che possano trasformare la cura e incrementare la sopravvivenza. Il bando mira a supportare la comunità di pazienti affetti da cancro al polmone, supportando le migliori pratiche multidisciplinari, informando i pazienti sulle opzioni terapeutiche e fornendo supporto alla qualità della vita degli stessi durante e dopo il trattamento. Un comitato composto dai rappresentanti dei membri della Lung Ambition Alliance valuterà e selezionerà le candidature che hanno soddisfatto i criteri per il finanziamento.

Patrick Connor, Vice President e Global Franchise Head, Tumor Drivers and Resistance Mechanisms di AstraZeneca, ha commentato: “Il cancro del polmone è una malattia estremamente invasiva sulla sfera personale e nel mondo gli approcci di cura possono variare molto. Al fine di raggiungere il nostro obiettivo di sopravvivenza, dobbiamo incoraggiare iniziative che affrontino gli ostacoli a livello nazionale e implementino lo screening e la diagnosi precoce, aiutino lo sviluppo di una medicina innovativa e migliorino la qualità della cura. Attraverso l’unione con attori che dispongono di ampie reti globali e di aree distinte ma complementari, in merito al cancro del polmone, ci troviamo nella posizione migliore per dedicarci ai problemi che affrontano questi pazienti”.

L’Alliance promuoverà un’indagine internazionale, guidata da Ipsos MORI, al fine di identificare le barriere locali che necessitano di attenzione prioritaria. I risultati, attesi per l’autunno del 2019, saranno utilizzati per affinare ulteriormente e determinare le priorità della Lung Ambition Alliance. Per informazioni sull’indagine e per sapere come la comunità possa condividere le proprie opinioni visita il sito LungAmbitionAlliance.org.

Lung Ambition Alliance
La Lung Ambition Alliance è una partnership distintiva di differenti organizzazioni, unite nell’obiettivo di eliminare il cancro del polmone come causa di morte. Lo scopo dell’Alliance è quello di accelerare il progresso e apportare un cambiamento significativo per i pazienti affetti da tumore al polmone amplificando le competenze di ciascun partner e dando priorità a progetti di impatto per il raggiungimento di tale obiettivo. I partners fondatori – la International Association for the Study of Lung Cancer (IASLC), il Guardant Health, la Global Lung Cancer Coalition (GLCC) e AstraZeneca – esploreranno e supereranno le barriere allo screening e alla diagnosi precoce, allo sviluppo di farmaci innovativi e alla qualità della cura, perseguendo una visione ambiziosa riguardo al futuro del cancro al polmone, che inizia con il raddoppiamento della sopravvivenza a 5 anni entro il 2025.

Per ulteriori informazioni, visita www.lungambitionalliance.it

Tumore dell’ovaio: olaparib approvato in Europa per i pazienti con mutazione BRCA

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Milano, 20 giugno 2019 – La Commissione Europea ha approvato olaparib come trattamento di mantenimento in prima linea per le pazienti con tumore ovarico avanzato che presentano una mutazione del gene BRCA. Olaparib ha ricevuto l’approvazione per il trattamento di mantenimento di pazienti adulte con tumore ovarico avanzato (stadio III e IV) epiteliale di grado elevato o con tumore delle tube di Falloppio o primitivo del peritoneo che presentano una mutazione di BRCA1 o BRCA2 (germinale e/o somatica) e che hanno mostrato una risposta completa o parziale dopo chemioterapia standard di prima linea a base di platino. “Attualmente, il 70% delle pazienti con carcinoma ovarico in stadio avanzato va incontro a recidiva entro tre anni – afferma la Prof.ssa Nicoletta Colombo, Direttore del Programma di Ginecologia Oncologica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano -. I risultati dello studio SOLO-1, presentati nel corso del più recente Congresso della European Society for Medical Oncology e pubblicati sulla prestigiosa rivista ‘New England Journal of Medicine’, hanno evidenziato come un trattamento di mantenimento con olaparib riduca la percentuale di recidive nelle pazienti con tumore ovarico BRCA mutato: con questo trattamento mirato il 60% delle pazienti è libera da malattia a tre anni. Alla luce di questi importanti risultati e dell’approvazione europea, il mio auspicio è che l’esecuzione del test BRCA al momento della diagnosi diventi una realtà per tutte le pazienti con carcinoma ovarico affinché possano beneficiare di questa nuova importante arma terapeutica”. L’approvazione della Commissione Europea si basa sui dati dello studio di Fase III SOLO-1 che ha valutato olaparib come monoterapia di mantenimento paragonato a placebo nelle pazienti con carcinoma ovarico avanzato e con mutazione BRCA che avevano già ricevuto una chemioterapia di prima linea a base di platino. I risultati dello studio, presentati a ottobre 2018, hanno mostrato che, a un follow up di 40.7 mesi, la progressione mediana delle pazienti trattate con olaparib non era stata ancora raggiunta, rispetto ai 13,8 mesi registrati per il braccio trattato con placebo (HR 0.30 [95% CI, 0.23-0.41], p<0.001).

Cistite: l’estate è il periodo piu’ critico per una donna su due, solo il 43% si rivolge al medico.

Parte una campagna educazionale della società scientifica sui social specifica per le varie fasce d’età

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Lecce, 23 maggio 2019 –  La metà delle italiane ammette di aver sofferto, almeno una volta nella vita, della patologia. Tuttavia il 31% ignora che si possa prevenirla mentre solo il 61% è consapevole che vi siano cure efficaci in grado di contrastarla. Appena una su tre indica i rapporti sessuali non protetti e l’igiene intima non corretta come cause principali che ne determinano l’insorgenza. E ben il 72% vorrebbe ricevere maggiori informazioni. E’ quanto emerge da un sondaggio, realizzato on line su oltre 2.000 donne nei giorni scorsi, promosso dall’Associazione Italiana di Urologia Ginecologica e del Pavimento Pelvico (AIUG). I risultati sono stati presentati al XXVIII Congresso Nazionale della Società Scientifica, che si apre oggi a Lecce alla presenza di oltre 500 specialisti da tutta Italia. Per aumentare il livello di consapevolezza su un disturbo ampliamente sottovalutato, l’AIUG avvierà nelle prossime settimane una campagna d’informazione sui social media. Gli uro-ginecologi insegneranno alle donne, d’ogni fascia d’età, quali precauzioni prendere per prevenire il disturbo e i rimedi da adottare per evitare complicanze. “La patologia risulta in crescita e presenta numeri importanti – afferma Gian Luca Bracco, Presidente dell’AIUG -. Il 30% delle italiane è stata colpita almeno una volta negli ultimi 12 mesi e in un caso su quattro la malattia si è ripresentata più volte nel corso di un anno. Si tratta di un’infezione della vescica di origine batterica che si manifesta attraverso bruciore vescicale, forte dolore e presenza di sangue nelle urine”. Le istruzioni che gli uro-ginecologi forniranno via web prevedono anche informazioni e consigli sulle principali cure. “Oggi abbiamo a disposizione diverse opzioni di trattamento – aggiunge Mauro Cervigni, Segretario Scientifico dell’AIUG -. La terapia antibiotica risulta essere quella più prescritta dal personale medico soprattutto per la fase acuta della patologia, non priva però di effetti collaterali. Tra questi va segnalato l’antibiotico resistenza che sta diventando una vera e propria emergenza sanitaria a livello mondiale. In forte ascesa risultano gli integratori alimentari contenenti il mannosio quali D-mannosio, kistionx cistiless e altri. L’ultimo a disposizione si chiama Urixana ad alto contenuto di D-mannosio estratto secco di salice e lattobacilli. Queste sostanze naturali hanno dimostrato di poter svolgere una forte attività anti-infettiva e inibire i batteri che sono alla base dell’insorgenza della patologia”. Sempre dal sondaggio nazionale dell’AIUG emerge anche una chiara difficoltà, da parte delle donne, ad affrontare alcuni temi delicati riguardanti la salute. Il 28% delle intervistate ammette di non parlare con nessuno dei propri disturbi intimi e il 13% chiede invece aiuto o consiglio al partner. Appena il 43% si rivolge invece al proprio medico di famiglia o ad un ginecologo. E spesso quindi si adottano rimedi e cure fai-da-te senza ricorrere al parere di un esperto. “Imbarazzo e pudori devono essere superati – sottolinea Cervigni -. La cistite, infatti, mina seriamente la qualità della vita e se non viene affrontata tempestivamente e nel modo corretto può generare problemi di salute che si protraggono per diversi anni. L’estate è il periodo più difficile da affrontare per una paziente, nonché il momento in cui registriamo un incremento dell’incidenza della malattia. L’umidità e il caldo, tipici di questa stagione, aumentano la proliferazione di microrganismi patogeni. Inoltre è più facile la disidratazione che rappresenta un ulteriore fattore di rischio così come l’alimentazione. Solo il 13% delle italiane è però consapevole che una dieta sana ed equilibrata, e ricca di frutta e verdura, può contrastare le infezioni. Daremo quindi consigli anche su cosa e quanto mangiare e bere quando ci troviamo in spiaggia o in piscina”. L’iniziativa dell’AIUG si svolge interamente on line e vuole combattere anche il preoccupante fenomeno delle fake news. “Sei italiane su dieci affermano di cercare proprio sulla Rete informazioni sul benessere intimo – conclude Bracco -. Per questo la nostra Società Scientifica ha deciso di intercettarle proprio in questo “luogo” con attività specifiche sui social media. Il web rappresenta sempre più una fonte di notizie false o non completamente corrette. Ciò è ancora più pericoloso quando bisogna affrontare un tema delicato come l’uro-ginecologia che interessa la sfera intima e sessuale di una persona. Attraverso diverse iniziative vogliamo soprattutto raggiungere, ed educare, le giovanissime che sono le più esposte al rischio di trovare on line informazioni non corrette”.
Numerosi gli altri temi di grande attualità, sia scientifica che sociale, al centro del meeting di Lecce. Gli uro-ginecologi discutono di dolore pelvico cronico, una patologia che sta sempre più emergendo come vera disabilità sociale. Ampio spazio è riservato anche alle novità terapeutiche dell’incontinenza urinaria e fecale. Infine la giornata di sabato viene dedicata al confronto con le associazioni dei pazienti e con le organizzazioni della società civile che si interessano della salute delle donne. L’evento, dal titolo “Salute della donna, stile di vita e medicina di genere”, vuole affrontare tutte le problematiche del pavimento pelvico. Rientra nella campagna nazionale AIUG contro l’incontinenza urinaria Donna=Disagio? Mai più!

 

Tumori: Italia leader nel mondo nella ricerca sull’immuno-oncologia

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Roma, 7 maggio 2019 – L’Italia è leader a livello internazionale nelle ricerche sull’immuno-oncologia, che sta cambiando le prospettive di cura in molti tumori in fase avanzata. Il nostro Paese è fra i primi al mondo nelle sperimentazioni in questo campo, che rientra nell’oncologia di precisione, un approccio che mira a offrire il farmaco “giusto” al paziente “giusto” al momento “giusto”, migliorandone così l’efficacia e la qualità di vita. E Bristol-Myers Squibb, pioniere nello sviluppo di terapie che hanno cambiato la storia dell’oncologia, oggi è in prima linea nella ricerca di farmaci innovativi in grado di modificare le aspettative di vita dei pazienti. L’impegno di Bristol-Myers Squibb in oncologia e le nuove frontiere contro i tumori sono al centro di una conferenza stampa oggi a Roma.  “Negli ultimi 10 anni, l’immuno-oncologia, una vera e propria nuova disciplina che utilizza farmaci immunoterapici che stimolano il sistema immunitario contro il tumore, ha rivoluzionato la lotta contro la malattia – spiega il prof. Michele Maio, Direttore della Cattedra di Oncologia dell’Università di Siena e del Centro di Immuno-Oncologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese -. Dopo i primi due grandi passi in avanti rappresentati dalla chemioterapia e dalle terapie mirate, stiamo assistendo a una vera e propria svolta nel trattamento dei tumori grazie alla progressiva estensione dell’efficacia di quest’arma. L’immuno-oncologia rappresenta oggi lo standard di cura in diverse neoplasie in stadio metastatico: dal melanoma, al tumore del polmone non a piccole cellule, al linfoma di Hodgkin, al carcinoma a cellule renali fino a quelli della testa e del collo e al tumore di Merkel. E sono in corso studi sulle neoplasie gastrointestinali, della vescica, del fegato, del seno, dell’esofago, e in molte altre”. In Italia vivono quasi tre milioni e 400 mila persone dopo la diagnosi di tumore e circa due milioni si sono lasciati la malattia alle spalle da più di 5 anni.
“Nel melanoma metastatico, il 20% dei pazienti trattati con ipilimumab, la prima molecola immuno-oncologica, è vivo a 10 anni dalla diagnosi – sottolinea il prof. Paolo Ascierto, Direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Nazionale Tumori Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli -. In seguito è stato introdotto nivolumab, che ha migliorato i risultati. E un ulteriore passo in avanti è stato compiuto con la combinazione delle due molecole in prima linea nel melanoma metastatico: il 53% dei pazienti colpiti da questo tumore della pelle è vivo a 4 anni. Un beneficio che molto probabilmente si manterrà a lungo termine grazie all’effetto ‘memoria’ caratteristico dell’immuno-oncologia. Quest’arma garantisce anche una buona qualità di vita. La sfida immediata è aumentare l’efficacia dei farmaci a disposizione per superare la resistenza alle terapie immuno-oncologiche, che impedisce a circa il 50% dei pazienti di beneficiarne”.  “Nel 2013, la prestigiosa rivista americana Science collocò l’immuno-oncologia al primo posto della ‘top ten’ delle più importanti scoperte scientifiche dell’anno – afferma Emma Charles, General Manager Bristol-Myers Squibb Italia -. Allora sembrava una scommessa, oggi l’immuno-oncologia è una realtà consolidata nel trattamento dei tumori e molte conquiste sono considerate ormai acquisite. Il Premio Nobel per la Medicina assegnato, nel 2018, a James Allison e a Tasuku Honjo per i loro studi su quest’arma ha testimoniato la portata della rivoluzione in corso. Bristol-Myers Squibb, per prima, ha creduto in questo approccio investendo tempo e risorse. Abbiamo introdotto la prima molecola immuno-oncologica, ipilimumab, nel melanoma nel 2013 in Italia e, oggi, nivolumab in monoterapia o in combinazione con ipilimumab è utilizzato in numerose indicazioni comportando un beneficio significativo in sopravvivenza per i pazienti. Oggi continuiamo a essere pionieri negli studi sulle nuove combinazioni di terapie e nella medicina di precisione, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti colpiti da gravi malattie. In Italia sono in corso oltre 80 sperimentazioni su 16 molecole sviluppate dall’azienda in oncologia. Investiamo il 25% dei ricavi in ricerca, proprio per sviluppare terapie sempre più efficaci. Attraverso lo sviluppo sinergico di diagnostica e nuove terapie oncologiche, BMS vuole infine realizzare la promessa della medicina di precisione – individuare il trattamento giusto, per il paziente giusto, al momento giusto”.  “Servono studi sui meccanismi di resistenza e la chiave per scoprirli si trova nel microambiente tumorale, cioè nell’ambiente in cui le cellule malate vivono – afferma il prof. Ascierto -. Il microambiente caldo (infiammatorio) risponde alle terapie immuno-oncologiche perché contiene cellule del sistema immunitario, quello freddo invece sviluppa resistenza perché è privo di infiltrato linfocitario. Le strategie immediate della ricerca mirano proprio a introdurre linfociti nel microambiente freddo perché aggrediscano il tumore. Come? Innanzitutto rendendo più efficaci le armi a disposizione attraverso la combinazione di terapie immuno-oncologiche. Vi sono poi farmaci locoregionali che vengono ‘iniettati’ nel tumore per renderlo ‘caldo’: l’idea alla base del loro funzionamento è che, in questo modo, possa essere modificato il microambiente tumorale. Va anche studiata la giusta sequenza di terapie, obiettivo dello studio Secombit coordinato dal ‘Pascale’ di Napoli: ha coinvolto 244 persone da 22 centri (11 italiani e 11 del resto d’Europa) e si concluderà nel giugno 2021. Il trial sperimenta tre opzioni per individuare la sequenza migliore”.  “La ricerca di laboratorio è cruciale per comprendere le nuove frontiere della lotta alla malattia – sottolinea il prof. Maio -. Oltre alle stesse cellule tumorali ed al microambiente in cui esse vivono, anche la funzionalità del sistema immunitario e del microbiota intestinale (cioè la flora intestinale, l’insieme di organismi, in particolare batteri, che popolano l’intestino) svolgono un ruolo fondamentale nel regolare la risposta immunitaria e, quindi, nel determinare l’efficacia delle terapie immuno-oncologiche. Dobbiamo imparare a conoscere e, quindi, ad aggirare gli ostacoli che ciascuna di queste componenti può opporre all’attività del sistema immunitario. Interessanti sperimentazioni mirano proprio a comprendere in che modo alcuni tipi di flora intestinale favoriscano una migliore risposta a questi trattamenti. Grazie al patto virtuoso siglato fra Università, clinici, industria, pazienti e agenzia regolatoria, l’Italia è in prima linea nella ricerca sulle molecole innovative. Non va però dimenticato il peso decisivo della ricerca indipendente: nel Centro di Siena, ad esempio, grazie a studi condotti dalla Fondazione NIBIT, abbiamo, primi al mondo, iniziato a dimostrare l’efficacia dell’immunoterapia nel mesotelioma pleurico e che farmaci epigenetici possono migliorare l’efficacia del trattamento immunoterapico nel melanoma rendendo il tumore maggiormente ‘visibile’ e riconoscibile da parte del sistema immunitario”.  “Oggi il termine ‘sperimentazione’ non provoca più timore – afferma Monica Forchetta, presidente APaIM (Associazione Pazienti Italia Melanoma) -. Le Associazioni però devono sensibilizzare i pazienti oncologici sull’importanza della ricerca clinica, per far capire loro che, proprio entrando in una sperimentazione, è possibile accedere a terapie innovative anni prima della loro commercializzazione. La ricerca offre grandi opportunità ai pazienti, inoltre in questo modo è possibile aiutare gli altri malati”. “Nessuna azienda ha maggiore esperienza nell’immuno-oncologia di BMS. Con più di 250.000 pazienti trattati con le nostre immunoterapie, BMS ha cambiato le aspettative di sopravvivenza al cancro – conclude Cosimo Paga, Executive Country Medical Director, Bristol-Myers Squibb Italia -. Nivolumab ha ricevuto circa 300 approvazioni a livello globale, con 15 pubblicazioni sulla prestigiosa rivista scientifica ‘New England Journal of Medicine’, e otto studi di fase III sulla molecola sono stati interrotti in anticipo perché hanno raggiunto il beneficio di sopravvivenza. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una importante accelerazione nelle scoperte scientifiche, raggiungendo numerosi traguardi con l’immunoterapia, ma c’è ancora tanto da fare e stiamo lavorando per migliorarne ulteriormente l’efficacia. Innanzitutto dobbiamo estendere l’efficacia dell’immuno-oncologia in tumori dove gli attuali farmaci non sono indicati. Dobbiamo inoltre studiare i meccanismi di resistenza dell’immuno-oncologia e per questo abbiamo da poco inaugurato il centro di ricerca traslazionale negli Stati Uniti (Cambridge, Massachusetts), per accelerare la capacità di identificare soluzioni di medicina di precisione per ogni paziente, integrando discipline che comprendono genomica, imaging, bioinformatica. Il programma di medicina traslazionale di BMS definisce le interazioni complesse e uniche tra il tumore, il microambiente tumorale (TME), il sistema immunitario e il paziente nella sua individualità, analizzando le caratteristiche cliniche e i biomarcatori per stabilire quali pazienti più probabilmente possano beneficiare di terapie specifiche. Infine, la nostra capacità di innovazione deriva anche dalla continua e proficua collaborazione con il mondo accademico. In questo senso, vanno ricordati il progetto GECI, che sigla la partnership fra Bristol-Myers Squibb e circa 30 strutture di ricerca internazionali (in Europa, Giappone, Australia e Canada), e gli ‘R&D Days’, appuntamento annuale che riunisce i più importanti scienziati da tutto il mondo per fare il punto sulle ultime strategie nella lotta al cancro”.

ASST del Garda per la prevenzione cardiovascolare femminile

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In Lombardia colpisce circa 20.000 donne l’anno

Brescia, 12 aprile 2019 – Torna l’appuntamento “l’Open Week” promosso da Onda-Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere al quale ASST Garda aderisce offrendo a tutte le donne la rilevazione di alcuni parametri ed un consulto medico. L’obiettivo è la promozione della salute femminile con focus di promuovere la prevenzione e la cura delle patologie cardiache. A Desenzano, Gavardo e Manerbio le donne potranno effettuare gratuitamente, senza prenotazione, la misurazione di peso, indice di massa corporea (BMI), pressione arteriosa, colesterolo ed effettuare un colloquio con medici e personale sanitario per la compilazione della Carta del Rischio approvata dal Ministero della Salute.

Il calendario delle iniziative prevede:

martedì 16 aprile dalle 9.00 alle 12.00 presso Palazzo Todeschini durante il mercato settimanale di Desenzano

mercoledì 17 aprile dalle 9.00 alle 12.00 presso l’ingresso del Presidio Ospedaliero di Gavardo

giovedì 18 aprile, dalle 9.00 alle 12.00 presso l’ingresso del Presidio Ospedaliero di Manerbio